Jerzu un’altra storia da riscrivere

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Il racconto, autobiografico é stato scritto da Tonino Serra, medico e scrittore di Jerzu.

Contus in FB. piccole storie di gente comune. Antioco sollevo’ gli occhi dal manoscritto, scosse la testa incredulo e mi disse che avevo sbagliato tutto. Per la prima…e ultima volta perche’ non sarebbe più successo…nel mio hobby di cultore di studi storici mi era successo di ricopiare senza controllare sul terreno quanto scritto dall’Angius su Ulassa…che su Tisiddu e sul monti de su Casteddu non esistessero tracce di antiche fortificazioni…e ora questo professore mi insinuava un dubbio…lui sapeva che su quella montagna esisteva qualcosa e si offriva di accompagnarmi. Aveva pienamente ragione, Antioco…trovai alcune cinte murarie nuragiche e ceramica d’uso di epoca romana e capii che la storia dei nostri paesi doveva essere in parte rivisitata. Non poteva che essere così…con Martino avevamo discusso a lungo e avevamo intuito che Tisiddu facesse parte di un sistema fortificato nuragico, fatto proprio nei secoli dai conquistatori di turno…i punici…i romani… Con Martino che fa l’archeologo abbiamo girato molto…e molto abbiamo trovato del mondo nuragico e romano scomparso. Da lui ho imparato tanto…a leggere l’età delle capanne circolari e dei frammenti di terracotta, a individuare le postazioni nuragiche anche se sepolte nella boscaglia. Martino osserva tracce invisibili, ascolta il linguaggio delle pietre e ritrova le voci scomparse dei nostri progenitori…non sarò mai come lui ma la sua amicizia mi onora. Ierzu compare nei documenti storici nel 1163…ma il luogo dove oggi sorge il nostro paese tremila anni fa pullulava di decine di villaggi e di postazioni di guardia di cui poco e’ rimasto: Tecodi’ e Canceddas col nuraghe poco distante oggi scomparso di Nuragi…al suo posto c’è il museo di Ulassa…in stretta comunicazione con la stazione di su Casteddu e Tisiddu; su Concali…ma chissà come si chiamava allora…con un villaggio scomparso, forse a Pantaleu, che si rapportava alla gente di su Senigi, di cui restano solo le più antiche domus de janas a picco sul Pardu…occhiaie vuote nascoste dagli arbusti . Tisiddu era in vista alla postazione de su Casteddu di Osini…con un pozzo sacro sottostante distrutto dai medici perché la gente si fidava più di quell’acqua miracolosa che degli impiastri dei moderni stregoni… e la’ in fondo di stagliava la torre di Coròngiu posta a cavallo tra le due vallate contrapposte di Ierzu e Ulassa, carica di storia e di leggenda. Ecco…Corongiu…era una necropoli punica, punteggiata di tombe devastate dai tombaroli…ma in epoca nuragica doveva essere una postazione strategica di primaria importanza …e ancora di piu’ in epoca romana quando i nuovi conquistatori dovevano controllare la valle sottostante e le incursioni incessanti dalla Barbagia di Seui, dove le tribù erano bellicose e tali sarebbero rimaste fino al V secolo, quando san Gregorio Magno riuscì a convertirle distruggendo i loro idoli di pietra e le sacre querce. E qui con Martino fummo assistiti dagli spiriti dei nuragici…che ci hanno sempre accompagnato suggerendoci dove cercare. Un pomeriggio eravamo andati su Coròngiu e mentre due amici, stanchi per la salita, si riposavano, con Martino decisi di cercare ancora una volta i resti del villaggio nuragico…che dove esserci…per forza…tagliammo per la cima io a ovest e lui a est…e d’un tratto, su un pianoro nascosto, vidi tre fondi di capanna…intatti nella pietra bianca annerita dal muschio…chiamai urlando dalla gioia Martino…che rispose contemporaneamente con un altro urlo…Toni’, sa turri, carregiada…Marti ‘ kustu est kulu, ma eu appu agatau is domus…La torre nuragica, piccola, posta a difesa del villaggio, colmava un vuoto…anche Coròngiu era inserito nel sistema di avvistamento, come avevamo pensato. Nello stesso modo trovammo un altro anello mancante a Erriu Pessiu, che doveva lanciare segnali di allarme al nuraghe di Gedili. Ero sicuro di trovare qualcosa a Mara Surda, dietro Taccurrulu, a Erriu Pessiu…e un giorno di caldo spaventoso ci eravamo sparsi in dieci, a ventaglio, per trovare qualche taccia di antiche abitazioni. Di fronte a noi si apriva l’ampio anfiteatro bianco, solcato da improvvisi avvallamenti coperti di erica…nulla…poi ci tornai con Martino che con naturalezza…in kui, a parri miu est in kui…sulla cima del roccione che si affaccia su Ierzu e vicino ad un antro dilavato dai secoli che si apre su Marasurda…e infatti tra alberi contorti di ginepro lo trovammo….un muro romano con la ceramica del tempo. Forse tremila anni fa Ierzu era solo un villaggio di poche capanne…forse non esisteva…ma tutto intorno la montagna respirava della presenza dei nostri padri….Coròngiu che guardava verso la Barbagia e verso Gedili e di li’ aTacurrulu, e ai villaggi di Tecodi’, di Scala su Oi, Bauarena, al nuraghe di Canceddas, alla punta di Casteddu di Ulassa e Osini…e da Tecodi’ a Pantaleu, a su Senigi…a Barsu, a Pelau, a Pira Mau, a Cuaddassoni… E ho un sogno…I have a dream…non così impegnativo come quello di M.L.King…più semplice…sogno che all’inizio della primavera, data sacra dei nuragici, dopo tremila anni accendiamo sui nostri nuraghi dei fuochi…che si vedano l’un l’altro nella notte…in una catena ininterrotta di luce che ricordi la nostra primordiale civiltà costruita sulle pietre. Ierzu nasce quindi all’interno di questo mondo popolatissimo fin dall’epoca nuragica, forse ne fu l’elemento unificatore…come lo fu Ulassa per tre villaggi vicini di cui conosciamo anche il nome…ma non sappiamo perché. Forse in quel terreno carsico si inaridirono le sorgenti….forse dovettero unirsi per difendersi da presenze ostili..forse i diversi villaggi si fusero sotto il comando di un unico re pastore per effetto di un’accorta politica matrimoniale…forse i romani deportarono tutti gli abitanti in un solo villaggio per meglio controllarli…o forse la peste decimo’ le piccole tribù spingendo i superstiti a unirsi in un nuovo abitato…è successo spesso nella storia…può essere successo anche da noi. Non credo, come ha sostenuto il canonico Cocco, che Ierzu con Ulassa e Osini sorgesse prima vicino al mare, da dove dovette allontanarsi sotto l’urto delle incursioni arabe rassegnandosi a costruire il nuovo abitato sulle montagne certamente più difendibili…infatti nulla e’ rimasto nella memoria collettiva o nella tradizione di quella tragica migrazione…il che mi fa pensare che la suggestiva ipotesi del canonico non sia vera. Ne parlai a lungo con questo studioso…specie quando gli dimostrai che la chiesa di Pelau non risaliva a mille anni fa ma era stata costruita dal vicario Antonio Melis nel 1710…poi però non volli insistere, sia perché era anziano e aveva diritto alle sue convinzioni, sia perché vicino alla chiesa trovai ceramica d’uso nuragica e romana…ma questa e’ un’altra storia…se qualcuno vorrà ascoltarla come unu contu…appunto…e non come un’arida pagina di storia accademica.