di Giorgio Valdès
Si è spesso citato Raffaele Pettazzoni, uno dei più grandi storici delle religioni, che nel 1912 scrisse il libro “la religione Primitiva in Sardegna”.
Successivamente sono state pubblicate alcune ristampe, tra cui quella anastatica del 1980 che include anche un’introduzione di Giovanni Lilliu, dalla quale ho tratto alcuni brani, di un certo interesse, che propongo qui di seguito:
“Nel 1909 Antonio Taramelli, il maggiore degli archeologi sardi della prima metà di questo secolo, dava inizio agli scavi di Santa Vittoria, nella ‘giara’ di Serri, in provincia di Nuoro. Li proseguiva dal 1919 al 1929, mettendo in luce un santuario dell’età nuragica, fondamentale per la comprensione del fenomeno religioso protosardo. Questo grandioso ed eccezionale complesso, di carattere federale e ‘nazionale’ sardo, incentrato intorno a un tempio a pozzo e a un sacello rettangolare con un tessuto articolato di edifici destinati ai servizi di culto e al consumo civile del sacro, offrì al Taramelli la possibilità di illustrare alcuni contenuti importanti della religione primitiva della Sardegna. Ma diede occasione e stimolo anche ad altri studiosi di aggiungere il contributo di loro specifiche conoscenze ed esperienze in materia di antica spiritualità, che trovava espressione caratteristica in quel luogo. Luigi Adriano Milani (filologo e archeologo italiano della metà dell’’800 – nota mia) con immaginazione assai fervida, stabiliva un nesso ideologico e religioso tra la Sardegna preistorica e le civiltà asiatiche dell’Anatolia e dell’Oriente greco, ed associava categorie sarde del sacro a quelle etrusche di comune ascendenza orientale”…”Diverse, invece, erano le impostazioni e la direzione, se non lo sfocio, sulla religione primitiva della Sardegna che, partendo dagli scavi del Taramelli ai quali aveva presenziato nella prima campagna, portava Raffaele Pettazzoni. Egli costruiva uno studio d’insieme organico e degno in tutto d’un grande storico delle religioni quale fu. Nel libro su ‘La Religione primitiva in Sardegna’ Piacenza 1912, il Pettazzoni delinea le forme che assume nell’isola la più antica sacralità, componendo vestigi monumentali, documenti figurati e notizie di tradizione letteraria. Più evidenti e importanti sono per lui le espressioni della religione dei morti e di quella delle acque di vena e del cielo. Sono manifestazioni fondate soprattutto sull’animismo (culto dei defunti nelle tombe dei giganti) e sul naturalismo (culto dell’acqua nei pozzi). Da questo livello magico si passa secondo il Pettazzoni alla forma più elevata, già spirituale, della religione dell’essere supremo individuato nel personaggio mitico-eroico del Sardus Pater che riassume in sé altre consimili e congeneri entità soprannaturali (Iolaos, Norax). Il Sardus Pater, dio demiurgo e padre delle sue genti, ideale della stirpe, viene avvicinato, per certi caratteri (uranico-pluviale, di giudice ordalico, di antenato-eroe), a esseri supremi di aree antiche mediterranee (soprattutto africane) e primitive attuali. In questo vasto paleoetnologico ed etnologico il Pettazzoni coglie un pensiero religioso che si svolge, stringendo certe categorie mitiche e fantasmi del magismo, dall’animismo prevalente al monoteismo imperfetto, adombrato e preannunziato dall’idea primordiale d’un essere supremo. Sullo sfondo della religione monoteistica, nella Sardegna nuragica, si esplicano comportamenti e pratiche etico-sociali permeate profondamente di sacralità, che stanno tra il livello magico-istintuale dell’inconscio e lo spiritualismo cosciente. Si tratta del costume dell’incubazione a scopo terapeutico e mantico, del ‘gius ordalico’ (giudizio di Dio), del parricidio, elementi più d’un mondo incantato e affatturato, che d’una società ‘positiva’ e ‘formalizzata’. Anche per queste manifestazioni dell’ordine morale, la paletnologia sarda si stringe a quella africana. Anzi, nel dominio etnografico, la Sardegna preistorica, come le isole di Malta e delle Baleari, avrebbe svolto una funzione di anello di raccordo tra il continente africano e quello europeo che presentano non pochi riscontri e coincidenze. Questo è il nocciolo del pensiero del Pettazzoni sull’antico patrimonio religioso e sacro della Sardegna, in parte ancora vivo e in parte superato dai più recenti studi.”…”Oggi si può distinguere, seppur non in tutte le sue fasi, la lunga vicenda della religione protosarda dai più antichi tempi del neolitico medio (statuette di divinità femminili della cultura di Bonuighinu-Mara) al periodo del maggior fiore della civiltà ‘urbana’, con le sue grandi statue in pietra di ‘antenati’ dello ‘heroon’ di Monti Prama, nel Sinis di Cabras (VIII secolo a.C.)…”
Nell’immagine: il pozzo sacro di Santa Vittoria di Serri in una foto di Nicola Castangia