di Antonello Gregorini
Prendo spunto dalla lettura del libro e delle teorie di César Hidalgo, “L’evoluzione dell’ordine. La crescita dell’informazione dagli atomi alle economie”, di cui consiglio la lettura, per proporre una serie di riflessioni sui nostri abituali temi.
https://www.ibs.it/evoluzione-dell-ordine-crescita-dell-libro-cesar-hidalgo/e/9788833928005
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Nonostante la sua formazione accademica sia quella di un fisico, Hidalgo, tratta temi che possono essere definiti economici e sociologici. Nell’introdurre all’argomento espone le più recenti teorie di fisica dell’informazione, spiega le ragioni per cui ormai si ritiene e si studia l’equivalenza fra massa, energia, informazione e quali simmetrie esistono fra l’entropia e l’informazione, i processi termodinamici e sociali, com’è che essi appaiano come elementi di processi con caratteristiche analoghe.
La bibliografia a cui nel testo si fa riferimento spazia pertanto dalla fisica newtoniana a quella quantistica, sino a quella varia delle cosiddette scienze sociali. Per Hidalgo gli strumenti della teoria dell’informazione consentono di comprendere meglio il problema dello sviluppo economico e le ragioni per cui la disposizione dell’informazione nelle società umane sembra determinare la possibilità di crescita e l’accumulo di valore.
Il tema, in passato, era appannaggio delle scienze sociali e della finanza. Tuttavia se l’informazione ha grande rilevanza nella formazione e nell’evoluzione delle nostre società umane e nelle organizzazioni che la compongono, appare anche vero che essa identifica il modo con cui si strutturano, si correlano e si dispongono gli oggetti fisici. Da questa constatazione scientifica vengono dedotte una serie di analogie su cui sviluppare ulteriore conoscenza.
La specie umana, a differenza dell’infinità delle altre specie, ha la capacità di conservare l’informazione, trasmetterla e replicarla su diversi livelli di elaborazione e complessità.
Come in natura gran parte dell’informazione trasmissibile è “compresa e compressa” negli oggetti solidi, così sembra accada per le nostre organizzazioni e la nostra storia.
Si pensi nel paleolitico quanta informazione venne trasmessa con la realizzazione della prima ascia, di una ruota o del sovrapporre più conci per realizzare un edificio in sostituzione di una caverna.
Si pensi come nell’età moderna la necessità di realizzare i grandi stabilimenti industriali, o i distretti industriali, corredati e affiancati da centri di studi e università, abbia inciso sullo sviluppo economico.
Gli oggetti solidi, esattamente come i solidi in natura, mostrano maggiori capacità di opporsi alla crescita dell’entropia e a quello che, dal nostro punto di vista, è considerato degrado della materia, dei sistemi e, quindi, perdita dell’informazione.
Hidalgo individua nell’industria il luogo del consolidarsi della conoscenza e del know how, concetti solo apparentemente sinonimi ma che in realtà si differenziano per la capacità di espressione della conoscenza e del saper fare.
L’uomo o le comunità di uomini creando oggetti “cristallizzano” informazione.
Hidalgo, nella sua esposizione, è capace di visualizzare una serie di connessioni fra la crescita dell’informazione e l’economia e quali siano i parametri, o i fattori, che possono determinarne una evoluzione in crescita o, al contrario, dissipativa.
Le reti con le loro relazioni, le topologie fra individui, fra organizzazioni e fra le stesse reti, le reti delle reti, sarebbero pertanto alla base della crescita dell’economia. Ove queste si dimostrano più aperte, meno corporative e burocratizzate emergono dei parametri d’ordine che determinano proprietà superiori alla somma degli elementi costituenti, esattamente come in natura sembra emergere ordine nei sistemi inizialmente caotici.
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Nel corso della lettura, in quanto sardi (una mia limitazione sentimentale e provinciale), si è portati a domandarsi in che modo la diffusione e l’accumulo positivo di informazione sia stato contrastato nella società sarda, certamente più povera di altre e attualmente, di nuovo, in chiara crisi e declino economico.
In quale maniera le occupazioni del territorio e le imposizioni di, o rinunce alla, sovranità; la chiusura verso l’esterno in posizione difensiva; l’invidia; il senso di inferiorità mal celato di cui parlano i nostri più autorevoli antropologi, tutte le cattive abitudini sociali, possano aver causato il mancato accumulo di informazione e del valore da esso derivante.
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Qualcuno potrebbe giustamente osservare che non sempre l’accumulo di informazione, la crescita delle industrie, porta “sviluppo economico” in territori con vocazione agricola o ambientale.
Così come si potrebbe dire che lo sviluppo economico senza “cura” di sé, e dell’ambiente, non è o potrebbe non essere positivo.
L’attualità delle nostre crisi economiche, ambientali, ecologiche, climatiche ne sono l’evidenza.
Tuttavia l’autore parla di sviluppo economico e in economia è raro (il profitto è il combustibile dei mercati e dell’economia), che si entri nella sfera etica o estetica. Si può essere d’accordo sul fatto che “sviluppo economico” non coincida sempre ed esattamente con benessere individuale, sociale ed ambientale, ma su questo servirebbe scrivere una stanza di libri e correggere generazioni di abitudini e informazioni, all’inseguimento di un equilibrio che esiste solo nella nostra mente etica, ma che in natura è assente.
Per portarci al piccolissimo della nostra Rete dei Nuraghi, della comunicazione che abbiamo fatto in questi anni e tuttora proponiamo, è naturale che siamo portati a essere suggestionati dalle teorie che Hidalgo visualizza. Lo siamo come fruitori/propositori di informazione ma lo siamo anche come Sardi.
Quante volte in questi anni abbiamo denunciato e contestato la mancanza di divulgazione e attestazione della nostra identità; l’oscuramento della storia; le mancate pubblicazioni; l’utilizzo di un linguaggio involuto ma giustificato dalla categoria della specializzazione scientifica; le censure; le pastoie e le gerarchizzazioni burocratiche che impediscono il libero scambio dell’informazione; la gelosia per l’informazione posseduta; le leggi che consentono un così basso grado di apertura, ecc.
Analogamente il discorso potrebbe essere proiettato verso la stessa nostra organizzazione e all’informazione che essa propone ai propri lettori, nell’ottica del piccolo contributo che può offrire allo sviluppo della Sardegna.
E’ stata ed è efficace?
E’ riuscita a ottenere qualcuno dei risultati sperati (creare più attenzione e valore verso Storia e Identità)?
Come può essere implementata, incrementata e migliorata?
Siamo riusciti a “far rete”, quindi a condividere in cicli continui della buona informazione?
Verrebbe naturale fare un appello, se solo si avesse l’autorità ma anche l’autorevolezza per essere ascoltati:
DOBBIAMO ESSERE PIU’ APERTI, STUDIARE E DIFFONDERE CIO’ CHE APPRENDIAMO, APPLICARLO CON CORAGGIO E ATTENZIONE PER IL BENEFICIO COMUNE, SENZA ALCUNA REMORA.
Perché
“L’INFORMAZIONE DIVENTA MAGGIORE QUANTO È MAGGIORE LA CULTURA, IL QUADRO TEORICO, CON CUI LA PROCESSIAMO.”