TENETEVI LIBERI E CURATE I VOSTRI DIRITTI

di Antonello Gregorini

I fatti:

l’altro giorno una signora ha chiamato lo scrivente, Nurnet, per chiedere aiuto in quanto, dopo la morte del padre, essendo entrata nella sua abitazione, avendo trovato in un ripostiglio un patrimonio in reperti archeologici, aveva deciso di restituirlo immediatamente alla pubblica comunità, alla Res Pubblica.

I Carabinieri, però, presa la segnalazione, le hanno cortesemente chiesto di ritornare in altra occasione.

Da qui il consiglio da Nurnet, mio, di far verbalizzare la mancata consegna, per evitare di incappare nel reato conseguente. Dopo due giorni, a denuncia di ritrovamento effettuata, la signora ha deciso di rendere pubbliche le immagini dei reperti prima della consegna. Legittimo.

Ho inviato le foto a un amic* archeolog* che mi ha dato due indicazioni sul più probabile periodo e classificazione dei reperti. Poi, la Nuova Sardegna ha ripreso il post aggiungendo qualcosa di proprio.

Pubblicazione del post, grande successo di visualizzazione e commenti. La signora ha compiuto un gesto di responsabilità civica e il nostro pubblico l’ha onorata per questo.

Nurnet è nella Legge, io sono nella Legge e credo, mi auto referenzio, di aver compiuto, a mio volta, un dovere civico.

Il Diritto:

Le Carte Unesco, la Convenzione di Faro, sintetizzo, riconoscono al cittadino il diritto/dovere di curare il proprio Cultural Heritage (la traduzione in Patrimonio Culturale è limitativa rispetto al concetto di eredità, quale patrimonio di tutti e dell’individuo, riconosciuto come identitario, appartenente al suo Karma, Storia, comunitaria e personale, anche in rapporto alle proprie credenze).

Quando il Cittadino cura il Cultural Heritage, il Paesaggio, cura se stesso, la sua famiglia, la sua comunità.

ABBIATELO PRESENTE.

Mi hanno inviato il link scritto da una persona che, incidentalmente, è una archeologa, per giunta titolata. Il fatto che sia archeologa è incidentale, non qualifica l’intera categoria, DELLA QUALE HO NATURALMENTE STIMA, però questo è: L’appartenenza a una corporazione spesso incide sul pensiero e la formazione delle persone, soprattutto in un paese corporativo come il nostro, l’Italia.

In questo post si dice :

Nurnet- la rete dei nuraghi, un’associazione – per così dire – para-archeologica che da anni tenta di sostituirsi alle istituzioni preposte alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio della Sardegna. E, a quanto sembra, talvolta ci riesce, visto che si permette di dare comunicazione di un recupero di reperti prima che siano i carabinieri del nucleo per la tutela a farlo. D’altronde, è a Nurnet che si è rivolta la “benefattrice”, la quale desidera restare anonima ma precisa di essere un’insegnante. Ruolo che non esercita così bene, se è vero che conosceva “fin da piccola” i reperti custoditi illegalmente dal padre ma che – diventata adulta e dipendente dello Stato – non lo ha mai convinto a restituire. Ora che però il genitore-collezionista (o tombarolo?) è passato a miglior vita, si affretta a denunciare l’illecita detenzione di materiale archeologico, che afferma provenire da Tharros (sito del quale il padre era “appassionato”) e che spera possa essere esposto nel museo di Cabras.

A fare l’expertise degli oggetti è stata Nurnet, che ha divulgato le foto proprio nelle modalità con cui di solito operano i carabinieri. E La Nuova pubblica queste immagini, senza porsi minimamente il problema delle conseguenze, facendo passare una squallida vicenda per un atto esemplare. “

Un noto giurista sardo del passato mi disse: “nessuna Legge obbliga a danneggiarti.” La responsabilità penale è personale. Una figlia può costringere il padre a …? E se non riesce esserne responsabile? Chi ha scritto il post dovrebbe vergognarsi per ciò che pensa e per la cattiveria, verso la signora, che pubblicamente mostra.

Haters. I social sono infestati da hater e cattiveria.
Io e la mia famiglia, Nurnet, i miei amici, in passato, siamo stati diffamati per un anno da un anonimo blogger (poi finito in galera) e un certo numero di archeologi hanno diffuso (in particolare uno di Olbia) e fatto apologia di questa diffamazione, come se fossimo dei delinquenti. Perché abbiamo deciso di curare quella che pensiamo essere la nostra identità. Evidentemente un diritto che da taluni non ci viene riconosciuto.

Lo squallido post è stato commentato POSITIVAMENTE da “autorevoli” archeologi, un ex soprintendente e un professore universitario.

Dice bene Francesco, avendo tempo e voglia potrei querelare. Ma non ho né tempo né voglia.

Vado fiero di ciò che Nurnet ha fatto, fa e farà per l’Identità della Sardegna. Penso sia stato molto più di quel che forse ha fatto l’estensor* del post e i suoi commentatori.

Volevo dirlo a chi legge queste pagine, per definire la nostra posizione:

TENETEVI LIBERI E CURATE I VOSTRI DIRITTI. LE CONVENZIONI INTERNAZIONALI LI RICONOSCONO. ABBIATE CURA DELLA NOSTRA IDENTITA’