Più dubbi che certezze

Nuraghe Nuracale, la scala elicoidale. Foto di Dan Floris

 

di Giorgio Valdès

Maria Grazia Celuzza è un’archeologa e docente universitaria che tra i suoi lavori annovera anche un saggio sull’”archeometria”, particolarmente interessante, dove tra l’altro si afferma l’inesattezza delle datazioni che si riferiscono al megalitismo europeo. Circostanza che, se confermata, imporrebbe una seria riflessione sugli incerti avvenimenti che hanno caratterizzato le vicende del Mediterraneo, e una doverosa disamina dei rapporti tra le civiltà orientali e quelle occidentali, che si traduce quindi nell’opportunità di in una sostanziale revisione storica.
Dal saggio della Celuzza sono tratti, qui di seguito, alcuni tra i passi più significativi:
“Il termine archeometria fu coniato verso la fine degli anni ’50 del novecento a seguito delle scoperte scientifiche, e in particolare del metodo basato sulla misurazione del radiocarbonio, che stavano rivoluzionando le possibilità di datazione in archeologia. Nacquero in quegli anni nuovi istituti di ricerca e riviste scientifiche, una delle quali, fondata nel 1958 dal Research Laboratory for Archaeology and the History of Art di Oxford, prese appunto il nome di ‘Archaeometry’”…” L’archeometria nacque insieme con le tecniche di datazione assoluta che continuano a rappresentare uno dei campi più importanti nell’ambito delle scienze applicate alla ricerca archeologica. I metodi di datazione assoluta infatti hanno aperto nuovi sviluppi non solo alla paletnologia e agli studi di protostoria, ma, nel continuo perfezionamento delle apparecchiature e delle procedure, questi metodi hanno acquistato credibilità e si sono rivelati preziosi anche per le età classica e post-classica, che non sono indenni da problemi legati alla cronologia dei reperti e degli insediamenti. I metodi di datazione possono dividersi in due grandi gruppi: quelli che sfruttano il decadimento radioattivo naturale e altri basati su proprietà naturali. Capostipite del primo gruppo è il radiocarbonio che è il più importante metodo di datazione per gli ultimi cinquantamila anni, ma ha due limiti: si può applicare solo a materiale di origine organica e lascia fuori della sua portata gran parte della preistoria. Datazioni per lo stesso periodo coperto dal radiocarbonio, ma anche più antiche possono essere oggi ottenute con la termoluminescenza e con la risonanza da spin elettronico, mentre i periodi più remoti della storia dell’uomo possono essere datati ricorrendo al potassio-argo, all’uranio-torio-piombo e alle tracce di fissione. Il secondo gruppo raccoglie metodi eterogenei quali la dendrocronologia, la tecnica basata sull’idratazione dell’ossidiana, la racemizzazione degli amminoacidi, il metodo del rapporto tra cationi, il metodo archeomagnetico”… “Nel 1966 il chimico americano H.E.Suess presentò un diagramma sperimentale di correzione delle datazioni al C14 da cui si ricavava che le date dovevano essere corrette, o meglio calibrate, sulla base di una curva piuttosto complessa: non si trattava cioè di aggiungere una quantità fissa di anni indifferentemente a tutte le date determinate con il C14, ma di correggerle in misura variabile a seconda dei periodi. In alcuni casi la correzione necessaria è molto alta: alle date intorno al 3000 a.C. ad esempio bisogna aggiungere 7-800 anni, mentre intorno al 2000 a.C. possono essere sufficienti 500 anni. La calibratura delle date può perciò provocare dei veri e propri rovesciamenti di relazioni cronologiche. Contrariamente a quanto si credeva in precedenza, le tombe megalitiche europee sono così risultate più antiche delle piramidi egiziane o delle tombe circolari di Creta; l’uso del metallo nei Balcani è antecedente all’età del Bronzo Antico della Grecia, e in Inghilterra la struttura definitiva di Stonehenge precede la civiltà micenea.”…”La calibratura su base dendrocronologica è stata definita ‘la seconda rivoluzione del radiocarbonio’ perché non può essere ridotta alla semplice correzione di alcune date, ma varia le relazioni cronologiche fra importanti avvenimenti della preistoria. Le date relative all’Europa e ad altre regioni vengono infatti spostate all’indietro, mentre rimangono stabili quelle relative all’Egitto e al Vicino Oriente, basate su una cronologia storica disponibile dal 3000 a.C. in poi. La cronologia egiziana era stata in effetti messa in dubbio a seguito delle prime determinazioni col C14, perché appariva troppo arcaica rispetto alle nuove date, ma era vero il contrario ed è stata infatti confermata dalla dendrocronologia; altre conferme indirette della cronologia ‘lunga’ basata sulla dendrocronologia sono giunte dalla termoluminescenza applicata a materiali ceramici neolitici da siti danubiani, che sono risultati precedenti alle date C14 non calibrate e in accordo con quelle dendrocronologiche. Gli archeologi possono perciò continuare a utilizzare le date tradizionali per l’Egitto e il Vicino Oriente, ma anche quelle stabilite per l’area egea ricostruite in base a datazioni incrociate con l’Egitto. Al di fuori di queste aree tutti i quadri cronologici costruiti sulla base del C14 vanno retrocessi di diversi secoli, spezzando i collegamenti cronologici tradizionali. L’effetto più drammatico è il crollo delle teorie diffusioniste che sostenevano l’arrivo di tutte le innovazioni culturali in Europa da Oriente.
Si era ad esempio a lungo ritenuto che le tombe megalitiche della penisola iberica dell’età del Rame fossero le più antiche d’Europa e che da lì la pratica della sepoltura collettiva si fosse poi diffusa in Bretagna, Inghilterra, Irlanda ed Europa Settentrionale. L’origine di tale pratica e dei monumenti connessi veniva identificata nell’area egea; da alcuni era stata ipotizzata una vera e propria colonizzazione dalle Cicladi alle coste spagnole, da collocare fra il 2700 e il 2400 a.C. La teoria era peraltro debole già in partenza: a parte alcune analogie strutturali fra le fortificazioni di Los Millares in Spagna e dell’isola cicladica di Syros, mancavano prove materiali di qualsiasi contatto. Le prime date al C14 dei monumenti megalitici brettoni, ancora prima della calibratura, risultavano già troppo alte (fra il 3800 e il 2500 a.C., che con la calibratura vanno ricondotte all’arco di tempo 4600-3350 a.C.) . Oggi le date calibrate disponibili anche per la penisola iberica riconducono il fenomeno al periodo 3800-2950 a.C. circa, e dimostrano inequivocabilmente che la ricostruzione precedente si basava su presupposti del tutto falsi e che i monumenti di queste aree erano di gran lunga più antichi delle tombe cretesi (2500 a.C. circa) per non parlare dei monumenti micenei (il Tesoro di Atreo risale al 1600 a.C. circa). Si stanno perciò attualmente riconsiderando radicalmente i problemi delle origini del megalitismo europeo e dell’inizio della metallurgia.
Conclusioni simili sono state raggiunte nell’area medio-danubiana, dove il grande insediamento di Vinca presso Belgrado doveva diventare uno dei siti chiave della preistoria europea. Prima delle datazioni al C14 si credeva che la evoluta cultura presente a Vinca fosse contemporanea all’età del Bronzo Antico dell’Egeo (2700-1900 a.C.) e in buona misura dipendente da quell’area. Le date al C14 di Vinca e di altri siti simili (4400-3000 a.C.) e le successive calibrature (5300-4000 a.C.) hanno ribaltato l’ipotesi, permettendo di riconoscere a Vinca e nell’area danubiana una autonoma cultura neolitica che si esaurisce vari secoli prima del Bronzo Antico dell’Egeo.
Le culture tardo-neolitiche della penisola iberica e dei Balcani si sono così rivelate più antiche dei supposti antecedenti nel Mediterraneo orientale. Una terza ipotesi che vedeva l’età del Bronzo Antico europea totalmente dipendente dalla Grecia micenea è molto precaria e ormai rifiutata da molti. Lo schema diffusionista è quindi in gran parte crollato e nuove ricostruzioni della preistoria europea si stanno sostituendo a quelle ormai tramontate, per ricreare nuove relazioni fra oriente e occidente e superare quella che è stata chiamata ‘linea di faglia cronologica’: la linea di separazione fra le aree dove le cronologie storiche dal 3000 a.C. in poi sono rimaste pressoché inalterate, e le aree dove le date sono scivolate indietro di secoli.”