di Giorgio Valdès
Tempo fa si era scritto in merito agli “scarabei”, amuleti tipici della tradizione egizia, rinvenuti in quantità ragguardevole anche in Sardegna.
In particolare ne sono stati rinvenuti a Monte ‘e Prama, nel sito del nuraghe Nurdole di Orani e nell’insediamento nuragico di S’Arcu ‘e is Forros in territorio di Villagrande Strisaili.
Lo scarabeo di Monte ‘e Prama è generalmente catalogato come del “tipo Hyksos”, mentre quelli di Nurdole e di S’Arcu ‘e is Forros riportano scritte geroglifiche che parrebbero richiamare le titolature di due diversi faraoni. Gli Hyksos (in egizio heka khasut), erano i “capi dei paesi stranieri” che governarono l’Egitto tra il 1730 e il 1530 a.C. circa, portandovi la tecnologia del bronzo e l’uso della ruota (curiosamente molti dei loro nomi ricordano attuali cognomi sardi). Il cartiglio dello scarabeo di Nurdole, che può leggersi come “Neb-Maat-Ra”, richiama la titolatura reale del faraone Amenothep III (1424/1397 circa – XVIII dinastia), padre del faraone “eretico” Akhenaton. I geroglifici stampigliati nell’amuleto rinvenuto a S’Arcu ‘e is Forros, ricordano invece la titolatura di Ramesse X –un faraone di cui si sa piuttosto poco, che regnò nel corso della XX dinastia (1107/1098 a.C. circa)- traducibile con la dizione “Kheper-Maat-Ra”. Diversi studiosi della Sardegna antica classificano questi reperti come egittizanti, realizzati nella nostra isola o giunti in Sardegna attraverso vettori fenici e greci. Altri, tra cui il professor Massimo Pittau – che prima della sua scomparsa contestava apertamente la diffusa “xenomania”- ritengono invece siano d’origine “egizia” a tutti gli effetti.
E’ interessante osservare come dei rapporti intrattenuti tra le antiche popolazioni sarde e la terra d’Egitto, già scrivesse nel 1867 il canonico Giovanni Spano nel suo “I Nuraghi di Sardegna”. Le sue considerazioni vanno sicuramente prese con il beneficio d’inventario, ma è comunque interessante il fatto che egli avesse voluto affrontare questo tema, sostenendo in particolare la presenza, nella nostra isola, di circa 14.000 amuleti, tra i quali almeno 4000 scarabei.
Ma come giunsero questi oggetti in Sardegna?
In una pubblicazione edita a Christiania nel 1879, si riportano le considerazioni dell’archeologo norvegese Jens Lieblein (1827-1911) in merito ai monumenti egiziani rinvenuti in Sardegna.
In particolare è scritto che “alcuni scarabei che hanno inciso il nome di Thoutmose III e di Amenophis III, re della XVIII dinastia, e le quattro sfingi di Cagliari, sarebbero, come a lui fu assicurato, di granito di Assouan. Per il signor Lieblein, l’unico modo di spiegare la presenza di questi oggetti è l’ammettere che essi siano stati portati dall’Egitto per mezzo dei Shardana”.
A sua volta l’egittologo francese Francois Joseph Chabas (1817-1882), nei suoi studi sull’antichità storica (Parigi 1873) sosteneva l’identità degli Shardana con i Sardi della Sardegna (identità peraltro sostenuta e ampiamente documentata, nei suoi libri, dal nostro archeologo Giovanni Ugas).
Reputava tra l’altro, come tangibili e certi i contatti tra Sardi ed Egiziani fin da epoca antichissima, che si erano concretizzati, oltre che attraverso la presenza dei Nuragici in Egitto, anche in viaggi marittimi degli stessi Faraoni nell’isola di Sardegna.
Chabas riteneva inoltre che i Sardi/Shardana fossero il più antico popolo d’Europa conosciuto dagli Egizi, atteso che essi comparvero in Egitto sin dal tempo del faraone Seti I, padre di Ramesse II (XIX dinastia).
In realtà, già nel corso della XVIII dinastia, tra il 1386 e il 1340 a.C. (come riportano le celebri “lettere di Amarna”), i Sardi/Shardana erano presenti in Egitto in numero alquanto consistente.
Circostanza che trova conferma nella Storia Universale, edita dall’Accademia della Scienze dell’Unione Sovietica, dove si legge che “Gli Shardani apparvero nell’esercito sotto la XVIII dinastia, e già durante la XIX costituivano la guardia del corpo reale più importante”.
Sempre nella citata Storia Universale è scritto che “Sotto la XVIII dinastia si concedevano agli Sardani segni distintivi d’oro e d’argento, collane, bracciali, scarabei, terre, schiavi e leoni”.
E infine che “Gli Sardani, durante la XX dinastia vengono spesso menzionati nel catasto come proprietari terrieri”.
riferimenti a Jens Lieblein, a Chabas e alla Storia Universale edita dall’Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica, sono tratti dagli interessanti scritti dello studioso e appassionato ricercatore Paolo Valente Poddighe.
Le foto del nuraghe Nurdole sono di Nuraviganne e Pasquale Pintori. Quelle del sito nuragico di S’Arcu ‘e is Forros, sono di Andrea Mura-Nuragando Sardegna, Bibi Pinna e Valentino Selis
Tra le immagini allegate è compresa anche la tabella che riporta i tre monili sardi e, per eventuale confronto, uno “scarabeo” proveniente dall’Egitto con la titolatura di Amenhotep III (Neb-Maat-Ra) ed un altro con la titolatura di Ramesse X (Kheper-Maat-Ra).