di Giorgio Valdès Ho avuto modo di rileggere, con piacere, il libro di Francesco Murroni “La Sardegna Preistorica e il Mediterraneo Antico”, in cui l’autore tratta con attenzione e competenza il tema generale di rapporti tra la Sardegna e le altre civiltà mediterranee. Tuttavia, nell’ultimo capitolo, si sofferma su un argomento che ha poco a che vedere con il Mediterraneo bensì con l’Isola di Pasqua, una terra, dispersa nel mezzo dell’Oceano Pacifico, che mi è capitato di citare piuttosto frequentemente in quanto ritengo costituisca l’esempio più eclatante della rilevanza dell’elemento identitario, nel caso in specie le statue Mohai, come straordinario attrattore turistico. A maggior ragione quando l’ambiente circostante non è certo dei migliori e i collegamenti non sono sicuramente a buon mercato (4000 km dalla costa cilena più vicina). Tuttavia in questo capitolo Murroni non parla di turismo, ma si sofferma in primo luogo su un articolo dell’Unione Sarda del 28 Dicembre 1997 che si titolava “Sorpresa, un nuraghe nell’Isola di Pasqua” e trattava dell’esperienza diretta vissuta dallo scultore Pinuccio Sciola, che sicuramente di pietre se ne intende, nel corso di una sua visita in questa terra “dimenticata da Dio” (ma non dagli uomini, visto che di viaggiatori ne arrivano circa 200 mila ogni anno). Riporto al proposito alcuni brani tratti dal libro, in cui Sciola diceva: “perché non hanno dato notizia di questa civiltà di una civiltà del passato….Credo che nel libro della civiltà di questa nostra terra manchino molte pagine, o forse certe vanno riscritte da un altro punto di vista….La grande emozione nel leggere un libro cileno che propone il nuraghe come osservatorio astronomico….il rapporto con le stelle”. In risposta ai quesiti di Sciola il professor Lilliu scriveva che “solo le stelle possono essere state un tramite di comunicazione. Per il resto, ci dovete aiutare voi artisti con la vostra fantasia. Anche la fantasia può essere utile nella interpretazione di fatti scientifici”. Parole sintomatiche di una grande apertura mentale e anche di grande conforto per quanti sono attratti dalle testimonianze più misteriose della storia come, in questo caso, la presenza di una costruzione simile a un nuraghe nell’Isola di Pasqua. Presenza che ipotizzo casuale ma che tuttavia si sposa con un’altra “stranezza”, sempre illustrata nel libro di Murroni, il quale propone una tabella dove “la prima serie di immagini che si susseguono verticalmente nelle varie colonne appartengono a una scrittura della valle dell’Indo” (subcontinente indiano) mentre “la seconda serie, affiancata, è scritta – in caratteri rongorongo – su tavole rinvenute sull’Isola di Pasqua. Entrambe le scritture sono tuttora indecifrate”. Si tratta sicuramente di un altro enigma irrisolto, almeno sino alla data di pubblicazione del libro in parola, ed è difficile non condividere il parere dell’autore quando osserva che “ la probabilità che quei due gruppi di figure non abbiano ‘collegamenti’ di alcun genere (materiali o culturali) sia pressoché uguale a zero….” Insomma, ancora tante coincidenze e altrettanti misteri! n.b.: le immagini in bianco e nero della tavoletta con scritta bilingue e del nuraghe dell’Isola di Pasqua sono tratte dal libro di Francesco Murroni