Peleset

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di Giorgio Valdès

I Peleset – probabilmente identificabili con quei Filistei che nel libro del profeta Amos vengono fatti provenire da Kaftor, la Keftiu degli egizi, località generalmente identificata, a sua volta, con l’isola di Creta- sono quella popolazione effigiata nei bassorilievi egizi di Medinet Habu, spesso in compagnia dei guerrieri Shardana. Il loro copricapo piumato è peraltro simile a quello che appare in alcuni bronzetti rinvenuti in Sardegna.

Sui frammenti di un’anfora rinvenuta a S’Arcu ‘e is Forros (Villagrande Strisaili), l’Accademico dei Lincei Giovanni Garbini riteneva fosse proprio incisa un’epigrafe filistea.

A questo proposito il professor Garbini affermava tra l’altro che “si viene così delineando un quadro storico-culturale della Sardegna piuttosto inaspettato, con una presenza levantina diffusa su tutta l’isola fin dal XIII secolo a.C. e interessata particolarmente alla ricerca e alla lavorazione dei metalli”, aggiungendo che “I coloni fenici che s’insediarono nella costa sud-occidentale erano stati preceduti da altri Fenici che si erano affiancati ai Filistei e che come questi vivevano nei nuraghi accanto alla popolazione locale”.

A Neapolis, i territorio di Guspini, proviene inoltre un vaso di cultura filistea, in riferimento al quale il professor Paolo Bernardini, nostro illustre archeologo, riferisce che “Un altro popolo di esperti metallurghi, specializzati nella ricerca e nella lavorazione del ferro, è presente tra i naviganti che approdano in Sardegna tra il XII e l’XI secolo: soni i Filistei (Peleset), antichi popoli del mare, abitanti in quella porzione della fascia costiera vicino-orientale che da questa gente prende appunto il nome di Palestina. Essi hanno lasciato nel golfo interno di Oristano, nel sito della futura Neapolis, nel territorio dell’attuale territorio costiero di Guspini, un frammento di grande vaso antropomorfo del tutto assimilabile, per i tratti stilistici, ai sarcofagi nei quali venivano sepolti, in madre patria, i membri eminenti di questo gruppo umano. Sullo sfondo dell’intensa interrelazione tra Oriente e Occidente compare in Sardegna la bronzistica figurata antropomorfa di fattura e trasmissione vicino-orientale; essa rientra nell’ambito della circolazione di oggetti di pregio, evidente sia nella materia (il bronzo) in cui sono realizzate le figure sia nell’ideologia che esse esprimono (la regalità divina e i suoi rapporti con il potere terreno). Alla fine dell’età del Bronzo inizia ad apparire anche la più originale espressione figurativa della cultura nuragica, la bronzistica figurata, che descrive una società ormai profondamente mutata nel suo spessore e nel suo dinamismo culturale. Per tutto il corso della loro lunga evoluzione, i ‘bronzetti’ sardi dimostrano quanto l’eredità orientale, ormai saldamente assimilata dalle botteghe indigene e dal gusto della committenza, sia stata tradotta e interpretata in formule locali di alta originalità e di spiccata innovazione…”  (Paolo Bernardini “Le torri, i metalli, il mare. Storie antiche di un’isola mediterranea”).