di Giorgio Valdès
Nell’immagine di un bassorilievo di Medineth Abu, tratto dal libro “I segreti dei Geroglifici” dell’egittologa Hilary Wilson, compaiono un troiano e uno shardana fatti prigionieri dalle truppe di Ramesse III, che regnò in Egitto tra il 1197 ed il 1165 a.C, proprio nel periodo della guerra di Troia. Il troiano è ritratto a sinistra e accanto alla sua figura compare la scritta geroglifica “tjkary” (teucro) più altri appellativi. A destra c’è invece un guerriero con elmo cornuto che conosciamo bene di fronte al quale, a scanso equivoci, chi aveva scolpito il bassorilievo ne aveva anche trascritto le generalità e la provenienza in caratteri geroglifici. Nelle prime sei righe, a iniziare dall’alto, si legge testualmente: “sha-a-y-r-d-a-n-a”. Poi ci sono tre segni: il bastone da lancio “maat” (evidenziato dalla freccia), che identificava i popoli stranieri e che troviamo anche riprodotto in diversi bronzetti sardi tra cui quello riportato nell’immagine; l’ideogramma delle terre straniere montuose “hast”; la greca “n” che rappresentava l’acqua. Infine ci sono gli ultimi geroglifici che comprendono: l’anitra in volo, la doppia canna fiorita, l’avvoltoio, il braccio disteso e la triplice greca (mare), che nel loro complesso formano la parola “pa-y-a-a-mw” con cui gli egiziani del tempo individuavano i popoli del mare. Complessivamente la “carta d’identità” del guerriero porta scritto “lo shaa(y)rdana dei paesi stranieri che fa parte dei popoli del mare”.