di Giorgio Valdès
Tentando di mettere (inutilmente) in ordine le mie raccolte di articoli vari su argomenti che in diversa maniera riguardano la nostra antica civiltà e i rapporti con il mondo allora conosciuto, mi è caduto lo sguardo su un trafiletto in cui l’Accademico dei Lincei Giovanni Garbini, a corredo dell’articolo apparso nell’edizione Settembre-Ottobre 2012 di Archeologia Viva, esprimeva le sue considerazioni in merito ai ritrovamenti di S’Arcu ‘e is Forros a Villagrande Strisaili, che comprendevano anche i frammenti di un’anfora cananea con incisioni che, come si legge nello stesso trafiletto, annoveravano segni fenici ed un’epigrafe in scrittura filistea. Secondo Garbini, intorno al XIII secolo a.C. in Sardegna erano già presenti i Filistei, provenienti da Creta (Kaftor) e i Fenici originari della terra di Canaan, i quali “vivevano nei nuraghi” insieme alle popolazioni locali. La mia prima ed immediata perplessità riguarda la “supposta” presenza fenicia in Sardegna nel XIII secolo, e quindi in piena civiltà nuragica. Difatti ai “Cananei”” mancava totalmente “quel fondo di sapere nautico e tecnico senza il quale non è possibile la navigazione d’alto mare”. Questa non è una sparata di un “fantarcheologo” o di un pincopallino qualsiasi, ma di Dimitri Baramki, curatore del museo di Beirut e quindi della persona che, teoricamente, avrebbe avuto più interesse ad elogiare i Fenici a tutto tondo. Non mi permetto di confutare un luminare come Garbini, per cui mi limito a immaginare, magari un po’ “romanticamente”, che fossero stati gli Shardana, in missione nella terra di Canaan, ad imbarcare alcuni residenti locali per portarseli in Sardegna in viaggio premio, o promettendo una ridotta tassazione per gli stranieri intenzionati a trasferirsi nella nostra isola, o magari per assumerli come prestatori d’opera nell’edificazione di qualche nuraghe.
Tuttavia Baramki affermava come i Cananei avessero appreso l’arte della navigazione dai Popoli del Mare invasori del loro territorio all’inizio del XII secolo a.C. La “razza fenicia” deriverà dal processo di fusione con gli aggressori dotati di capacità marinaresche. Tra questi ultimi c’erano anche gli Shardana, che si sarebbero quindi integrati con le popolazioni locali. Conseguentemente, quando questi altri “Fenici” giungeranno in Sardegna (convenzionalmente intorno al IX secolo a.C.), non lo faranno come colonizzatori ma, probabilmente, in qualità di “emigranti di ritorno”. Tra l’altro, appare piuttosto astrusa l’ipotesi di una supina accettazione di “colonizzatori”, che sbarcati in Sardegna, si appropriano senza colpo ferire delle fasce più pregiate del nostro litorale. A maggior ragione se si considera
che i sardi residenti erano talmente avvezzi alla guerra e militarmente organizzati, che ancora più tardi, nel 540 a.C., avevano sterminato l’esercito del generale cartaginese Malco ,che si diceva composto da oltre ottantamila uomini.
Per quanto invece si riferisce ai Filistei, sempre secondo Garbini anch’essi erano presenti in Sardegna già dal XIII secolo a.C. Se tuttavia essi provenivano da Creta, è piuttosto inusuale un’alleanza tra popoli geograficamente così lontani. In realtà l’origine cretese sostenuta da Garbini, deriva dall’identificazione di Creta con Kaftor/Keftiou, mentre alcuni documenti egizi non confermano tale identità, ma assegnano a Creta il nome di Mnws (Minws), mentre Kaftor / Keftiou potrebbe essere un’importante località posta nel mare d’occidente e Minws una sua colonia (Berni-Chiappelli “Haou-Nebout i Popoli del Mare”). Va anche osservato che paradossalmente a Creta non esiste alcuna traccia filistea, mentre in Sardegna se ne individuano le testimonianze a Macomer/ Macompsisa, Serra Orrios a Dorgali e a Neapolis (Guspini), località in cui è stato rinvenuto un frammento fittile di un probabile sarcofago antropomorfo di matrice filistea.
Credo quindi che l’argomento concernente gli antichi rapporti tra le popolazioni locali e quelle fenicie e i filistee meriterebbe ulteriori e puntuali approfondimenti.