di Giorgio Valdès Traggo spunto da alcune considerazioni che Nicola Porcu ha riportato nel suo libro “Hic Nu Ra, Racconto di un’altra Sardegna”, riferite alla percezione che le civiltà orientali avevano nei confronti dell’Occidente. Gli antichi egiziani, in particolare, nutrivano una profonda venerazione per l’Occidente, del quale avevano un’idea mitica al punto di simboleggiarlo con la “piuma”, che era anche l’emblema di Maat, una delle loro principali divinità. La “piuma” significava verità, giustizia, saggezza, armonia e ordine cosmico e per converso Maat era la dea delle terre del tramonto, dove secondo gli egizi dimoravano le anime dei morti, che prima di raggiungere quei luoghi felici dovevano sottostare ad una complessa cerimonia funeraria e ad un giudizio finale che si svolgeva alla sua presenza. Si può anche ritenere che il termine “sa meri”, che in Sardegna significa “la padrona”, derivi proprio dal vocabolo Maat o Met, che passò nel greco come Metis. E’ ugualmente interessante considerare che in sanscrito Medha assumeva il significato di sovrana e da esso discende probabilmente il nome Medusa, personaggio mitologico del quale in Sardegna si conservano le rovine di due castelli. Si tratta tuttavia di semplici considerazioni da profano e da stimare come tali, non essendo io un glottologo e non avendo quindi alcuna competenza in materia. Tornando all’”Occidente”, esso era considerato come “ la regione dove i morti erano seppelliti per rinascere e raggiungere la vita eterna, e i testi egiziani lo chiamano il bell’Occidente” (1). Giovanni Semerano affermava al proposito che “L’uomo Egizio ha posto il cuore a giudice e testimone del proprio ultimo destino: o cuore, da parte di mia madre … non levarti contro di me come testimone … non dire menzogne contro di me davanti al dio grande, signore dell’Occidente” (2), esprimendo un concetto rafforzato dalla grande considerazione che il popolo dei faraoni nutriva per i luoghi in cui il carro del sole terminava il suo percorso mattutino dopo aver traversato la volta liquida del cielo, al punto da considerare “beato perché nelle mani di Dio” chiunque giungesse dalle terre del tramonto. Camillo Cinalli, Accademico per le Scienze e le Arti, in “Cultura Nuragica”, articolo a sua firma apparso negli anni settanta sul mensile “Frontiera”, scriveva a sua volta che “Il mondo nuragico era altamente civile e deve avere avuto una grande influenza sui popoli venuti alla ribalta della storia, nell’ambito dell’area mediterranea. L’ipotesi che la Sardegna fosse l’Isola Sacra dell’antichità, trova riscontro in più direzioni d’indagine e si connette con altre interessanti ipotesi di storia della scienza ” (3). Ma anche Esiodo, raccontando l’Occidente, parlava delle “isole dei Beati alle soglie dell’Oceano dai vortici abissali”, mentre Omero descriveva il “Fiume Oceano”, le cui acque scorrevano lungo gli estremi margini del mondo, dov’era “ l’Origine degli Dei e degli Uomini”. Tutte considerazioni in grado di alimentare il sospetto che quella terra insulare posta nel lontano ovest, dimora degli dei e delle anime dei morti (cfr. precedente post “Il Paradiso in premio agli amici di Nurnet”), fosse proprio la nostra isola. Ipotesi rafforzata dalle considerazioni di Wallis Budge (4), già riportate in una precedente articolo, il quale esprimeva l’opinione che “ le prime dinastie egizie fossero formate da elementi di una razza (o cultura) venuta dall’Occidente, i cosiddetti “compagni di Horo” (Horo Harakhty) che recavano il segno del primo degli abitanti della terra d’occidente, cioè di Osiride” (5); ed è altrettanto probabile che tale attraversamento delle acque del “fiume Oceano” avvenisse, realmente o in forma simbolica, per accompagnare nell’Isola Sacra posta ad Occidente, lo spirito del defunto da rigenerare. 1) Maria Carmela Betrò: “Geroglifici” 2) Giovanni Semerano (1911-2005) è stato un insigne filologo e studioso delle antiche lingue europee ed ha compendiato il suo pensiero e le sue ricerche nell’opera “Le Origini della Cultura Europea“. 3) Brano tratto da “Atlantide Sardegna” di Paolo Valente Poddighe 4) sir E. A. Wallis Budge (1857-1934) fu un esimio egittologo inglese e Conservatore delle antichità Egizie ed Assire al British Museum di Londra, 5) “Il Libro Egizio degli Inferi” – Antonio Bonifacio, edizione 29/2007 della rivista
Nella foto di Nicola Castangia, l’interno di una delle “domus de janas” in località Sas Concas a Oniferi