IL CASO DEI “BENI NURAGICI” IN SARDEGNA IL CONTRIBUTO DEL POPOLO REGIONALE ALLA SPECIALITÀ.

di Antonello Gregorini

Prendo spunto dagli studi della docente di Diritto Costituzionale dell’Ateneo Cagliaritano Ilenia Ruggiu, pubblicati su “Autonomie Speciali e regionalismo italiano, Franco Angeli Editore, maggio 2023.

Alle varie categorie emerse in un convegno sul tema, del marzo 2023, definibili come regionalismo strutturato”, mancato, darwinista, individualista, schiacciato, sistematico, europeista, meritocratico, la Ruggiu aggiunge il caso di studio, di recente occorso in Sardegna, in cui il “popolo regionale” (sottolineo questa dizione, perché neologismo giuridico di valore NdR) sardo assume un ruolo di supplenza almeno parziale dei partiti, nella elaborazione di politiche regionali e come raccordo fra società e istituzioni.

La protezione del patrimonio culturale legato all’identità regionale è uno di quegli elementi ai quali il processo costituente non ha offerto particolare attenzione. Il caso di studio trattato dalla accademica cagliaritana è quello sui “beni nuragici”, ma “sarebbe, mutatis mutandis, applicabile anche ad altre regioni.”

Esistono dei potenziali contenuti che le Regioni speciali non hanno applicato. Uno di questi è la protezione del patrimonio culturale legato alla identità regionale. Il caso della Sardegna è emblematico. Per essa le ragioni della specialità furono individuate prevalentemente nell’insularità e l’arretratezza economica, caratterizzata dal Piano di Rinascita richiamato anche nello Statuto Sardo, nel quale, peraltro, mancano i richiami della lingua sarda e dei beni culturali identitari.

Infatti, in Sardegna la consapevolezza del valore del proprio patrimonio culturale identitario è mancata, così, di conseguenza le azioni volte alla valorizzazione nell’ambito della specialità.

Negli anni Novanta questo atteggiamento cambia con le attenzioni, le leggi, le azioni a favore della tutela della lingua sarda che vede il suo apice nella legge reg. 3 luglio 2018, n. 22, Disciplina della politica  linguistica regionale, con la quale «l’identità linguistica del popolo sardo» è dichiarata «bene primario» e la sua affermazione viene vista come «il presupposto di ogni progresso personale e sociale» (art. 1).

Nel mentre il patrimonio archeologico nuragico e prenuragico continuava ad essere trascurato. Tuttavia, contrariamente alle attese, entra in scena la società civile/popolo regionale come soggetto animatore, facilitatore e supporter di riconoscimento di questa unicità, del suo valore identitario e, finanche, economico.

La Ruggiu, nel suo articolo, snocciola i numeri che quantificano le dimensione dell’enorme patrimonio archeologico nuragico e prenuragico.

Da qui in poi riporto direttamente lo scritto della professoressa Ruggiu, anche per non sembrare auto-referenziale.

Fu la Giunta Soru a collegare “le complessive politiche della specialità in chiave identitaria. Tuttavia, dopo questo abbrivio, la situazione è tornata inerte. … Questa situazione di disinteresse da parte delle istituzioni regionali ha iniziato a mutare nella decade del 2010 soprattutto come conseguenza di un movimento dal basso che ha riletto tali beni in chiave identitaria, ne ha enfatizzato l’unicità e ha attivato iniziative concrete volte alla loro valorizzazione.

Il soggetto a cui in Sardegna viene riconosciuto il merito maggiore di quello che può definirsi un vero e proprio revival del nuragico è Nurnet-La rete dei Nuraghi. Si tratta di una fondazione di partecipazione (ora Associazione di Promozione Sociale APS NdR), costituita nel settembre del 2013, che si prefigge come scopo prevalente la promozione della cultura del periodo in cui sull’isola si svilupparono le civiltà pre-nuragica e nuragica.

Nurnet ha inverato il principio di sussidiarietà orizzontale ponendo in essere una serie di azioni: ha creato un geoportale in cui ha schedato oltre 4000 “beni nuragici” e prenuragici; ha creato un’app (nurnetmap) collegata al geoportale rendendo possibile la localizzazione e indicando l’esatta collocazione di tutti i numerosi siti ad oggi non segnalati; … L’attivismo di Nurnet ha generato un movimento tra la popolazione sarda che, anche per il fatto di avere finalmente uno strumento con cui rinvenire i nuraghi e gli altri monumenti, ha iniziato ad esplorare il territorio sardo.

Nurnet è entrata spesso in polemica con le istituzioni regionali accusate di inerzia e di mancanza di consapevolezza del ricco patrimonio identitario rappresentato dai nuraghi. In particolare, per fornire al lettore qualche coordinata del dibattito che ha attraversato quotidiani e convegni sardi, Nurnet ha evidenziato quanto segue: che ci sia stato un oblio, sottovalutazione e, in certi casi, oscuramento voluto della specificità della civiltà nuragica e del suo contributo alla complessiva civiltà europea; che l’affidamento della tutela dei nuraghi alla Sovrintendenza nazionale ne oscuri la specificità in quanto i nuraghi concorrono con altri beni archeologici (es. chiese romaniche, castelli medioevali) che, peraltro, risultano meglio segnalati e protetti pur non essendo unici e caratterizzanti la Sardegna; che il disinteresse verso i nuraghi e la civiltà che ruota intorno ad essi risente di complessi di vergogna e di processi di silenziamento dell’identità sarda.

Il movimento popolare che è nato intorno a Nurnet e poi ha assunto caratteristiche indipendenti, ha avuto una risonanza che è arrivata in alcuni circuiti politici, spingendo alla presentazione di una candidatura UNESCO del patrimonio nuragico sardo. Tale candidatura ha marcato il climax del revival nuragico partito dal basso e ha determinato il suo ingresso nel dibattito politico sui contenuti della specialità.”

Di seguito, nell’articolo, viene descritta l’evoluzione del movimento con le iniziative volte alla nomina UNESCO dei due patrimoni distinti, preistorico e nuragico.

Poi, riprende l’articolo:

“Quello sommariamente riportato è un esempio proattivo di come il contributo del popolo regionale possa contribuire a migliorare il regionalismo. Nel giro di un decennio, infatti, un movimento popolare ha gettato le basi di quella che potremmo definire una “politica archeologica” regionale che la Regione potrebbe capitalizzare, facendone un nuovo volano della specialità.

Una “politica archeologica” sarda si rivela importante per una serie di motivi.

Il primo: al pari della politica linguistica ora regionalizzata, consentirebbe di valorizzare uno degli elementi per cui la Sardegna è unica: la presenza della civiltà nuragica e la ricchezza, sia qualitativa che quantitativa, dei suoi 10.000 monumenti preistorici.

Secondo: soltanto una politica archeologica speciale sarebbe in grado di valorizzare quell’elemento identitario che è associato ai beni nuragici e che, inevitabilmente sfugge al legislatore o amministratore nazionale. In questo caso, una politica archeologica regionale darebbe nuova linfa alle ragioni della specialità oggi controverse e criticate da altre regioni.

Un terzo motivo a favore della regionalizzazione risiede nel concetto di politiche integrate: anziché tutelare i singoli monumenti singolarmente considerati, una politica archeologica regionale potrebbe coglierne l’aspetto d’insieme e integrarsi con altre politiche precipuamente regionali quali il turismo, favorendo lo sviluppo economico dell’isola. Inoltre, la Regione è un soggetto qualificato nella richiesta di fondi, quali quelli europei, in grado di proteggere un patrimonio così vasto.

Quarto: essendo, come il movimento popolare ha mostrato, particolarmente sentita come elemento identitario, una politica archeologica regionale, consentirebbe una cura maggiore di tali beni assicurandone la protezione e valorizzazione non soltanto a beneficio del popolo sardo, ma di tutti i cittadini italiani e stranieri. Si tratta, infatti, di uno di quei casi in cui la regionalizzazione consentirebbe un focus mirato, che, collegato ad altre politiche, potrebbe produrre risultati più efficienti rispetto ad una gestione classica affidata alla Sovrintendenza nazionale.

Quali sono i passaggi giuridici da effettuare per realizzare una politica archeologica regionale?

A mio avviso, per poterla attivare con pienezza, prevenendo anche futuri ricorsi statali, sarebbe importante una revisione dello Statuto, con un suo adattamento alle nuove ragioni della specialità che emergono nelle società post-industriali e post-moderne e inserendo appositamente la voce “beni nuragici” ed eventualmente anche quelli pre-nuragici tra le competenze esclusive regionali. Attualmente, infatti, il testo dello Statuto attribuisce la materia «antichità e belle arti» (art. 5, lett. c) alla potestà integrativa-attuativa regionale, che non consente ampi spazi di intervento, anche se, come è noto, la regione potrebbe ricavarsi un ruolo più consistente tramite la potestà concorrente in «valorizzazione dei beni culturali» (art. 117, 3° co., Cost.).

Considerate le difficoltà di una riforma statutaria, un’altra strada percorribile potrebbe essere quella di una norma di attuazione che trasferisca i “beni nuragici” ed eventualmente anche quelli pre-nuragici alla regione Sardegna. Così come accaduto per la lingua sarda con una norma di attuazione del 2016 che ha consentito la partenza di una serie di progetti nelle scuole per la sua promozione, una norma di attuazione sui “beni nuragici” e pre-nuragici consentirebbe un ingresso della regione nella gestione, ingresso che si rivela necessario per una valorizzazione d’insieme e coordinata del patrimonio delle civiltà sarde preistoriche.

Un percorso alternativo potrebbe, infine, essere il meccanismo del regionalismo differenziale previsto all’art. 116, che, implicando una attività di negoziazione dettagliata con lo Stato consentirebbe anche di ritagliare una politica alle esigenze statali di tutela.”

L’articolo della professoressa Ruggiu apre una prospettiva di particolare importanza per l’intera Sardegna: il riconoscimento in Legge della propria specificità culturale e della propria Storia e Archeologia.

L’impegno che Nurnet ha profuso nell’ultimo decennio è forse una prova di quanto constatò l’antropologa Margaret Mead sui cambiamenti sociali: “Non dubitare mai che un piccolo gruppo di persone impegnate e visionarie possa cambiare le cose. In effetti, è l’unica cosa che è sempre accaduta nella storia’”

Nurnet è disposta a raccogliere il testimone, insieme a chiunque voglia volontariamente impegnarsi, per portare e promuovere l’istanza dal basso, raccogliere firme e scrivere una proposta di legge, con il supporto dei giuristi competenti, e delle parti politiche e istituzionali che volessero farsene carico.

 

Antonello Gregorini