di Giorgio Valdès
Sempre a proposito di S.Gilla, di cui si è accennato nel precedente articolo “Inzertu e Cogoddus”, se la sua frequentazione in età punica è attestata da vari ritrovamenti, è altrettanto ragionevole ipotizzare che l’utilizzo come scalo portuale dovesse risalire a età molto antecedenti rispetto a tale periodo.
Sarebbe infatti irragionevole ipotizzare, ad esempio, che al culmine dell’età del bronzo i nostri antenati nuragici si fossero lasciati sfuggire l’opportunità di utilizzare un punto d’imbarco privilegiato come la laguna, situata in posizione nodale lungo le rotte mediterranee, protetta dai venti predominanti di maestrale, ma soprattutto posizionata allo sbocco di corsi d’acqua come il Cixerri, il rio Mannu, il rio Flumineddu e il rio Gutturu Mannu.
Corsi d’acqua la cui portata è attualmente piuttosto limitata, ma che un tempo erano presumibilmente navigabili o quanto meno utilizzabili per il trasporto, su chiatta, dei minerali e dei metalli provenienti dal Sulcis Iglesiente ma anche delle varie produzioni tipiche del Campidano. A parte considerare che lo stagno era ricchissimo di molluschi ed abbondava di pesce, come anche il prospiciente Golfo degli Angeli.
Non è quindi un caso se l’industria della preparazione e conservazione sotto sale delle sardine è sicuramente nata in Sardegna (e a Cagliari in particolare) come conferma il nome attribuito a questo pesce, tradotto in tutto il mondo con termini che comunque richiamano la nostra isola. Ed è altrettanto interessante osservare come il commercio di prodotti enologici e di varie specialità alimentari prosperasse nell’area di S.Gilla, sul cui fondale sono state recuperati recipienti in terracotta contenenti ossa di bue e di altri animali, residui di piatti tipici della tradizione come “sa pezza imbinara” e addirittura anfore vinarie che ancora profumano della resina utilizzata per aromatizzarne il contenuto.
L’artigianato ceramico che prospera ad Assemini potrebbe quindi porsi in continuità con le esigenze commerciali dei tempi passati. Sta di fatto, che come rilevato anche dall’archeologo Raimondo Zucca (“Cagliari tra terra e laguna”), le testimonianze nuragiche rinvenute nell’area di Via Po, di Via Brenta e di Viale Trieste (ai margini dello stagno), potrebbe riferirsi a un insediamento indigeno costiero caralitano dedito alla metallurgia, che avrebbe a sua volta avuto un ruolo fondamentale nel rapporto con le comunità allogene che frequentavano il golfo di Cagliari almeno sin dal 1300-1190 a.C.
E’ legittimo allora domandarsi cosa nasconda ancora il fondale della laguna, se già i più superficiali strati di fango ci hanno restituito tanti inestimabili tesori d’epoca punica.
Nell’immagine: il mare di fronte allo stagno di S.Gilla in una foto della socia Nurnet Arianna Giuntini