IL PORTO DI INOSIM – CARLOFORTE. NURAGICO O FENICIO?

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Mi domando, ingenuamente e da profano, perché in un’isola dove esistono Domus de Janas, Nuraghi e rinvenimenti pre fenici il porto debba essere assegnato alla civiltà fenicia e non a quella nuragica – sarda. a.g. La seguente nota è scaricata da http://carloforte-storia-e-archeologia.webnode.it/antiche-civiltà-dell%27isola-di-san-pietro/

^^^^^^^ Il Tagliafico, nella relazione sull’isola di San Pietro a riguardo dello stagno delle saline, così scrive: Lo stagno è due miglia di longhezza et mezzo circa di larghezza, si osserverà che dalla parte di levante ha comunicazione col mare per via d’una piccol bocca et dalla parte di tramontana resta lontano dalle spiagge marittime non più di trenta passi di sorta che con facilità si puol rendere detto stagno ò lago che comunichi col mare per due parti et con tal mezzo formare facilmente una Salina stante che attesa la sua situazione venendo il levante dalla parte di fuori vi getta l’acqua dentro il che anche ne fà la tramontana dal canto suo. Se è pressoché accertato che il porto dell’antica Inosim fosse ubicato nelle attuali saline a ridosso di San Vittorio, questo stralcio del Tagliafico ci permette di ipotizzare che l’ingresso del porto era posto probabilmente nella zona in cui sorge attualmente lo Yachting Club (cala detta degli angari), oggi separata dalle saline da un lembo di terra con strada asfaltata. I Fenici entravano nel porto che si trovava quindi a ridosso di San Vittorio, ai piedi della zona sacra di cui parleremo in seguito.

Nuraghe Sega Marteddu di P.L. Montalbano 

Il Sulcis-Iglesiente è la regione della Sardegna in cui troviamo la maggior concentrazione di insediamenti fenici. La ragione è la ricchezza mineraria della zona, soprattutto per quanto riguarda l’argento, metallo di riferimento per i popoli del Vicino Oriente: 7.2 grammi di argento erano l’unità di misura della moneta orientale. I sardi, proprietari delle miniere d’argento, scambiavano questo metallo con il rame estratto solo in otto miniere e quindi non sufficiente al fabbisogno dell’Isola. Solo Funtana Raminosa forniva una buona quantità di rame, le altre miniere ne erano povere. I Fenici avevano dunque bisogno di porti per sostare con le navi e di luoghi che offrissero anche la possibilità di giungere nelle zone interne. Da Guspini, a nord, fino all’attuale Carbonia, si trovano miniere di piombo argentifero e di galena argentifera. I Greci affermavano, infatti, che la Sardegna era l’isola dalle vene d’argento. Sono state, infatti, censite 399 miniere di questo metallo. Sebbene il porto di Inosim non avesse la stessa importanza di quello di Sulki, l’argento veniva semilavorato nell’isola di San Pietro e poi imbarcato sulle navi dirette nel Vicino Oriente. La stessa cosa succedeva negli altri insediamenti del sulcis-iglesiente: Monte Sirai, Sant’Antioco, Pani-Loriga, Santadi e Bithia. La presenza del porto spiega perfettamente i motivi che spinsero quindi i Fenici a dar vita, nell’isola di San Pietro, ad una vera e propria colonia dedita al commercio. La conferma dell’insediamento proviene, come già detto, dal ritrovamento a Cagliari, nella costa di Stampace, vicino a Bonaria, di una monumentale iscrizione che ci parla di un Dio Baal dei cieli, signore di Inosim, ossia di Carloforte. Piero Bartoloni, dell’Università di Sassari, sostiene che si tratta forse di una pietra utilizzata come zavorra, scaricata nella spiaggia quando la nave è salpata. Le indagini archeologiche hanno permesso di individuare l’antico insediamento intorno alla torre San Vittorio, dove sorge attualmente l’osservatorio astronomico. Il sito è segnalato dalla presenza di anfore fenicie della prima parte dell’VIII secolo a.C. e il porto si trovava nella zona delle attuali saline. La grande insenatura che si vede a occidente dell’isolotto di San Vittorio era l’invaso portuario. Inoltre la colonia di Inosim sarebbe l’erede naturale di quella stabilitasi a Portoscuso, luogo in cui Paolo Bernardini ha individuato la più antica necropoli fenicia della Sardegna databile al 750 a.C. Carloforte, sostiene infatti Paolo Bartoloni, si trova a nord di quell’antico insediamento ed è l’erede naturale di quell’insediamento .