Le ragioni dell’identità tra Shardana e Sardi. Un libro da leggere per intero. Estratto brevissimo dal libro “SHARDANA E SARDEGNA” di Giovanni Ugas (pagg 657-665).

Della Redazione

 

Vi sono ragioni plausibili che possano portare all’identifi­cazione degli Shardana con gli abitanti della Sardegna.

La fisionomia fisica e culturale degli Shardana corrisponde in pieno a quella dei Sardi che vissero al tempo dei nuraghi.

II nome

Il nome della Sardegna e dei Sardi coincide pienamente con quello attestato per i guerrieri Shardana in Egitto, Vicino Oriente e Anatolia.

Le fonti greche antiche (Pausania e altri) fan­no risalire il nome di Sardo, l’eponimo dell’isola e dei suoi abitanti, ai tempi delle abitazioni in capanne e caverne, quelli che noi oggi definiamo neolitici.

L’etnonimo Shrdn, registrato per la prima volta al tempo del faraone Amenophi IV (Tebe1375 a.C. circa ), risulta ancora attestato in Egitto nel secolo VIII a.C., quando con la stessa voce Shrdn i Fenici chiamavano i Sardi o la Sardegna, come attesta l’iscrizione della nota stele di Nora, la più antica dell’Occidente’.

Non può essere un caso che per designare i Sardi, i Fenici, abbiano adoperato la stessa parola (Sherdanu) usata al tempo di Amenophi IV  e dai loro antenati cananei di Biblo per indicare i guerrieri del mare al servizio degli Egizi.

Al nome della Sardegna e dei Sardi sono legate tante espressioni che dimostra­no come i Sardi, anche nei loro costumi, fossero ben conosciuti alle popolazioni dell’Est del Mediterraneo già prima della colonizzazione greca nell’Occidente, come quella del “riso sardonico” che Omero, nel secolo IX-VIII, riporta ai tempi di Ulisse e della guerra di Troia (metà sec. XIII a.C.), cioè a un momento in cui gli Shardana erano in piena attività nel Mediterraneo.

LA STELE DI NORA

 

La provenienza

Gli Egizi collocavano gli Shardana nelle “Isole che stanno nel cuore (in mezzo) del Verde Grande”, dunque in un complesso di terre non solo bagnate dal mare ma in pieno Mediterraneo, a Ovest di Creta e della Grecia.

Anche i Tursha, Peleset, Dayniu, Sikel (Tjeker), Shekelesh e Weshesh, provenivano dalle Isole in mezzo al Mediterraneo ed erano loro alleati altri “Paesi del Mare”, Leku ed Ekwesh, oltre che i popoli nordafricani dei Meshwesh e Ketiek.

Come gli Shardana e gli abitanti delle “Isole” più in generale, i Sardi abitano un’isola posizionata in mezzo al Mediterraneo, a Ovest di Grecia e Creta, ubicata al centro di antiche rotte del grande mare.

La Sardegna era il cuore geografico dei percorsi mediterranei poiché insieme alla Corsica, con cui formava sostanzialmente un’unica entità geografica, si trovava anche al centro di uno dei fondamentali itinerari nord-sud del Mediterraneo.

Caratteristiche fisiche

I recenti studi di genetica dell’équipe di Hughey, Paschou e Drineas (supra capp. 3, 14, tav. IV), indicano che i parenti più prossimi delle popolazioni cretesi del Neolitico e dell’Età del Bronzo erano i Sardi, confermando in pieno i dati dell’antro­pologia, della letteratura e dell’archeologia -a questo proposito si legga anche il recente http://www.nationalgeographic.it/scienza/2019/07/08/news/nel_dna_l_origine_dei_filistei_misterioso_popolo_biblico-4474350) NdR.

I Sardi appartenevano al ceppo delle po­polazioni mediterranee e dunque erano i rosso bruni come gli Shardana e non a caso sono inclusi tra i figli di Cam anche dai commentatori del Vecchio Testamento.

Gli studi di antropologia fisica raccordano i neolitici sardi ai dolicomorfi cretesi ed egizi e così pure agli abitanti dei nuraghi della Sardegna centro meridionale (gli Iolei/ Illesi).

Come già riferito, stando alle analisi del Dna, gli abitanti attuali dell’Ogliastra conservano ancora oltre il 50% dei geni della popolazione nuragica.

L’economia, gli scambi

Guerrieri e marinai, gli Shardana non conoscevano la scrittura, non usavano carri trainati da cavalli e abitavano una terra mineraria, ricca d’argento.

Insieme ai Cretesi (a questo proposito di legga https://pramanuragica.wordpress.com/2018/04/26/i-nuragici-sulle-rotte-dei-shardana-il-porto-di-kommos-creta-la-fortezza-egizia-di-zawiyet-umm-el-rakham-la-cittadella-fortificata-di-pyla-kokkinokremos-cipro/ e altre fonti facilmente reperibili su internet. NdR) fin dal XV secolo avevano accesso ai mercati egei e dell’Est del Mediterraneo e con le loro navi, fin dai tempi di Tuthmosis III  (1481 a.C. – 4 marzo 1425 a.C.) , trasportavano in Egitto argento, lingotti in rame, pietre azzurre (lapislazuli) insieme ad altre materie prime e pregiati manufatti realizzati dai formidabili artigiani cretesi, di Biblo, di Ugarit e Arzawa dove essi prestarono servizio come mercenari nelle guarnigioni per conto degli Egizi.

I papiri Wilbour e Amiens documentano che gli Shardana erano assegnatari di molti campi nel Medio Egitto tra il corso del Nilo e quello del Bahr Yussef e che ta­lora si dedicavano all’allevamento delle capre; ciò implica una formazione o almeno una tendenza a svolgere soprattutto attività agricole, senza trascurare la pratica della pastorizia. Evidentemente la loro popolazione d’origine era sedentaria e non nomade e aveva un’economia mista.

Favoriti dalla fertilità dei suoli e dalle felici condizioni climatiche, a partire dal Neolitico, i Sardi disponevano di grandi risorse, tali da creare un surplus per gli scambi.

Nelle zone interne, i rilievi collinari e montani della loro isola erano parti­colarmente adatti ai pascoli per le capre, le greggi di pecore, le mandrie bovine e i branchi di suini (specie negli estesi sughereti), dunque era favorita l’economia pasto­rale. Anche la tradizione su un Aristeo sardo inventore del formaggio e dei sistemi di produzione dell’olio e del vino, oltreché coltivatore di frutteti, presuppone la presenza di una forte componente pastorale e di un’altra, ancora più forte, agricola.

I dati dell’archeologia pre-protostorica, in particolare i commerci dell’ ossidiana, dell’argento e del rame, le grandi innovazioni culturali succedutesi tra il Neolitico e l’Età del Ferro, il controllo delle cale e dei potenziali luoghi d’approdo sulle co­ste da parte dei nuraghi, i manufatti sardi che raggiunsero l’Est del Mediterraneo, i numerosi modelli di navicelle trovati nell’isola e risalenti al IX-VII secolo a.C., dunque a tempi precedenti la colonizzazione greca e fenicia dell’Occidente, indicano senza ombra di dubbio che le popolazioni sarde frequentavano i mari, anche dell’Est Mediterraneo, tra il Neolitico e l’Età del Ferro.

Avendo a disposizione tanto legna­me e tanti beni di consumo, le tribù nuragiche costiere con la collaborazione di quel­le dell’interno erano in grado di allestire una grande flotta.

A giudicare dai modelli in bronzo del I Ferro, le navi sarde non dovevano discostarsi dai navigli usati dagli Shardana e dagli altri Popoli del Mare nella tarda Età del Bronzo; di certo, come indica l’alto albero con coffa innalzato sui modelli di navicella in bronzo, i Sardi disponevano di grandi imbarcazioni a vela adatte al trasporto e di veloci vascelli da guerra condotti a vela e a trazione remiera.

Già la comparsa delle grandi stele centinate nei sepolcri monumentali nuragici del XVI-XIV secolo a.C., deriva dai rapporti intrecciati tra gli Shardana e i re egizi e il Vicino Oriente documentati a partire dal secolo XV. Anzi questo dato dell’ar­chitettura, cosi come la spada tipo Sant’Iroxi di Mallia (Creta), presuppongono che le imbarcazioni sarde navigassero verso l’Egeo e l’Egitto già all’alba dell’età nura­gica, forse ancora prima della cacciata dei re Hyksos dal delta del Nilo.

Le grandi costruzioni a volta prima tronco-ogivale e poi ogivale nell’architettura sarda e paral­lelamente in quella micenea e cretese presuppongono stretti contatti tra l’isola occi­dentale e l’Egeo nel periodo che corre tra il XVI e il XIII secolo. Anche nel Vicino Oriente e in Egitto si osservano tecniche e forme costruttive che segnalano intrecci con le esperienze architettoniche nuragiche, specie nella realizzazione di gallerie coperte nelle fortificazioni, opere idrauliche (fonti, canali), e i sepolcri con l’impiego di grandi massi.

 

Le armi e l’abbigliamento militare

Fin dai tempi di Tuthmosis III e Amenophi II, i principi delle Isole sfoggiano grandi spade a lama triangolare, formalmente vicine a quelle con le quali, nei rilievi che celebrano la battaglia di Kadesh, i guerrieri Shardana di Ramesse II si esibiscono nelle prime pose schermistiche della storia.

Da provetti schermidori, essi combatte­vano con un piccolo scudo tondo e usavano non di meno archi e fionde, cioè armi dì lunga gittata come è richiesto ai pirati del mare, ma anche lance corte o giavellotti.

Essi erano addetti a compiti di guardia nelle guarnigioni delle cittadelle (Ugarit) e alla difesa personale di re (in Egitto) e principi (a Biblo e forse ancora a Ugarit) e dunque è da pensare che fossero affidabili e forti fisicamente benché non partico­larmente prestanti.

I soldati isolani non amavano le armi pesanti benché a Medinet Habu imbracciassero anche qualche grande scudo tondo. Erano agili nei movimenti e veloci, ma soprattutto capaci di usare più armi a seconda delle esigenze del com­battimento, a lunga, media e corta distanza, benché i rilievi ramessidi li ritraggano in modo stereotipo con le sole spade o con le spade e lance corte.

Gli Shardana sfoggiavano l’elmo con le corna, che adattavano alle circostanze e alle diverse regioni, col disco in Egitto, col pennacchio in Anatolia, forse in Arzawa (vaso di Hattusha), col pennacchio e il cimiero troncoconico in Grecia (Vaso dei Guerrieri di Micene), senza altre aggiunte a Cipro dove si insediarono per conto loro, intorno al 1200.

Quando si stabilirono in Canaan, verosimilmente per l’influsso delle popolazioni locali, oltre che l’elmo cornuto usarono anche un copricapo a tiara perlata coronata da penne, simili ai copricapo dei vicini Peleset, Sikel e Dayniu.

Gli Shardana, come detto, non avevano cocchi da guerra se non dopo che si in­sediarono nel Vicino Oriente, ma in battaglia contavano sulla perizia dei singoli e sulla consistenza numerica delle loro truppe, la capacità organizzativa e valide strategie militari, come la guerriglia.

Già agli inizi del regno di Ramesse II, essi possedevano una temibile flotta sul mare e grazie ai loro vascelli, insieme agli altri popoli del Mare, negli ultimi decenni del secolo XIII riuscirono a controllare i traffi­ci del Mediterraneo favorendo il dissesto economico e la disgregazione sociale delle grandi potenze dell’Est già prima delle incursioni armate che provocarono la loro definitiva caduta.

Nella seconda metà del secondo millennio a.C., la Sardegna era una terra intera­mente fortificata, inespugnabile, controllata capi militarmente da oltre settemila fortezze (i nuraghi), castelli e torri, tra le quali quelle munite di cinta turrita esterna erano le dimore dei capi tribali difese da una guarnigione di soldati.

Come gli inviati del­le “Isole” ritratti negli affreschi delle tombe tebane e gli Shardana al servizio di Ramesse II, i guerrieri sardi, armati di spada a lama larga triangolare, erano avvezzi a svolgere compiti di guardia nei palazzi e per la difesa personale dei capi.

Più tardi in Sardegna si diffusero anche le lunghissime spade nervate, come quelle sottratte ai Meshwesh da Ramesse III e come quelle usate dagli stessi Shardana (o Shekelesh) nella battaglia navale contro lo stesso faraone.

A giudicare dai bronzi figurati del I Ferro, i Sardi usavano nondimeno fionde e lance corte o giavellotti e l’arco, anche in abbinamento con la spada. Il loro scudo era piccolo e tondo ed è palese che erano agili nei movimenti. Inoltre, esattamente come gli Shardana, essi non facevano uso di armi pesanti e portavano a protezione della testa l’elmo provvisto di corna, talora con creste e protuberanze varie, ma anche tiare periate a corona di penne con o senza pennacchio, come quelle dei guerrieri Peleset e Sikel.

A giudicare dal manufatti d’uso e dai bronzetti figurati, i soldati sardi, essendo equipaggiati con più armi, necessariamente formavano reparti specializzati di spa­daccini, arcieri, frombolieri, giavellottisti, ed erano in grado di mutare rapidamente la strategia di combattimento, esattamente come si suppone facessero gli Shardana, guerrieri del mare e necessariamente portatori d’armi di lunga gittata e non solo di spade per il combattimento “vis à vis”.

Anteriormente al I Ferro nell’isola non c’è traccia sicura di veicoli trainati da cavalli, tantomeno di cocchi da combattimento, ma solo di carri a ruote piene da trasporto come quelli impiegati dai Filistei nella guerra contro Ramesse III immortalata a Medinet

 

La società

A fianco dei geroglifici che tracciano il nome degli Shardana appare un simbolo che li identifica come un popolo.

Nelle tombe dei visir a Tebe i doni delle Isole per Tuthmosis III e Amenophi II sono inviati dai Principi e ciò potrebbe implicare che gli Shardana, e con essi eventuali altri popoli delle Isole, non avevano un unico capo ma erano strutturati in principati o gruppi tribali.

Non diversamente, i Sardi della seconda metà del II millennio a.C., come detto, erano distinti in tribù, intorno a 40-­50, pertinenti a tre popoli: gli Iolei o Iliesi nel Centro-Sud, i Balari a Nord-Ovest e i Corsi a Nord-Est. Sorprende che tra i Popoli del Mare, oltre agli Shardana, siano compresi i Siculesi, identificati negli Shekelesh, che in età romana abitavano il set­tore costiero sud orientale dell’isola mentre mancano gli Iliesi, i Corsi e i Balari.

Si potrebbe supporre che allora i vari Popoli della Sardegna e forse anche gli abitanti del settore centro meridionale della vicina Corsica disseminata di torri, fossero coin­volti in una sostanziale unità politica, ma ancor più si potrebbe sospettare che i Corsi fossero accomunati ai Tursha della vicina Toscana e i Balari agli Weshesh, probabil­mente gli iberici Baschi (infra capp. 20-22).

Gli Shardana erano numerosi come risulta sia dal numero dei guerrieri della loro etnia impegnati nella battaglia di Kadesh, sia dalle assegnazioni di terre in Egitto. Essi nella loro patria dovevano vivere una particolare situazione sociale se, come soldati mercenari, mettevano a repentaglio la loro vita al servizio degli interessi dell’Egitto e di altri regni dell’Est, in cambio di terre da coltivare.

In sintonia, al tempo delle vicende degli Shardana, con i suoi 2500-3000 insediamenti e gli oltre 7000 castelli e torri, nella seconda metà del secolo XIII, la Sardegna contava una popolazione ragguardevole, stimata in 400.000-700.000 abitanti, ed era in grado di armare un consistente esercito, ma, come si è detto, consistenti gruppi del suoi abi­tanti dovevano essere costretti ad abbandonarla.

Sappiamo che al tempo dei nuraghi tra i Sardi vigeva ancora un regime eredi­tario matrilineare, come si evince dall’uso delle tombe collettive e soprattutto dal costume del sacrificio dei vecchi re, retaggio neolitico trapiantato in una società tribale.

Anche la presenza di regine, come Medusa e Sarda, e di divinità femminili dominanti come la dea Luna (Diana/Jana e Orgìa nella tradizione etnografica) è legata a costumi matrilineari.

Come detto, poiché in regime di successione matrili­neare diventava re (capo tribale e cantonale) chi sposava la principessa ereditaria, i figli maschi del capo erano necessariamente costretti ad andar via dalla comunità e a occupare nuove terre al di fuori del cantone o della tribù, portandosi appresso una parte della popolazione giovanile.

Un costume simile che obbligava i giovani ad emigrare era praticato tra le popolazioni italiche e in tal caso a imporre la cacciata dalla comunità, giustificata col sovraffollamento e la carestia, era una prescrizione religiosa, il “ver sacrum”, che rispondeva ovviamente ad una esigenza politica, sociale.

Ora, il proliferare nell’isola di migliaia di torri, castelli e villaggi è certa­mente in relazione con un modello di popolamento centralizzato che impone a una parte della comunità di costruire nuovi insediamenti. Tale modello poteva reggere soltanto sino a quando nell’ambito dei confini tribali e cantonali vi erano terre da occupare e spartire, perché altrimenti occorreva emigrare fuori dalla tribù se non fuori dall’isola.

Una progressiva saturazione delle terre disponibili doveva portare a tensioni sociali interne sempre più gravi e dunque ad esigenze migratorie man mano crescenti.

Nell’Età del Bronzo, diversamente dalla gran parte dei popoli dell’Est del Mediterraneo (Anatolia, Grecia, Libano, Siria etc.) i Sardi non facevano uso del­la scrittura e nella sostanza si prefigura nella Sardegna nuragica un quadro sociale non diverso da quello che nello stesso periodo tra il XV e il XII secolo indusse gli Shardana a cercare nuove terre in cui stabilirsi.

Le relazioni tra i popoli

I testi del XV-XII secolo a.C. segnalano che gli Shardana ebbero contatti con gen­ti dí tante regioni del Mediterraneo: Creta, Egitto, il Vicino Oriente dalla Palestina a Ugarit, Arzawa in Anatolia, ma anche con genti della Tunisia e di altre terre nor­dafricane, e dunque il loro orizzonte spaziava dall’Occidente all’estremo Est del Mediterraneo.

Nati come uomini di guerra, gli Shardana rappresentarono ben presto un sostegno alla politica di espansione egizia nel Mediterraneo orientale tra il 1470 e il 1230 a.C., tra il regno di Tuthmosis III e quello di Ramesse II, quando presta­rono servizio come soldati ausiliari a Biblo e Ugarit e poi affiancarono Ramesse II nella guerra contro gli Ittiti.

La loro presenza nella regione di Mira, non lontano da Efeso, in Arzawa, nel secolo XIV e presumibilmente già nel XV, può essere spiegata all’interno della stessa ottica politica egizia, ma potrebbe essere in relazione anche con un’alleanza con Creta.

In effetti, emerge una collaborazione, forse anche poli­tica e militare, con i Cretesi, insieme ai quali gli abitanti delle Isole portano i doni al faraone negli affreschi della tomba di Rekhmira, mentre non esistono documenti scritti coevi che rivelino direttamente una loro funzione di mercenari anche in Grecia presso qualche regno miceneo, funzione che però può essere presupposta sulla base delle fonti letterarie classiche.

Le relazioni dei Sardi dell’Età del Bronzo nelle fonti letterarie

Nell’età del Bronzo, i Sardi non facevano uso della scrittura, esattamente come gli Shardana, i quali, diversamente dalla gran parte dei popoli dell’Est del Mediterraneo (Anatolia, Grecia, Libano, Siria, etc.), non avevano corrispondenze epistolari e non lasciarono documenti scritti.

Tuttavia essi erano in grado di inter­loquire con gli altri popoli, sia perché come si è detto sul piano linguistico e non solo per l’aspetto fisico dovevano essere affini ad altre popolazioni mediterranee, in particolare ai Cretesi e agli Egizi, sia perché come si è detto conoscevano si- sterni computazionali e codici metrologici (pesi e misure) simili a quelli adottati nell’Egeo, codici di misurazione peraltro adattabili, mediante il ricorso a multipli e frazioni, a quelli in uso presso le altre popolazioni dell’Est del Mediterraneo.

Ovviamente non possediamo alcun documento scritto dai Sardi sulle vicende dell’Età del Bronzo.

Le notizie che li riguardano provengono dalla letteratura greca e latina e sono spesso tramandate e mitizzate da autori che scrivono in tempi molto più recenti rispetto agli eventi dell’età eroica raccontati e con un’ottica necessaria­mente diversa.

Queste notizie si prestano a diverse interpretazioni e non sempre è facile risalire alla loro radice storica. Tuttavia, le fonti letterarie greche offrono sui Sardi un ventaglio di informazioni complementari rispetto a quelle dei documenti scritti egizi e dell’Est del Mediterraneo sugli Shardana e si integrano a vicenda. Infatti mentre i testi egizi fanno conoscere l’orizzonte dei percorsi degli Shardana sui mari di Creta e del Sud-Est Mediterraneo, le notizie letterarie greche informano sulle antiche vicende dei Sardi, oltre che in Occidente, in Grecia e Creta.

Innanzitutto, dai racconti sulle vicende mitiche relative a Perseo, che stando alla cronologia eroica regnò a Micene, emerge un conflitto di questo re con Medusa, re­gina dei mari dell’Occidente, figlia di Forkus dio del mare e re dei Sardi e dei Corsi.

Interpretando il mito si deve ipotizzare che nella prima metà del XIV secolo si fosse verificato uno scontro tra gli Achei e i Sardi.

La relazione dei Sardi con la Grecia continentale, almeno in parte conflittuale, è riproposta, per la fine del secolo XIV dalla notizia riguardante la presenza nella famiglia regnante di Micene, di Sarda, pre­sentata come nipote di Perseo e figlia di Stenelo, dunque sorella di Euristeo.

In que­sto contesto, la figura di Sarda può simboleggiare la presenza di mercenari sardi al servizio di Euristeo, oppure l’occupazione temporanea di Micene ad opera dei Sardi in occasione del I tentativo di conquista del Peloponneso effettuato dagli Eraclidi guidati da Iolao e Illo, che portò all’uccisione di Euristeo, anche perché Iolao può rappresentare gli Iolei (Iliesi) sardi.

Infatti, secondo Diodoro Siculo e altri autori, Iolao avrebbe guidato gli Eraclidi tespiesi a colonizzare la Sardegna e poi sarebbe ritornato in Beozia, a Tebe e in sostanza si prefigura una presenza dei Sardi in Beozia che può equivalere all’intesa tra gli Shardana e gli Ekwesh, se questi erano gli Achei di Tebe (infra cap. 24).

A una relazione dei Sardi con Creta, come mercenari e come conquistatori, ripor­ta invece un passo di Simonide di Keos sui pirati sardi che assediano l’Isola difesa dall’eroe di bronzo Talo, una o due generazioni prima della guerra di Troia.

Lo stesso Talo, già guardiano del re Minosse a Cnosso, appare come un guerriero sardo di bronzo che difende l’isola al tempo i cui operarono gli Argonauti, dunque in un rapporto conflittuale con gli Achei.

Stando a una delle versioni letterarie, Medea, che viaggiava nella nave Argo, avrebbe ucciso Talo, secondo un’altra, diversamente, gli Argonauti furono sbaragliati e uccisi da Talo.

Palesemente Talo (col suo alter ego Dedalo) è un emblema di alcune fondamentali caratteristiche dei Sardi che si ritrova­no negli Shardana: la militanza guerriera come mercenari e come temibili aggressori dal mare; la perizia nelle costruzioni di possenti edifici (celata dagli Egizi per gli Shardana) e nell’artigianato metallurgico.

La figura gigantesca di Talos è però l’esito di una sovrastruttura: la perizia dei Sardi del I Ferro nella scultura di grandi statue di guerrieri, come quelle di Monte Prama.

Infine, per quanto attiene le vicende dei Sardi nell’Est del Mediterraneo, non può essere tralasciata la notizia di Eusebio, secondo cui i Lidi/Meoni esercitarono la talassocrazia nel Mediterraneo per circa 120 anni a partire da 10 anni dopo la guerra di Troia, all’incirca tra il 1230 e il 1110 a.C.

Infatti in questi Lidi Meoni vanno rico­nosciuti i Sardi isolani, confusi con gli abitanti della città lidia di Sardi. Ovviamente questa notizia ha un senso e una straordinaria rilevanza se si identificano i Sardi con gli Shardana.

Sardi, Shardana e i paesi dell’Occidente

[ rapporti tra i Sardi e le altre popolazioni dell’Occidente Mediterraneo favorisco­no anch’essi, non di meno, la prospettiva del loro riconoscimento con gli Shardana. Tursha, Leku, Shekelesh e Sikel oltre che gli Weshesh, cioè la gran parte dei Popoli del Mare, erano originari, come gli Shardana, delle Isole in mezzo al Verde Grande, cioè di un’area geografica ad Ovest della Grecia e di Creta che coincide con il bacino tirrenico in cui dimoravano i Tirreni (Etruschi), i Liguri, i Siculesi e i Siculi oltre che i Sardi (infra capp. 20-22).

Nelle loro relazioni pro e contro i faraoni ramessidi, i Meshwesh e Kehelg, popoli agricoltori e forse marinari della Tunisia, seguono per oltre un secolo da circa il 1290 al 1175 a.C. un percorso parallelo a quello degli Shardana: dalla battaglia di Kadesh, a fianco degli Egizi contro gli Ittiti, alle guerre contro Merenptah e Ramesse III (a tal proposito si legga https://www.facebook.com/NURNET2013/posts/i-rapporti-dei-nuragici-con-le-popolazioni-di-cartagine-prima-della-sua-fondazio/2099002896845090/ e I riferimenti bibliografici ivi riportati. NdR) .

É palese l’esistenza di uno stretto rapporto geografico e politico tra questi popoli nordafricani e gli Shardana. I Meshwesh usano armi come le lunghe spade e forse lo scudo tondo, almeno in parte simili a quelle degli Shardana. I Sardi non diver­samente dagli Shardana erano legati alla Tunisia da una relazione geografica, che nel passato era anche culturale e almeno parzialmente etnica, segnalata dall’antica letteratura.

Stando ai testi egizi gli Shardana ebbero appezzamenti di terreno nel Delta del Nilo a partire dal regno di Ramesse II, e formarono una sorta di popolosa tribù interna in Egitto che persistette almeno sino al secolo VIII a.C. e i Meshwesh e spesso i Kehels furono loro vicini anche nelle fortezze e nelle residenze rurali.

I Nordafricani e gli Shardana (con gli altri Popoli del Mare) si spartirono tra loro le aree da colonizzare: gli uni a Occidente del Nilo, gli altri a Est, attraverso un accor­do certo stabilito almeno a partire dai tempi di Merenptah se non prima. Infatti, i loro non sono semplici domini per il controllo territoriale e la riscossione di tributi, come quelli dell’Egitto e di Hatti: sono veri e propri insediamenti coloniali, con trasferimenti dall’Ovest di consistenti gruppi di persone che si stanziano nell’Est del Mediterraneo per coltivare le terre, praticare il commercio e altre attività econo­miche (infra capp. 24-25).

I segni dell’archeologia

Nel loro complesso, le testimonianze archeologiche dell’Età del Bronzo esami­nate nei capitoli precedenti, sino a 50 anni fa l’anello debole nella prospettiva dell’i­dentificazione dei Sardi con gli Shardana, sono oramai anch’esse tra i punti di forza di questo riconoscimento (analogamente può dirsi per gli studi paleogenetici. NdR).

Infatti, i manufatti importati dalla Sardegna (fig. 19.1), i materiali nuragici esportati o imitati (fig. 19.2), le analogie riscontrate tra l’isola e l’ambito mediterraneo per quanto attiene le forme e le tecniche dell’architettura (fig. 19.3-4), i caratteri fisici umani, l’abbigliamento e le armi (fig. 19.5) e infine i mezzi di locomozione (fig. 19.6), documentano ampiamente gli intrecci che la Sardegna ebbe con le terre dell’Est del Mediterraneo nel periodo in cui gli Shardana delle Isole, insieme ad altri popoli alleati, soprattutto occidentali, furono protagonisti degli eventi immediatamente precedenti e immediatamente successivi al crollo dei grandi imperi mediterranei.