di Antonello Gregorini
Scriveva Pasquale Cugia (1891-Nuovo itinerario dell’Isola di Sardegna), della famiglia proprietaria di un feudo a Pula (Villa Santa Maria e gli Ulivari)
” Popoli primitivi
… Se non primi, gli abitatori di cui abbiasi certezza storica la più antica sono i Fenici; i quali, intraprendenti e attivissimi commercianti come erano non potevano non approdare e stabilire delle colonie in un paese che, oltre alla naturale ricchezza e feracità, riusciva loro di punto di fermata nel tragitto dall’oriente verso la Spagna. … Quali fossero i siti delle colonie fenicie ignorasi, ma non si andrà forse molto lungi dal vero, se dirassi che una di esse fu la città di Nora, le cui rovine scorgonsi presso il capo di Pula.
Difatti, l’agevole posizione per il riposo delle navitendenti alla SPagna; le iscrizioni fenicie ritrovate lì presso; la sarda tradizione ai tempi di Pausania, che Nora riteneva per la più antica città dell’isola, sono argomenti che di molto confortano tale opinione. Forse di essa fu fondatore quel Norace, il quale da Tartesso nella Spagna Betica, sede dei fenici, genti conduceva in Sardegna.
A questo periodo si possono forse far risalire i Nuraghi; monumenti che nel numero di oltre tremila esistono tuttora nell’Isola, più o meno conservati. Quasi tutti gli scrittori consentono nel ritenerli opera dei tempi remoti; e nello attribuirli a popolazioni di origine orientale, specialmente ai fenici. …”
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Fra le molteplici interpretazioni della iscrizione sulla stele di Nora ve n’è più d’una che vi legge della distruzione di un tempio nuragico.
Altre interpretazioni vi trovano invece la commemorazione d’un eroe proveniente da Tartesso.
Dove si debba collocare questa Tartesso non è per niente chiaro.
Tendenzialmente è data in Iberia, di là dalla Colonne d’Ercole. Se però si ammette che le Colonne nell’antichitá si considerassero nel Canale di Sicilia (tra Sicilia e Africa), le tesi che ubicherebbero Tartesso proprio in Sardegna (più probabilmente a Tharros, quindi nel Sinis; terra dei Giganti di Mont’e Prama e di centinaia di torri e vari villaggi dotati di approdi, in cui potrebbe riconoscersi un assetto proto-urbano) non appaiono più così inverosimili.
Ancor più se Norace fosse stato realmente il fondatore di Nora, come racconta il mito che lo presenta figlio di Hermes e di Erithia, figlia di quel Gerione (allora nonno materno di Norace) che fu il primo re (mitologico) di Tartesso e la cui genealogia rimanda ancora alla Sardegna (Gerione nipote di Medusa, a sua volta figlia di Forco, re di Sardegna e Corsica).
Si tratta certamente di miti, che comunque possono sottendere verità storiche.
Il tempio nuragico nelle vicinanze della città punica di Nora, di dimensioni notevoli, fu il Guardia Is Mongias. La Nora nuragica (l’affinità dei nomi é un dettaglio) potrebbe essere identificata nel nuraghe/tempio di Guardia Is Mongias, oggi interrato sotto la base militare, in località Su Cunventeddu (tempio, guardia, Is Mongias, Cunventeddu: curiosa costanza di richiamo alla sfera sacra).
Non esiste nuraghe quadrilobato che non avesse un proprio villaggio di pertinenza, tombe dei giganti e annessi edifici di servizio.
Ritengo non possa escludersi che il tempio distrutto secondo la stele di Nora (o almeno secondo certe sue interpretazioni) potesse essere proprio quel quadrilobato, la cui dimensione è testimoniata dal La Marmora e dal Cugia a fine Ottocento, quando ancora era visibile e parzialmente integro (poi le cui macerie furono utilizzate come cava per materiali da costruzione).
Gli empori lignei e alcune tombe, classificate fenice, non dovrebbero poter giustificare l’esistenza di una città realizzata e fondata dai commercianti provenienti da Tiro. Invece, il quadrilobato e tutti gli insediamenti nuragici identificabili e presunti potrebbero sostenere l’idea di un controllo assoluto dei Sardi del vasto territorio pulese.
Il villaggio nuragico fu verosimilmente già demolito e utilizzato per l’edificazione della successiva città alle pendici del promontorio. Anche i Romani, infatti, utilizzarono il Guardia Is Mongias come base o, forse, sollevamento per l’acquedotto a servizio della città: già i disegni del La Marmora, ma anche gli allineamenti dei setti portanti la canaletta, ci dicono che l’acquedotto intersecava il baricentro del grande nuraghe.
Per un periodo di mille anni circa, quindi prima della conquista punica (almeno dal XVI al VI secolo a.C.), i Sardi nuragici ebbero il controllo del territorio.
Cosa è rimasto di tutto ciò nelle narrazioni offerte ai tantissimi turisti soggiornanti a Pula? Pressoché niente.
Quanto è sentita l’identità nuragica negli abitanti di Pula? Per quel che mi consta, direi tanto. Gli appassionati locali, diciamo pure i tombaroli, conoscono bene l’ubicazione dei villaggi sui monti; e fra di loro, a voce non alta, scambiano informazioni.
Tralasciando per un attimo il metodo scientifico e l’obbligo di parlare di ciò che è provato da reperti databili, possiamo immaginare le cale di Nora, sino a Santa Margherita a sud e sino a Sarroch a nord, totalmente abitate e presidiate dai Nuragici, per un millennio.
Un periodo in cui queste comunità convissero con degli insediamenti di commercianti provenienti da Tiro. Una giurisdizione nuragica che termina nel VI secolo a causa delle invasioni puniche.
La stele di Nora potrebbe allora essere stata scritta anche da sardi, i quali frequentavano le terre di Canaan ben prima dell’avvento dei popoli denominati Fenici.
Essi avrebbero quindi potuto, a buona ragione, conoscere i simboli della scrittura usata in quei lidi e averli utilizzati: per commemorare un loro eroe, o per ricordare un tempio andato distrutto, o ancora per altro.