di Giorgio Valdès
La mitologia racconta che Teti, figlia di Urano e Gea e sposa di Oceano, dimorasse nelle terre dell’estremo occidente, il paese delle Esperidi, dove il sole concludeva il suo cammino giornaliero lungo la volta del cielo. Teti è anche un paesino della Sardegna centrale che domina la valle del Taloro, si affaccia sul lago di “Cucchinadorza” e presenta nel suo territorio svariate testimonianze archeologiche tra cui il sito di Abini, uno dei più importanti santuari nuragici delle antiche popolazioni sarde. Ad Abini sono stati rinvenuti numerosissimi bronzetti, tra i quali anche quello riportato nell’immagine. Di Teti parla Raffaele Pettazzoni, massimo storico italiano delle religioni, nel suo libro “La religione primitiva in Sardegna” (1912): ”….in Sardegna, non solo le acque di fonte erano sacre, ma anche le acque piovane si consideravano un dono divino….se le sorgenti termali guarivano il mal d’occhi e il mal d’ossa, le piogge erano il ristoro che si invocava dal cielo contro la siccità….Nel villaggio di Teti, tra le rupi del Gennargentu, vigeva ancora verso la metà del secolo scorso una strana usanza, che praticavasi dai pastori quando volevano, secondo le credenze, suscitare un temporale. Il villaggio sorge presso la sede di quell’antico santuario che dov’è essere uno degli ultimi baluardi dell’indipendenza sarda contro il dominio di Roma, e che tramandò a noi, insieme con altri bronzi votivi, le tipiche statuette a quattro occhi e quattro braccia in cui riconoscemmo già gli ex-voto, efficacemente allusivi, di infermi risanati o di accusati riconosciuti innocenti dopo la prova ordalica. Or dunque era credenza dei pastori girovaghi della Barbagia che in questo sito alpestre, consacrato da una tradizione vetusta, si andasse aggirando una frotta di dèmoni. Ed è usanza che ivi i pastori talvolta si adunassero, e agitando lunghi bastoni e percotendo le rocce, intendessero quasi evocare gli spiriti e indurli così a suscitare una qualche tempesta”.