Un pomeriggio a Bulzi

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di Antonello Gregorini

Andrea Brianda è il responsabile della biblioteca comunale di Bulzi, appassionato di archeologia e chiamato, qualche anno fa, ad occuparsi della mappatura dei nuraghi e dei monumenti per la redazione del PUC.

Venerdì scorso avevamo fissato, con Andrea, l’incontro per la presentazione del libro “Un Nuraghe per Tutti”, all’interno dei locali del centro sociale e di aggregazione del Comune.

Essendo arrivato con un’oretta di anticipo ho chiesto la cortesia di essere accompagnato a vedere una porzione, seppur minima, del loro paesaggio archeologico e ci siamo avviati verso il nuraghe Sa Arula.

 

Il nuraghe S’Arula di Bulzi

 

Questo è un monotorre mai indagato e distrutto dal tempo e dalla vegetazione.

Mentre osserviamo ci racconta l’amico di Andrea, altro appassionato di Bulzi che ci ha seguiti in scooter, che anche lui non è mai entrato all’interno in quanto la volta precedente la tholos ospitava i cani dell’ovile contiguo.

Ci avviciniamo alla parete Sud Est dove è ubicato quello che Andrea mi indica come l’accesso alla tholos, ma che in realtà si tratta del paramento interno del nuraghe, oltre la “nicchia della guardia” in dx e l’inizio della scala elicoidale in sinistra.

Questi due vani sono inaccessibili in quanto l’interno è totalmente franato e pieno di conci. Resta tuttavia la traccia evidente del loro andamento, con la parte superiore della scala che riemerge sopra il vano d’accesso e aver compiuto il giro della torre.

Il nuraghe è coperto di rovi per cui, non avendo l’abbigliamento adatto ed essendo attesi a Bulzi, non ci immettiamo nell’interno.

“Peccato, ma sarà per la prossima volta, quando tornerete”, dice Andrea.

“Sarà difficile, Bulzi non est accant’e domu”, rispondo.

Nuraghe Sa Arula, Bulzi

 

“Peccato perché vi avrei voluto far vedere la “muraglia di Pedru Longu”, continua Andrea, “vedi lì”, e indica uno spoglio acrocoro nelle immediate vicinanze attorno al quale si vedono dei blocchi di roccia, a prima vista naturali, tipici della stratificazione di più colate vulcaniche.

“Guarda bene. Da qui non si vede ma ci sono dei massi, molto grandi, squadrati e sovrapposti, che ricordano le tipiche “muraglie” del periodo nuragico o pre nuragico. Avviciniamoci, voglio almeno fartelo vedere dalla strada.”

 

   

L’acrocoro di Pedru Longu

 

 

 

Ci avviciniamo. Andrea è preoccupato per i messaggi che arrivano da Bulzi: davanti alla biblioteca ci sono delle persone in attesa.

Siamo a duecento metri de Pedru Longu, si intuisce la presenza di una sequenza di conci, tuttavia, da questa distanza, potrebbe trattarsi di qualunque cosa. Insisto con Andrea e nonostante le mie scarpine da passeggio, e il ritardo maturato, ci avviamo verso il sito.

In effetti, come evidente anche nelle foto qui sotto, ciò che resta del muro tutto sembra meno che naturale.

Saliamo sopra il piccolo pianoro in vetta, su cui sono presenti delle costruzioni recenti. Adesso e da qui tutto risulta più chiaro.

La posizione dominante e la possibilità di presidio inducono a pensare che l’utilizzo dell’area non potesse essere trascurato dai costruttori di nuraghi.

Cerchiamo l’ingresso verso Sud Est.

Io racconto ad Andrea che sull’Isola sono tante le colline che i nuragici avevano coperto con dei presidi diversi dai tipici nuraghi. Penso a Saurecci (Guspini); Su Castedd’e Fanari (Decimoputzu); Riu Mulinu (Olbia), oppure ai presidi di Monte Ossoni (Castelsardo), Monte Baranta (Olmedo) ma anche tanti altri che adesso non sto ad elencare, dove dei ciclopici, o megalitici, ante murali sono ancora lì, a delimitare una porzione di terra all’interno della quale vi era qualche edificio di rilievo.

Penso anche alle muraglie che delimitano l’accesso a Barrancu Mannu (Terreseu), tutti luoghi affascinanti dove la sacralità si confonde con l’idea di fortezza e dominio, in parte dovuta all’altezza e alla visibilità da e verso questi siti.

 

Ciò che resta della muraglia di Pedru Longu

“Guarda là, vedi quelle case. Lì sotto ci sono i resti di nuraghe”, fa Andrea. “E adesso più a destra, sotto quel macchione c’è un trilobato. Invece li a sinistra il toponimo è “nuragheddu”, ma non c’è più niente perché la torre fu demolita per dar spazio alla strada”

La mappa sotto riportata mostra come Pedru Longu sia in qualche modo centrale a un’ellisse ideali di edifici nuragici, parte dell’abitato diffuso che con coerenza tappezza l’Anglona ma anche l’intera  Sardegna.

La pianta ricorda lo schema del cosiddetto “metodo Onnis”, per il quale gli insediamenti erano disegnati seguendo un ordine di chiusura circolare di una vallata, al centro della quale era fissato un luogo, un punto, sul quale si intersecavano le rette congiungenti le torri.

“Tu non sai che questo è il luogo dove venne ritrovato il “guerriero di Bulzi. Hai presente? L’ho postato di recente su Nurnet. Quella testa conica con i due occhi forati e la traccia del naso, con sopra gli apparenti resti di un copricapo. Di recente avete anche postato un articolo, di Atropa Belladonna (http://maimoniblog.blogspot.it/2015/07/toro-toro-toro.html),  nel quale si affiancava il betile ad altri ritrovamenti e si ipotizzava fosse la parte superiore di una composizione statuaria arcaica la cui pseudo testa era anche corredata di corna litiche, inserite negli incavi superiori di cui è probabile la presenza. Se così fosse, ciò, potrebbe significare che questo acrocoro fosse un luogo di culto, con dei betili attorno, delle statue elementari, arcaiche, ancora precedenti ai Giganti di Mont’e Prama, che mostrerebbero la capacità dei sardi di ideare una statuaria che si evolse sino alle magnifiche composizioni di Cabras.

E’ un luogo importantissimo anche dal punto di vista scientifico archeologico. Andrebbe indagato”

“Bello, ma quanto costerebbe uno scavo archeologico così vasto?”, penso io. “Comunque gli dedico un post per Nurnet.

“Dai Andrea, andiamo, che i nostri ospiti ci aspettano fuori dalla porta. Quello che tu dovresti fare, così come han fatto altri, è scrivere ciò che vedi. Hai fatto la mappa per il PUC di Bulzi, perché non la riporti sul Geoportale, fai le foto, e così doti la vostra comunità di un inventario digitale interattivo completo, ad utilizzo di tutti, che arricchirebbe il territorio e ne migliorerebbe la visibilità e la possibilità di essere capito da chiunque.

Il betile di Bulzi