La feniciomania secondo Pittau – 2

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di Giorgio Valdès

Riprendendo “il filo” del post precedente, sono interessanti le considerazioni di Pittau in merito all’improponibilità di “teste di ponte” fenicie “in opposizione ai nuragici”, per il fatto che la Sardegna era “abitata da una popolazione la quale aveva già espresso grandi capacità politiche, militari ed economiche e che proprio in quel torno di secoli aveva raggiunto l’acme della sua potenza”.

Egli ritiene tra l’altro che i nuragici abbiano partecipato alle imprese dei Popoli del Mare, pur non identificandosi con gli Shardana.

Identità invece asserita da Giovanni Ugas, il quale a sua volta sostiene che i shardana/nuragici siano stati un popolo egemone nel Mediterraneo occidentale”, dove esercitarono “una leadership militare di lungo periodo, dal 1500 al 1200 e oltre avanti Cristo”. In un modo o nell’altro questa potenza militare è durata quanto meno sino al periodo punico, se è vero che nel 540 a.C. il generale cartaginese Malco, a capo di un esercito di 80 mila uomini, venne sconfitto dai sardi.

Ha quindi perfettamente ragione il professor Pittau quando asserisce che la potenza bellica della Sardegna raggiungeva “il suo acme” proprio nel “torno di secoli” corrispondente alla presenza fenicia nella nostra isola, e non è conseguentemente pensabile che i fenici si fossero appropriati delle fasce litoranee più pregiate “in opposizione ai nuragici”.

A questo proposito Pittau osserva che “nel secolo XI a.C. sarebbe stato del tutto facile per i Nuragici respingere o distruggere le teste di ponte che i Fenici avessero tentato di effettuare nelle coste dell’Isola contro la volontà dei padroni di casa.

E ciò va detto anche nella supposizione che le basi di partenza dei Fenici non fossero propriamente quelle della lontanissima madrepatria (l’odierno Libano), ma fossero quelle fenicie dell’Africa settentrionale, ad esempio Utica, fondata, secondo la tradizione, nel 1101 a.C..

Con tutto ciò è ovvio che noi non intendiamo affatto negare che i Fenici abbiano effettivamente stabilito nell’Isola alcune ‘teste di ponte’, ma queste avranno avuto esclusivamente il carattere di ‘stazioni mercantili’ od ‘empori commerciali’ e nient’affatto un carattere militare ed inoltre esse non saranno state imposte con la forza ai nuragici, ma saranno state da questi consentite, autorizzate e controllate.

Inoltre, in base a precise testimonianze relative ad altri popoli antichi, c’è anche da supporre che i Fenici pagassero ai Nuragici tasse e dazi a titolo di licenza commerciale e di affitto per i terreni occupati nell’Isola, così come in seguito i loro connazionali di Cartagine faranno a lungo a favore degli indigeni dell’Africa settentrionale.

A questo proposito ci piace citare il punto di vista di Emidio De Felice, linguista di grande autorità, conseguita anche in virtù della sua ampia apertura alla problematica storica e culturale dei popoli: << I Fenici (…) non sono presenti in Sardegna come dominatori e conquistatori, ma solo come navigatori e commercianti, in un rapporto non di egemonia o di prevaricazione rispetto ai Sardi nuragici, ma di parità e di reciproco rispetto: creano approdi per le loro rotte occidentali –che d’altra parte si svolgono prevalentemente lungo le coste dell’Africa-, basi di rifornimento, fondaci; non vi è traccia di fortezze e di grandi complessi fortificati, e non appaiono infatti in Sardegna i toponimi in ‘gdr’ ‘muro di difesa, fortificazione’ del tipo ‘Gadir’, ‘Gades’ presenti invece nell’Africa settentrionale e in Iberia >>.

Sempre affetta da ‘xenomania’ generica e da ‘feniciomania’ specifica quindi da respingere anch’essa è la tesi, secondo cui i Fenici avrebbero fondato in Sardegna le città di ‘Karalis, Nora, Bithia, Sulci, Tharros e Bosa’.

Relativamente a Karalis (Cagliari) c’è da affermare che è assurdo ritenere che, molto prima dei Fenici, i Nuragici non avessero messo occhio e provato interesse per questa località, caratterizzata come era da facili approdi, sia ad oriente che ad occidente, munita di un colle dirupato, facilmente trasformabile in roccaforte, ricca di importanti saline e posta all’imboccatura di quella laguna di Santa Gilla, che non solo era molto pescosa, ma portava anche fino ad Assemini, nella direzione delle risorse agricole del Campidano e di quelle minerarie dell’Iglesiente.

Del resto risulta accertato che nell’area di Cagliari lo stanziamento umano risale al periodo eneolitico e forse anche a quello neolitico, come risulta dai ritrovamenti effettuati a Sant’Elia, San Bartolomeo e a Monte Claro…”.