Quattro chiacchiere sulle Colonne d’Ercole

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di Giorgio Valdès

Nel 1905, gli studiosi tedeschi Henning, Herman, Jessen e Schulten, annunciarono di essere sulle tracce di un’antica civiltà, Tartesso, sulla costa atlantica della Spagna, nei pressi della foce del fiume Guadalquivir, convinti che trovando Tartesso avrebbero trovato Atlantide. A parte ogni considerazione sull’effettiva esistenza o meno del regno di Atlante descritto da Platone, argomento che ha suscitato infinite polemiche che non intendiamo assolutamente alimentare, è comunque interessante comprendere su cosa si basassero le convinzioni degli studiosi sopra citati o quanto meno quali potrebbero essere le “supposte” e più evidenti analogie tra la città o meglio il territorio di Tartesso e il regno di Atlante. A questo proposito occorre premettere che il primo re mitologico di Tartesso era stato Gerione. Apollodoro così raccontava della venuta di Ercole in occidente, per conquistare i buoi rossi di questo re: “Come decima fatica gli fu ordinato di catturare la mandria di Gerione ad Erizia .  Erizia è un’ isola bagnata dall’oceano; è adesso chiamata Gadira.  Quest’isola era abitata da Gerione, figlio di Crisaore e figlio di Calliroe, a sua volta figlia dell’Oceano….così viaggiando attraverso l’Europa per conquistare la mandria di Gerione abbattè molte bestie selvatiche e mise piede in Libia e, procedendo verso Tartessus, eresse come limiti del suo viaggio due colonne ad indicare ad ognuno i confini dell’Europa e della Libia. Ma essendo troppo scaldato dal Sole nel suo viaggio, tese il suo arco contro al dio che in ammirazione del suo coraggio, gli diede un calice d’oro nel quale lui attraversò l’oceano. Arrivato a Erizia (Gadira) alloggiò su Monte Abas. Comunque il cane, sentendo la sua presenza, gli si gettò contro; ma lui lo abbattè con la sua clava, e quando il mandriano Euritio venne in aiuto del cane, Eracle uccise anche lui…. e veleggiando attraverso Tartesso restituì il calice al sole…”.

Fin qui il racconto di Apollodoro, cui vorrei aggiungere una postilla, osservando che Crisaore, padre di Gerione, era figlio della gorgone Medusa che Giovanni Ugas nel suo libro “L’Alba dei Nuraghi” cita come “regina della Sardegna e della Corsica, avendo ereditato il potere dal padre Forkys (Forcus, Forkyde)”. Gerione ebbe a sua volta una figlia di nome Erizia che, secondo la leggenda, unitasi ad Hermes generò Norace fondatore di Nora.

Platone, dal canto suo, fa raccontare al vecchio Crizia, nell’omonima opera, che “Poseidone,  dopo aver diviso in dieci parti l’isola di Atlantide, al figlio nato per primo dei due più vecchi (gemelli) assegnò il lotto circostante che era il più esteso ed il migliore e lo fece re degli altri….il fratello gemello nato dopo di lui, che aveva ricevuto in sorte l’estremità dell’isola verso le colonne di Eracle, di fronte alla regione oggi chiamata Gadirica dal nome di quella località, in greco era Eumelo, mentre nella lingua del luogo Gadiro, il nome che avrebbe appunto fornito la denominazione di questa regione…”. Raffrontando i due passi di Apollodoro e di Platone si deduce in primo luogo che Tartesso era ubicata nella regione gadirica e che questa regione faceva altresì parte dell’”isola di Atlantide”.

Tutto ciò a sostegno di quanto asserito in premessa dagli studiosi tedeschi, secondo i quali trovando Tartesso si sarebbe trovata Atlantide. Sta di fatto che, in ogni caso, si sta parlando di un territorio posto al di là delle Colonne d’Ercole. Se questo “limite” invalicabile corrispondeva allo stretto di Gibilterra, è ragionevole pensare che la regione gadirica, e tutto ciò che ne consegue, si potesse identificare con l’antica Gades (l’odierna Cadice). Ma se il posizionamento delle “colonne” fosse stato invece in corrispondenza del Canale di Sicilia, la tesi “spagnola” non reggerebbe più ed occorrerebbe individuare quella porzione di territorio volto verso le “colonne” e di fronte ad una regione chiamata Gadirica. Ci si limita ad osservare, a semplice titolo di curiosità, che il toponimo Gadir esiste tuttora a Pantelleria e un tempo indicava uno dei più importanti siti d’ancoraggio sulle rotte mediterranee.

La tesi delle “colonne” posizionate in corrispondenza del Canale di Sicilia è stata come noto sostenuta da Sergio Frau, ma anche da Paolo Valente Poddighe che ne vantava la progenitura. In realtà molto tempo prima, e più esattamente nell’anno 1858, Costantino Hofler, professore di Storia dell’Università di Praga, scriveva nella sua “Storia Universale” che “Malta e Sicilia si ponno considerare come le prime colonne d’Ercole della navigazione; furono quindi spinte fino a Sardegna e Africa; finalmente sino a Spagna e Africa”.  Tesi sostenuta anche da Giovanni Lilliu il quale affermerà, nell’edizione del 2 Novembre 2002 della Nuova Sardegna: “Io sono d’accordo, nella parte archeologica, col giornalista Sergio Frau, nel collocare le colonne tra Capo Bon e Lilibeo o, se posso dirlo, tra la collina di Byrsa a Cartagine e l’isola di Mozia in Sicilia, avamposti strategici del mondo punico alla frontiera col mondo dei greci…”.

Nell’immagine: la “Stele di Nora” su cui, secondo alcuni, parrebbe essere riportato anche il nome di Tartesso.