La feniciomania secondo Pittau – 1

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di Giorgio Valdès

Come già accennato in un precedente post, Dimitri Baramki, curatore del museo di Beirut e quindi la maggiore autorità in materia di fenici, aveva affermato testualmente che i protofenici cananei “erano buoni mercanti e discreti organizzatori, possedevano la temerarietà degli antenati beduini e disponevano anche – cosa da non trascurare- di un’insolita forza religiosa; una cosa però mancava loro totalmente: quel fondo di sapere nautico e tecnico senza il quale non è possibile la navigazione in alto mare. Ne disponevano invece i misteriosi invasori che aggredirono verso il 1200 a.C. i paesi del Vicino Oriente: i Popoli del Mare”.

Secondo Baramki la “razza fenicia” deriverà dal processo di fusione tra i cananei/fenici e gli invasori dotati di capacità marinaresche. Con le considerazioni di Baramki concorda sostanzialmente Massimo Pittau, che in un apposito capitolo della sua “Storia dei Sardi Nuragici” (2007) si sofferma appunto sulla presenza fenicia in Sardegna: “Quasi sicuramente i Sardi ebbero i loro primi contatti col popolo fenicio in Oriente, in occasione delle incursioni che essi fecero coi ‘Popoli del Mare’, e precisamente sia in Fenicia, sia a Cipro, sia infine in Egitto, dove i Fenici erano di casa, dato che erano quasi sempre a servizio dei Faraoni. Quelle incursioni, infatti, che sono avvenute fra i secoli XIII e XII a.C., sono precedenti di circa due secoli ai primi approdi effettuati dai Fenici in Sardegna forse nel secolo XI a.C..

E’ molto probabile dunque che siano stati i Nuragici a frequentare i Fenici nella Fenicia, assai prima che i Fenici frequentassero i Nuragici nella Sardegna. Da questa importante circostanza si debbono trarre due logiche e necessarie conseguenze: I)E’ molto più ovvio e logico ritenere che i più antichi reperti fenici che sono stati ritrovati in Sardegna, vi siano stati portati non dai Fenici stessi, bensì dai Sardi al ritorno dai loro viaggi effettuati in Egitto, a Cipro e nella stessa Fenicia; II)La prima spinta all’arrivo dei Fenici in Sardegna sarà venuta dagli approcci che essi avranno avuto coi Sardi nelle citate zone del vicino Oriente.

Si può addirittura ipotizzare con verosimiglianza che siano stati gli stessi sardi a sollecitare la venuta in Sardegna degli abili e intraprendenti mercanti della Fenicia”. Mi permetto a questo punto di osservare che coloro che sin dall’origine giungevano in Sardegna dalla Fenicia, erano probabilmente i figli o i nipoti di quei Sardi facenti parte della coalizione dei Popoli del Mare che, secondo quanto affermato da Baramki, si erano fusi con i cananei/fenici.

In sostanza si sarebbe trattato di emigranti di ritorno o meglio di un “ritorno alle origini”. A parte questo inciso, così prosegue Massimo Pittau: “Circa poi gli stanziamenti che i Fenici avrebbero effettuato in Sardegna si impone l’obbligo di respingere un nuovo e più grave esempio di quella ‘xenomania’ di cui si sono finora dimostrati affetti non pochi studiosi della Sardegna antica, xenomania che in questo caso si specifica come ‘fenicio-mania’.

Essi hanno sostenuto e sostengono la tesi secondo cui i Fenici avrebbero fondato loro ‘stanziamenti stabili’ nell’Isola ed avrebbero addirittura fondato città, da cui avrebbero effettuato tentativi riusciti di penetrazione verso l’interno; ed avrebbero fatto tutto ciò in opposizione e cioè contro la resistenza degli indigeni, i Nuragici.

Questa tesi va respinta innanzi tutto per precise e stringenti ragioni di carattere militare, quelle in basi alle quali si sa con certezza che una ‘testa di ponte’ mette sempre in grave ‘crisi tattica’ un qualunque esercito la tenti o la effettui. Non si può affatto ipotizzare, dunque, che ‘teste di ponte’ create dai Fenici in Sardegna in opposizione ai nuragici si potessero prima mantenere e dopo allargare nel retroterra. E ciò per due concomitanti e insormontabili necessità: da una parte l’enorme distanza di mille miglia esistente fra quelle ‘teste di ponte’ e le loro basi logistiche della Fenicia, distanza che avrebbe impedito il continuo e costante rifornimento di uomini, armi, acqua e viveri *, dall’altra la circostanza che quelle ‘teste di ponte’ sarebbero state effettuate non in una terra più o meno disabitata, bensì in una terra abitata da una popolazione, la quale aveva già espresso grandi capacità politiche, militari ed economiche e che proprio in quel torno di secoli aveva raggiunto l’acme della sua potenza…”

Si può affermare che il ragionamento di Massimo Pittau (il seguito delle sue considerazioni saranno riportate in un successivo post), non “faccia una piega”.

*Si consideri con attenzione ciò che aveva già scritto Tucidide: “Sono poche le spedizioni in grande stile, sia di Greci che di barbari, le quali, allontanatesi di molto dalle loro basi, siano riuscite a buon fine. Non possono infatti muovere all’impresa con numero di soldati che superi quello degli abitanti aggrediti e dei vicini, poiché tutti questi, sotto la spinta della paura, finiscono per collegarsi”.

Nell’immagine: le rotte fenicie lungo il Mediterraneo e una rappresentazione della dea fenicia Astarte.