di Giorgio Valdès Nicola Porcu, sommozzatore professionista, ma “soprattutto” socio Nurnet, osservava nel suo libro “Hic Nu Ra – racconto di un’altra Sardegna” come un tempo la nostra isola manifestasse la straordinaria caratteristica d’essere totalmente “presidiata”, e a tal proposito aveva potuto constatare, in quarant’anni di ricerche subacquee, che qualsiasi insenatura, qualsiasi riparo, qualsiasi spiaggia, risultava controllata da nuraghi, spesso imponenti. Queste costruzioni non erano presenti solo lungo il perimetro costiero della Sardegna, ma anche nelle isole vicine, come quelle di S.Pietro e di S.Antioco e addirittura su isolotti poco più grandi di uno scoglio come quello di “Maldiventre” (Malu Entu) al largo del litorale di Cabras, e quelli dei “Cavoli” e di “Serpentara”, prospicienti la costa di Villasimius. Tale sistema di presidi, favorito dalla rete di allineamenti nuragici di cui si è accennato in alcuni articoli precedenti, consentiva un monitoraggio continuo della costa, per cui una nave salpata ad esempio da “Porto Pirastu” (Capo Ferrato- Muravera) per dirigersi a “Jenn’e Mari”, sulla costa orientale del Golfo di Cagliari, poteva tenersi costantemente sotto controllo nel corso dell’intera navigazione. Questa straordinaria organizzazione lascia ipotizzare l’esistenza di un sistema di pianificazione articolato e capillare del territorio, che comprendeva porti, approdi, nuraghi costieri, nuraghi non costieri (ma in correlazione visiva con il litorale e con l’interno), comunicazioni viarie e fluviali, e quant’altro può considerarsi manifestazione di una cultura e di una civiltà avanzatissime e non paragonabili con quelle espresse dalla maggior parte dei territori che a quei tempi si affacciavano sul Mediterraneo. Per altro verso, alcuni toponimi di porti nuragici, confermano la vocazione che questo popolo aveva per la navigazione: “Nurajanna” e “S’Enna e S’Arca”, ad esempio, possono tradursi rispettivamente come “Nuraghe Porta” e “La Porta della Barca”; mentre il già citato “Jenn’e Mari” significa “Porta del mare”, dove la parola “porta”, compresa in tutti e tre i termini sopraindicati, va ovviamente interpretata come “porto” (luogo d’accesso alla terra dal mare o viceversa). E’ altrettanto evidente che l’innalzamento progressivo delle acque ha quindi sommerso non solo le antiche strutture portuali, ma anche i nuraghi più prossimi alla costa, mentre la continua azione demolitrice del moto ondoso ha fatto il resto. Tuttavia un occhio esperto riesce a volte a individuare, sotto pochi metri d’acqua, le affascinanti testimonianze di quel lontano passato, come può evincersi dalle immagini subacquee scattate da Nicola Porcu.