La precisazione su chi veramente producesse la porpora nel Mediterraneo viene da Leonardo Melis (/Shardana i Popoli del Mare/, passim), ed è arduo confutarla. Egli rammenta inoltre che la porpora era conosciuta dagli Ebrei molti secoli prima dell’avvento dei Fenici (/Esodo/ XXXV, 30,35). La tribù di Dan non solo conosceva la porpora 3-4 secoli prima dell’avvento dei Fenici, ma la manipolava creando bellissime stoffe. Poiché le dodici tribù d’Israele furono formate ancor prima della partenza dall’Egitto, e poiché Dan costituiva non solo la tribù degli artigiani ma pure quella dei guerrieri (la retroguardia, durante l’Esodo), c’è da riflettere su chi fossero realmente questi personaggi, che noi soltanto per prudenza non colleghiamo al popolo Shardana, ugualmente stanziato sul Delta accanto a (o fuso con) gli Ebrei all’epoca degli Hyksos. Con questi ultimi gli Shardana erano certamente simbiotici ed ancor più lo erano gli Ebrei.
Il capitolo 18 di Giudici narra della ricerca di territorio in terra di Canaan da parte della misteriosa tribù di Dan, dopo che il precedente territorio assegnatole non era stato conquistato. Premuti dai Filistei, si stabilirono infine verso Sidone, a Laiš (chiamata in seguito Dan), della quale avevano passato a fil di spada tutti gli abitanti. Sui paralleli impressionanti tra i Daniti e gli Shardana il Melis (/SPM/ 90-91) dà un proprio resoconto, cui rimandiamo, che non siamo tenuti a condividere.
Che alcuni tratti socio-culturali del popolo ebraico fossero maturati durante la permanenza nel Delta, è ancora il Melis a scommetterci (/SPM/, 86-87), a cominciare dal monoteismo professato da Amenofi IV (Akh-en-aton) che dagli Ebrei fu traslato e perfezionato nella propria religione. È più difficile invece accettare che Amenofi avesse creduto in un solo dio per merito degli Šardana.
Dopo essersi stanziato nell’entroterra cananeo, il popolo ebraico ebbe a un certo punto il sopravvento contro la presenza dei Filistei (dalla cui parlata indoeuropea ricevette forse qualche raro influsso), ed in epoca storica controllava un territorio (comprese le coste) esteso da Gaza sin oltre la Galilea; solo più a nord, ma esclusivamente lungo la fascia costiera, si trovavano i Fenici propriamente detti, quelli delle città-stato “schiacciate” tra mare e montagna. La lingua fenicio-punica è il cananeo della costa, l’ebraico è il cananeo dell’entroterra. Ma qual era in realtà la lingua comune di questi popoli contigui? Per capirlo, dobbiamo indagare anzitutto sull’origine dell’alfabeto.
Scavando negli archivi di Ugarit si è scoperto che i fenici di questa città (e dell’hinterland) erano stati paradossalmente gli inventori non dell’alfabeto scritto con le "lettere fenicie" ma d’un alfabeto scritto con il sistema sumero dei cunei. Cos’erano, allora, le lettere fenicie usate in tutta la Palestina in competizione col cuneiforme di Ugarit? Anch’esse, come il murice, non erano autoctone della costa fenicia.
Erodoto (/Storie/, V, 58) ipotizza che l’alfabeto fosse arrivato ai Greci grazie a Cadmo, originario della Fenicia. Ma Platone lo contraddice, collegando le lettere fenicie a un’anteriore fonte egizia e attribuendone l’invenzione a Thot, il dio della sapienza con effigie da scimmia. In realtà il potere della scrittura era tale ch’essa sembrava invenzione troppo profonda per essere il prodotto dell’uomo. La nozione del dono divino fu così forte da essere stata recepita nientemeno che dall’Enciclopedia Britannica del 1853. Ma perchè quest’origine egizia dell’alfabeto? Prima della decodificazione dei geroglifici egizi e delle relative forme corsive (ieratico e demotico) niente consentiva di considerare la scrittura egizia all’origine delle lettere alfabetiche. Ma così era, in realtà. Il corpo sacerdotale egizio aveva operato nei millenni una mirabile conservazione d’un sistema grafico che aveva usato come potente sistema di dominio sul popolo. Ma la storia non dipendeva soltanto da loro. Inseriamo l’intermezzo degli Hyksos, ed è fatta. Quei re-pastori (ca. 1700-1550 a.e.v.) che molti ricercatori recenti identificano in tutto o in parte con la massiccia presenza ebraica del periodo di Giuseppe, furono quelli che, durante il loro dominio sul Delta, s’approfittarono evidentemente del sistema grafemico egizio, e non avendo interessi collimanti con quelli delle dinastie faraoniche, lo resero utile ai popoli asianici che li sostenevano (gli Apiru, o gli abitanti delle sabbie, o i Mentiu del Sinai) operando direttamente o indirettamente il miracolo di un protoalfabeto. La dimostrazione sta nelle tavole alfabetiche a noi note, la più antica delle quali fu trovata nel deserto dei Sinai (Protosinaitico del XVI-XV sec. a.e.v.), nelle miniere di turchese e rame di Serabit El-Kadem.
Fonte: MIGRAZIONI DI EBREI IN SARDEGNA, http://www.linguasarda.com/home.php?p=ebraismo_sardegna#3 Dal sito web di Salvatore Dedola
Nella foto: Le tavolette in argilla in Lineare B che fanno riferimento a tessuti di colore porpora.