La scrittura al tempo che fu

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di Giorgio Valdès

Un altro argomento ampiamente dibattuto, intorno al quale si intrecciano i pareri più disparati se non addirittura dispute che ad essere teneri possono definirsi “accalorate”, è sicuramente quello della scrittura. Proprio perché le tesi sono svariate e per poterne disquisire occorre una competenza specifica che chi scrive certamente non possiede, ci si limita a riportare esclusivamente alcuni stralci sintetici delle considerazioni espresse da due studiosi della materia, Massimo Pittau e Gigi Sanna, i quali sostengono  con differenti motivazioni l’esistenza di testimonianze scritte. Ugualmente interessante è la recente intervista rilasciata da Giovanni Ugas al giornalista Ignazio Dessì (cfr. sottostante link) , in occasione della quale il nostro archeologo parla di segni, ponderali ma anche alfabetici, rinvenuti su una sessantina di reperti provenienti dagli scavi di Monte ‘e Prama e databili intorno al IX secolo a.C.

Massimo Pittau, nell’osservare che in Sardegna si sono trovate almeno due iscrizioni in alfabeto geroglifico egizio, alcune forse in alfabeto minoico incise su due dei noti talenti di rame, numerose in alfabeto fenicio, alcune in alfabeto iberico, alcune in alfabeto greco e quattro in alfabeto etrusco – a dimostrazione del fatto che “tra i sardi nuragici c’erano individui che sapevano leggere e probabilmente anche scrivere”- affermava tra l’altro: “Premetto che intorno alla civiltà nuragica esiste un ‘luogo comune’, quello secondo cui essa sarebbe stata una ‘civiltà illetterata o analfabeta’. Questo luogo comune, che per me è un ‘falso storico’, è stato determinato in primo luogo da una implicita, strana ed assurda supposizione e pretesa: che i Nuragici, intesi come un popolo del ‘tutto particolare’ da ogni e qualsiasi punto di vista, si fossero dovuti creare un alfabeto, pur esso tutto particolare, ossia un loro sistema di scrittura originale e ‘nazionale’. Senonché non si è considerato che in effetti neppure quei geniali e civili popoli dell’antichità che sono stati i Greci, gli Etruschi ed i Romani, si sono creati ‘ex novo’ un loro proprio alfabeto nazionale, dato che –come molti sanno- i Greci hanno preso l’alfabeto dai Fenici, gli Etruschi dai Greci ed i Romani dagli Etruschi. gli stessi Fenici non si sono creati dal nulla il loro alfabeto, ma è del tutto certo che se lo sono creati sul modello di altri alfabeti di popoli del vicino Oriente, Sumeri ed Egizi in testa. Perché mai attendersi e pretendere dunque che i Nuragici si creassero un loro ‘alfabeto nuragico nazionale’, quando in effetti nessun altro popolo antico può vantarsi di essersi creato tutto da sé e dal nulla questo strumento di cultura, il quale di certo costituisce una delle più grandi ed insieme delle più difficili invenzioni dell’umanità? Invenzione molto difficile, a creare la quale hanno contribuito vari popoli antichi e numerose generazioni di uomini…”.

Scrive a sua volta Gigi Sanna: “ La scrittura fu tutta (da quanto sinora si è scoperto di scritto e di comunicativo-espressivo) ‘sacra’ e, così come nella scrittura dei faraoni, tutti i segni possono essere considerati dei ‘geroglifici’ (segni, ‘glifi sacri’) perché  essi riguardano solo il Dio e i suoi figli, la relazione intercorrente tra il supremo Toro luminoso creatore androgino (Sole-Luna)  e i suoi figli Tori straordinari, giudici per lui in terra. Non si è trovato in quindici anni di ricerca uno ed un solo documento di tipo laico (un elenco di oggetti, di persone, un rendiconto, un frammento di lettera, di testo letterario, ecc.) ma solo scritte con lessico formulare (di radice semitica ma anche indoeuropea)  inneggiante alla divinità  e ai suoi figli…”.

Nell’immagine: la placca in steatite rinvenuta a Tharros con incisa sul fronte la triade tebana (Amon, Mut e Khonsu) e sul retro la scritta in caratteri geroglifici.

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