Al confine tra Mito e Realtà

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di Giorgio Valdès

In un articolo pubblicato tempo fa dall’ufficio stampa della Rai si leggeva quanto segue:

“Nel 366 a.C. il filosofo Platone viene invitato a Siracusa per partecipare alla costruzione di un governo ideale, e forse è proprio in Sicilia che, a contatto con i fenici, inventa il mito di Atlantide.

Un’ipotesi affascinante sostenuta dai dialoghi platonici Timeo e Crizia, e dalla visita alla città fenicia di Mozia”.

Non sappiamo se Platone, scrivendo del regno di Atlante fantasticasse o avesse in mente un luogo reale mitizzato.

Sta di fatto che nella ricerca di quest’isola, posizionata al di là delle altrettanto mitiche “Colonne d’Ercole” e un giorno colpita dalla furia di Poseidone, dio del mare, si sono cimentati da tempo immemorabile non solo semplici appassionati ma anche archeologi, storici, professionisti specializzati in diverse discipline e docenti universitari provenienti da tutto il mondo.

A ritenere che tutti questi ricercatori siano dei creduloni o personaggi “fuori di testa” si commette un peccato di presunzione, perché i miti sono  parti inscindibili della storia e come tali meritano d’essere attentamente  valutati ed indagati.

Ma il fatto che Platone si fosse recato a Mozia, una delle più importanti città fenicie della Sicilia dovrebbe comunque far riflettere.

Difatti il filosofo soggiornava a Siracusa, dall’altra parte dell’isola, e a quei tempi un viaggio “coast to coast” sarebbe stato lungo, faticoso e denso di pericoli.

Ma Platone lo affrontò, e quindi ci sarebbe da capire per quali ragioni allora volle recarsi così lontano.

Forse perché, come scriveva nel 1858 nella sua “Storia Universale” Costantino Hofler, professore di Storia dell’Università di Praga: “Malta e Sicilia si ponno considerare come le prime colonne d’Ercole della navigazione; furono quindi spinte fino a Sardegna e Africa; finalmente sino a Spagna e Africa”.

Possiamo quindi immaginare che una volta raggiunte le “Colonne”, Platone avesse volto lo sguardo verso il lontano orizzonte, sapendo che laggiù esisteva un’isola tanto leggendaria quanto irraggiungibile dai greci, proprio perché in quel tratto di mare tra la Sicilia e l’Africa, i punici avevano innalzato una “cortina di ferro” invalicabile.

Ma si deve soprattutto alla penna ed alla caparbietà di Sergio Frau se questi argomenti, che con ottima probabilità si collegano saldamente alla nostra isola, non siano stati relegati nell’angolo buio di una soffitta, come avrebbero voluti i numerosi studiosi e “addetti ai lavori” che organizzarono una raccolta di firme per sconfessare il suo lavoro.

E si deve sempre a Frau la ricerca delle prove e degli indizi a sostegno di quanto ipotizzato da Hoffler in merito al posizionamento delle “Colonne d’Ercole” ai lati del Canale di Sicilia.

Sta di fatto che la mitizzazione di una terra che per ragioni geografiche, ambientali e quant’altro, veniva (a ragione) percepita  come una meta ambita, irraggiungibile e addirittura impregnata di sacralità, non deve e non può stupire.

E poco importa se  questa terra non sia stata indicata con il suo vero nome ma identificata come l’isola in cui regnavano Atlante e i suoi nove fratelli, nati dall’unione di Poseidone con la ninfa Clito.

E’ difatti ragionevole che Platone avesse voluto rimanere ermetico, lasciando ai posteri l’onere e per certi versi il gusto della ricerca di quella terra misteriosa, da Frau identificata con la Sardegna: l’isola posta nel mezzo del mare d’occidente, il “Grande Verde” degli antichi egizi, che Camillo Cinalli, accademico per le scienze e le arti, riteneva fosse “l’Isola Sacra dell’antichità”.

Siamo tuttavia ben consapevoli che trasferire le “Colonne” dallo stretto di Gibilterra al Canale di Sicilia faccia storcere il naso a molti, e  non solo agli spagnoli, che hanno speso fortune per individuare la mitica Tartesso e per converso la terra di Atlante nei pressi di Cadice.

Ma si tratta di un “trasloco” non certo sostenuto dalla fantasia di qualche appassionato sognatore o di qualche “fantarcheologo”- a voler utilizzare uno sgradevole termine coniato da chi ritiene d’avere la verità in tasca-, ma dal contributo di tanti eminenti studiosi e uomini di scienza, che hanno espresso in merito le rispettive opinioni nel volume “Atlantikà”, che sempre Sergio Frau ha voluto allegare come corollario al suo primo libro “Le Colonne d’Ercole, un’inchiesta”.

Tra i tanti qualificati pareri, per esigenze di sintesi, ne abbiamo scelto solo alcuni, particolarmente significativi:

  • Azedine Beschaouch, (archeologo e storico, accademico di Francia, già consigliere scientifico del Settore Cultura Unesco, già Capo della Sezione Patrimonio Mondiale):                “..La proposta di ubicare le Colonne tra la Sicilia e la Tunisia per me è una cosa ovviamente storica. … non possiamo leggere altrimenti la storia del Mediterraneo!”
  • Louis Godart (accademico dei Lincei, antichista, consulente per l’arte e l’archeologia del presidente Giorgio Napolitano): “Condivido pienamente la tesi secondo la quale le Colonne di Ercole a un certo momento della storia del Mediterraneo antico non fossero collocate allo stretto di Gibilterra, ma bensì nel Canale di Sicilia…”
  • Andrea Carandini (archeologo dell’età classica, docente di archeologia all’Università “La Sapienza” di Roma): “…devo dire che effettivamente se quest’isola deve essere oltre le Colonne d’Ercole, … se c’è un corrispettivo, certo la Sardegna comincia a essere una candidata importante, e per questo una soprintendenza intelligente, uno stato intelligente dovrebbe fornire mezzi per testare questa ipotesi”.
  • Mounir Bouchenaki (archeologo e antichista, direttore generale dell’ICCROM, già vice-direttore per la Cultura dell’Unesco): “Allora, Andrea (Carandini), lei ha totalmente ragione: questa ipotesi dovrebbe essere ancora discussa, presentata agli studiosi e dovrebbe fare parte dei temi di ricerca sia in Italia sia in altri paesi particolarmente delle due sponde del Mediterraneo.”
  • E infine Giovanni Lilliu, il nostro grande archeologo ed Accademico dei Lincei, che in merito alle “Colonne d’Ercole” ne affermava la collocazione: “tra la collina di Byrsa a Cartagine e l’isola di Mozia in Sicilia, avamposti strategici del mondo punico alla frontiera col mondo dei Greci”.

Non vogliamo dilungarci riportando i numerosi altri interventi contenuti nel citato volume, ma auspichiamo che quanto sin qui descritto possa ispirare una certa curiosità e mitigare lo scetticismo che in genere accompagna i miti e ancora più spesso  penalizza la nostra isola, che ha visto per lungo tempo disconosciuta la grandiosa e unica civiltà che in essa si svolse nel corso della protostoria.

Sta di fatto che riunire i tasselli di ciò che avvenne  in Sardegna in tempi remoti e riferire  come l’isola fosse percepita ai tempi “che erano antichi per gli antichi” non è sicuramente impresa agevole. Ma ancora una volta si deve rendere merito a Sergio Frau se, tra le tante attività poste in essere per raccontare di quell’isola felice posta al di là delle “Colonne d’Ercole”, ha voluto realizzare  l’affascinante museo di Sorgono, che presenta come fiore all’occhiello una serie di pannelli che seguendo una successione logica, accompagnano il visitatore lungo percorsi espositivi assolutamente coinvolgenti. https://www.museodisorgono.it/museo/

La scelta di Sorgono, paese situato al centro esatto della Sardegna, non è stata peraltro casuale per i motivi che la visita al museo potrà rivelare (lasciamo a chi vorrà visitarlo la scoperta), ma per quanto ci riguarda vogliamo ricordare che nel territorio circostante, si può visitare il parco archeologico di Biru ‘e Concas, che presenta la più alta concentrazione di menhir (perdas fittas) dell’intero Mediterraneo, tutti concentrati in un’area di circa 5 ettari e siti in prossimità del Santuario di San Mauro e di diverse altre testimonianze dell’Età del Bronzo, tra cui spicca il maestoso protonuraghe Talei.