Shardana ed Egitto

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di Giorgio Valdès

Giacomo Cavillier (Andria, 8 Novembre 1969) è un archeologo ed egittologo italiano autore di                               un’importante pubblicazione sugli Shardana, edita nel 2005 a cura di “British Archaeological Report” e titolata “Gli Shardana nell’Egitto Ramesside”. Cavillier non indaga sull’origine di questa etnia di guerrieri, quanto piuttosto sulla loro lunga presenza in Egitto, nel periodo intercorrente tra la fine del XIII secolo e l’inizio dell’XI secolo a.C., pur osservando, come si legge nel capitolo dedicato alla storia degli studi ed allo stato attuale della ricerca che gli Shardana, “annoverati tra le etnie che compongono i Popoli del Mare, fanno la loro prima comparsa a Biblo durante il regno di Akhenaton per poi  imperversare sulle coste libiche a partire dal secondo anno di regno di Ramses II”. In merito alla dizione “Popoli del Mare” l’autore inserisce una nota nella quale scrive che “per questione di coerenza scientifica e di continuità con gli studi sull’argomento, si è preferito ancora adottare tale definizione coniata da G.Maspero…Lo studioso prende spunto da quanto riportato nei rilievi di Medinet Habu ove questi sono definiti ‘(abitanti dei) Paesi settentrionali che erano nelle loro isole’”. Per quanto invece si riferisce ad Aknenaton (1352-1338 a.C.) – il faraone che dopo solo due anni di regno proclamò inaspettatamente il dio Aton (il disco solare) divinità suprema del paese in sostituzione di Amon, promuovendo un movimento di intolleranza religiosa verso quasi tutti gli altri culti – Cavillier richiama le così dette “lettere di Amarna” nelle quali appunto compaiono per la prima volta gli Shardana.

Di seguito si propongono alcuni interessanti stralci tratti dalla prefazione di Cavillier alla pubblicazione:

“Il presente lavoro si propone di analizzare i dati attestanti la presenza degli Shardana in Egitto nei secoli XII-X a.C. e di contribuire a gettar maggior luce sulla loro identità culturale e sul loro ruolo all’interno della società ramesside. La scelta degli Shardana quale soggetto d’indagine appare piuttosto ovvia: è elemento straniero di spicco della macchina ramesside e quello che a differenza delle altre etnie guerriere dei ‘Popoli del Mare’ come i Tursha, Lukka, Aqiyaua, Wheshesh, Shekelesh e Peleset, compare già nelle fonti di età amarniana, è quello che imperversa sulle coste libiche in qualità di ‘turbolento pirata’ agli esordi del regno di Ramesse II per poi far parte dell’esercito faraonico, è quello che contribuisce fattivamente alla salvaguardia della regalità alla fine dell’età ramesside e che, di conseguenza, godrà di uno status privilegiato all’interno del paese.”…”L’aver minimizzato il tema dell’origine dello Shardana non è volto a screditare l’importanza dell’argomento, che resta fondamentale per tutti gli specialisti del settore e che confido prima o poi troverà soluzione, ma si ritiene sia altrettanto utile tentare di dar risposta ad un altro importante quesito, ‘Leitmotiv’ del presente lavoro: perché l’Egitto ramesside ha assoldato lo Shardana e ne ha tesaurizzato le caratteristiche tattiche e le tecniche di combattimento? e perché allo Shardana similmente ad altre etnie mercenarie si concedono privilegi sociali ed economici pur costituendo una minima compagine all’interno dell’esercito faraonico? Non si tratta di domande prive di rilievo se si considera il periodo storico in cui tale fenomeno si manifesta, età apicale dell’arte bellica egizia nel quale l’organizzazione militare giunge ai suoi massimi livelli di efficienza e di capacità operativa e ciò di là della presenza dei mercenari nel contesto vicinorientale”. Dopo aver affermato come la vicenda degli Shardana in Egitto sia stata “sempre considerata come una sorta di appendice, una parafrasi minimale della storia Nuovo Regno”, mentre al contrario al di fuori della terra dei faraoni “la vicenda degli Shardana e delle altre etnie che costituiscono i Popoli del Mare ha da sempre attratto l’attenzione di una vasta gamma di studiosi e di specialisti delle Civiltà del Mediterraneo”, Cavillier osserva tuttavia come non manchino comunque “ quei tentativi volti ad unificare i diversi filoni della ricerca sui Popoli del Mare” e come l’ideale connessione sia di fatto costituita “dalle preziose fonti egizie, la cui importanza e valenza le rende l’idoneo legante dei diversi pezzi che compongono l’intero mosaico evenemenziale; così si è passati da una vicenda fatta da ‘microstorie’ necessitanti di continua connessione spazio-temporale ad una piattaforma storiografica dai confini spazio-temporali più ampi sulla quale fonti egizie e levantine, materiale archeologico siro-palestinese, egeo ed europeo sono ora in grado di interagire e di fornire il loro decisivo apporto ai fini della definizione e ricostruzione del fenomeno nella sua interezza.” L’autore osserva inoltre come la vicenda degli Shardana “dai tratti ancora offuscati per carenza di documentazione, è tuttavia da ritenersi valida proprio perché in essa sono confluite due principali visioni: quella di una compagine di guerrieri operante alla fine della Tarda Età del Bronzo in Egitto, a Cipro e in alcuni dei più importanti regni levantini come Biblo ed Ugarit e quella di genti di cultura Proto-nuragica presenti in Sardegna che sembrano avere stretti contatti con tutto il Bacino del Mediterraneo e l’area vicinorientale. Fattore di certo indicativo è che queste due visioni coesistono ed interagiscono agevolmente e costantemente tra di loro conferendo al fenomeno in sé un’ampiezza spazio-temporale senza precedenti…”

La pubblicazione, per quanto non fornisca una risposta esaustiva al quesito di base che si pone l’autore in merito ai motivi che avevano indotto alcuni faraoni ad assoldare gli Shardana, propone comunque diversi ed interessanti riferimenti grafici ed epigrafici che rappresentano sicuramente un valido contributo alla ricerca.