Il Santuario di Nurdole

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di Giorgio Valdès

In un breve post pubblicato in un precedente articolo, si era accennato al ritrovamento di un monile di fattura egizia (scarabeo) all’interno della fonte sacra del Nurdole, complesso nuragico sito al confine dei territori di Nuoro e di Orani. http://www.nurnet.it/it/830/lo_scarabeo_del_nurdole.html Di questo “santuario”, che fu un’importantissima meta di pellegrinaggi, ha scritto Maria Ausilia Fadda in un interessante servizio apparso nell’edizione settembre/ottobre 2014 di “Archeologia Viva”, in cui l’archeologa fornisce una sua interpretazione sulla funzione ed uso del nuraghe e della fonte nel corso dei secoli.

Del servizio, particolarmente dettagliato, riportiamo in questo post i brani che abbiamo ritenuto più significativi, ripromettendoci di pubblicare in seguito, e in estratto, la parte dell’articolo che tratta dei ritrovamenti.

“Una nota di chi scrive, pubblicata negli Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei (serie IX vol. XXIII, 2013) con un’appendice epigrafica del semitista Giovanni Garbini, ha riportato all’attenzione del mondo scientifico il complesso nuragico si Nurdole, esplorato a partire dal 1987dopo ripetuti saccheggi.

Gli scavi clandestini di Nurdole – con cui sono state messe le mani su un deposito archeologico ricchissimo e fondamentale per la storia della Sardegna (tanti pezzi sono confluiti in collezioni private straniere) – riempirono all’epoca intere pagine di cronaca nera.

Il nuraghe occupa un’altura della Barbagia, al confine del territorio di Orani con quello di Nuoro; quest’ultimo, dopo recenti rilevamenti con Gps, lo ha interamente compreso nel proprio Piano urbanistico comunale.

Da qui –siamo a 730 metri di quota – lo sguardo spazia a oriente sino al Gennergentu, mentre sugli altri lati si vedono i monti del Goceano, del Marghine e, a occidente, il monte Ortobene che sovrasta il capoluogo.

Grazie a questa posizione dominante e alla fertilità del territorio, ricco di boschi e pascoli, il sito di Nurdole era abitato già a partire dall’età del Rame nell’ambito della Cultura di Monte Claro (2500 a.C.) e durante l’età del Bronzo antico nella Cultura di Bonnanaro (1800-1600 a.C.).

Il nuraghe venne costruito nella fase evoluta del Bronzo medio (1500-1400 a.C.) su un basamento di granito circondato da una serie di massi imponenti e adattando l’edificio alla forma irregolare del colle. Si tratta di un nuraghe quadrilobato, con torre centrale e altre quattro torri ad addizione concentrica.

L’accesso è reso agevole da una rampa che conduce all’entrata e che a sua volta immette in un lungo corridoio dai muri aggettanti a sesto acuto. Alla fine del corridoio una porta (caratterizzata, come tutti i passaggi del nuraghe, da un grosso architrave di granito) immette in un cortile pavimentato con lastre, evidentemente inserite in una fase di trasformazione del nuraghe perché al di sotto si sono rinvenuti frammenti di tegami con decorazione a pettine strisciato risalenti al periodo più antico di frequentazione (1500-1400 a.C.).

Sul cortile si apre poi l’ingresso della torre centrale. Questa si conserva per un’altezza di oltre sette metri, con la tipica copertura a tholos mancante della parte finale e con quanto rimane dell’originaria scala elicoidale che, nella prima fase di vita del complesso, conduceva al piano superiore e al terrazzo/camminamento.

Sul lato opposto del cortile si apre a sua volta un ingresso che immette in un’altra scala elicoidale per accedere al terrazzo delle due torri esterne poste sul lato sudorientale. Nonostante l’altitudine, all’interno del cortile sgorga una sorgente che gli abitanti del nuraghe usarono fino all’età del Bronzo finale (1200 a.C.), quando la fonte fu sacralizzata.

In quest’epoca l’intero complesso nuragico, ubicato all’incrocio di importanti via di transumanza, fu trasformato in un grande santuario e vi si effettuarono importanti modifiche architettoniche. Intorno alla vena dell’acqua ‘santa’ fu costruito un muro, composto nella parte bassa da filari di blocchi regolari di trachite (trasportati da cave distanti situate in quello che oggi è il confinante territorio di Oniferi) a cui si sovrappongono filari di granito locale fino a raggiungere sei metri d’altezza”…”

Per la nuova destinazione d’uso della fonte sacra fu progettato un complesso sistema idraulico che raccoglieva l’acqua per convogliarla all’esterno del nuraghe in una grande vasca”…”

La pavimentazione della vasca è composta da lastre di trachite perfettamente aderenti fra loro e presenta dei fori, dotati di tappi cuneiformi sempre di trachite, per lo svuotamento e il ricambio dell’acqua. Una cornice estroflessa ornava il muretto della vasca, utilizzata per immersioni di purificazione e per i riti ordalici, noti dalle notizie sulla Sardegna tramandate da autori greci e latini. Una volta trasformato in santuario, il nuraghe non conservò le originarie funzioni abitative e di controllo sul territorio”…”

L’importanza che il santuario assunse per tutto un vasto territorio circostante spiega la nuova sistemazione del coronamento del nuraghe quadrilobato. Lungo l’intero perimetro questo venne adornato di blocchi di trachite lavorati nella faccia a vista con incisioni a losanghe, a zig zag, motivi labirintici, tridenti nei mensoloni e nei blocchi, motivi cruciformi, a spina di pesce e altri segni geometrici variamente composti, la cui interpretazione, allo stato attuale, non è possibile.

Tuttavia Giovanni Garbini ritiene (nella nota citata all’inizio) delle affinità con i segni di un sigillo proveniente da Ashdod (nel sud d’Israele), una delle pentapoli filistee, affinità che dunque attesterebbe la presenza attiva di Filistei presso al nuraghe di Nurdole al momento della realizzazione del fregio databile fra il X e IX sec. a.C. agli inizi dell’età del Ferro.

Lo stessi Garbini, alla luce delle ultime scoperte di documenti epigrafici in lingua filisteo-fenicia nelle zone interne dell’isola (vedi: AV n.155), sostiene – in modo un po’ provocatorio – che alla luce di queste scoperte ‘la storia della Sardegna dovrà essere riscritta’…”. Immagine tratta da A.V.