di Giorgio Valdès
Cosa si può dire sulla funzione dei nuraghi? Erano tra loro allineati lungo direttrici composte da non meno di tre nuraghi e formavano una rete continua che lascia intuire un concetto di pianificazione territoriale. La struttura dei monotorre sembra escludere l’utilizzo come fortezza, trattandosi in realtà di una trappola per topi. Tuttavia la tholos potrebbe assimilarsi al ventre materno e quindi alla rappresentazione aniconica della dea madre (Baglivi: "Il Sacro nell’età nuragica). Sono normalmente eretti presso una vena d’acqua o presentano un pozzo al loro interno o nelle immediate vicinanze ed è quindi possibile che in essi si svolgessero i riti ordalici e/o connessi alla rigenerazione della vita (acqua primigenia). I reciproci rapporti tra Sardegna ed Egitto danno credito all’ipotesi (una delle tante) che lo stesso nome “nuraghe” possa derivare dai termini gerogligici nu (o nut), ra e geb, divinità connesse rispettivamente all’acqua (o al cielo), al sole e alla terra; per cui il nuraghe potrebbe essere interpretato come il luogo in cui il raggio solare, dopo aver traversato la terra intercettava l’acqua, prima fonte di vita (concetto di rinascita). In tal senso il suo ruolo sarebbe profondamente legato alla sfera del sacro. Il loro orientamento e posizionamento reciproco sul territorio consentono d’immaginare interessanti riferimenti astrali (Mauro Peppino Zedda: “Archeologia del Paesaggio Nuragico”). Spesso sono presenti diversi nuraghi posti a breve distanza l’uno dall’altro, circostanza che lascia supporre che non solo ogni singola tribù/comunità avesse il suo monumento, ma che forse ogni clan familiare ne costruisse uno. I nuraghi complessi sono successivi, ma se si trattava effettivamente di edifici sacri, tale evoluzione presenterebbe analogie con ciò che è successo nel cristianesimo, dove chiese, basiliche e cattedrali sempre più maestose hanno sostituito nel tempo le essenziali strutture di culto originarie. Può anche darsi che questo prosperare di nuraghi sempre più vasti e articolati sia stato conseguente al maturare di una percezione della Sardegna come l’”Isola Sacra” posta nel “Bell’Occidente”, ultima dimora delle anime dei defunti (alcune leggende come quella dell’Amenti, dei Campi di Hanw e della ninfa Europa lo lasciano supporre). Potrebbe anche darsi che la rifasciatura muraria e l’incremento del numero delle torri fossero conseguenti a una riconversione (parziale o totale) del nuraghe, da santuario a fortezza. Ma non tutte le cinte murarie sono sufficientemente alte da giustificare un utilizzo in tal senso, perché facilmente scavalcabili. Moltissimi nuraghi sono edificati in posizioni strategiche, in prossimità delle coste, delle foci dei fiumi e lungo il loro corso e sono peraltro tra loro collegati visivamente. E’ allora ragionevole credere che fungessero da vedetta e presidio degli attracchi e delle vie d’acqua lungo le quali si svolgevano prevalentemente i traffici commerciali. Ma che senso avrebbe allora avuto l’edificazione di una struttura così complessa quando sarebbe stato sufficiente un semplice torrino d’avvistamento? Tutte queste considerazioni portano alla conclusione che i nuraghi svolgevano probabilmente più funzioni, ma i dubbi comunque rimangono e chissà quando mai si scioglierà questo mistero.
Nell’immagine: il Nuraghe Losa di Abbasanta