Il collasso dell’Età del Bronzo

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di Giorgio Valdès

Nel libro “Il tramonto dei nuraghi” l’autore, Massimo Rassu, scrive che “ è ormai appurato che nell’arco di alcuni decenni tra il 1200 e il 1100 a.C. in Sardegna la cultura dei costruttori di nuraghi e tombe di giganti subisce una profonda rivoluzione. Non fosse altro per la singolare coincidenza temporale, analoghi cambiamenti sono attestati nel Vicino Oriente, con l’arrivo dei Filistei in Palestina, con le incursioni dei Popoli del Mare contro l’Egitto, con la famosa guerra di Troia, con l’estinzione della maggior parte delle civiltà nel Mediterraneo orientale, nel Peloponneso, nell’Assia Minore e in Palestina e Siria.” Scrive inoltre che “Il quadro tracciato induce tanti interrogativi sulle possibili cause dell’improvvisa implosione della civiltà nuragica. La stragrande maggioranza degli stanziamenti nuragici esaminati  con scavo scientifico riporta testimonianze di conclusione traumatica del popolamento umano alla fine dell’età del Bronzo, caratterizzata da:

  • Crollo improvviso;
  • Abbandono repentino;
  • Interruzione insediamento;
  • Spopolamento per secoli.

Non deve essere facile per una comunità andarsene via da un insediamento, dopo secoli di permanenza. Ciononostante non si riesce a immaginare quali motivazioni abbiano spinto tante famiglie, tribù, clan, ad abbandonare in maniera così improvvisa i loro rifugi, le loro dimore…”.

Se adesso ci spostiamo nel Mediterraneo orientale e in particolare in Egitto, leggiamo al proposito cosa scrivono Berni e Longhena nel loro libro “Una nuova preistoria umana”, incentrato soprattutto sulle vicende dell’Egitto faraonico. E’ importante premettere che nello stesso libro viene spesso citato il termine “Haou-Nebout” e la dizione “Nove Archi”. Senza entrare nei particolari, in estrema sintesi  con la parola “Haou-Nebout” si indicavano le isole e le relative popolazioni che stavano in mezzo al “Grande Verde” mentre i “Nove Archi”, sempre secondo gli autori, erano “le nove razze che per gli Egizi rappresentavano l’intero genere umano”. In testa ai “Nove Archi”, nelle rappresentazioni geroglifiche, compaiono sempre gli “Haou-Nebout” e si tratta di un fatto non casuale, perché il popolo nilotico curava i particolari in maniera quasi maniacale e il primo posto attribuito a questa etnia significava che proprio dagli “Haou-Nebout” provenivano i maggiori pericoli per la terra d’Egitto. Per quanto si riferisce al “Grande Verde”, in cui erano collocate le loro isole, secondo il professor Giovanni Ugas (“Shardana e Sardegna”) questa espressione indicava il mare che circondava “un complesso di terre insulari o comunque rivierasche mediterranee del lontano Occidente di cui facevano parte innanzitutto la Sardegna con la Corsica e la Sicilia”.

Riprendendo la lettura del libro di Berni e Longhena, a proposito delle testimonianze egizie, si legge che <<Gli Egizi testimoniano un evento climatico assolutamente eccezionale che non aveva avuto il suo epicentro in Egitto, né qui si erano manifestati gli eventi più catastrofici. E’ nell’Haou-Nebout ad essersi scatenata la furia divina come una sorta di fine del mondo o diluvio universale>>. In un inno dedicato a Ramesse III  tradotto da A.Nibbi (The Sea Peoples: A Re-examination of  the Egyptian Sources -1972) è scritto che <<la paura di lui è in tutte le terre e su tutte le pianure perché è Amon che ha creato l’Haou-Nebout. Il suo terrore è localizzato nel Grande Circolo, perché è Amon che circonda i Nove Archi>> . (per inciso: Amon Ra era la massima divinità solare egizia). Sempre Berni e Longhena scrivono che <<I testi di Medinet-Habu sono molto meno specifici e testimoniano che l’Haou-Nebout e i Popoli del Mare sono stati colpiti dalla potenza di Amon-Ra per opera della dea Sekhmet, che ne possiede la forza distruttiva ed è colei che ne scaglia le folgori.>>…<<Ecco cosa si legge nelle mura del tempio: “Il grande calore di Sekhmet si è mischiato con quello dei loro focolari, cosicché le loro  ossa s’incendiano all’interno dei loro corpi. La meteora (the Shooting Star) fu terrificante per come li perseguitò mentre la terra (d’Egitto) era serena” (per inciso, la traduzione è di W.F. Edgerton e A. Wilson: “Historical Records  of Ramses III, The Texts in Medinet Habu – 1936). <<…si tratta della caduta di un astro celeste che innescherà una serie di fenomeni distruttivi dalle conseguenze devastanti. Anche se mutili i testi tratti da Medinet-Habu sono del tutto espliciti (Edgerton e Wilson): “Così per i Paesi Stranieri (…), distruzione alle loro città, furono devastate in un attimo, i loro alberi e le loro genti sono diventati cenere. Essi presero consiglio dai loro cuori: verso quale luogo andremo? I loro capi vennero (…) con i loro beni e i loro figli sulla schiena in Egitto”. Si afferma inoltre in numerosi passaggi di oscillazioni e movimenti tellurici nonché di una “gigantesca ondata di marea” che ne aveva spazzato via le città e i villaggi. E’Amon-Ra che parla a Ramesse III affermando che mentre l’Egitto è risparmiato dal suo benefico abbraccio “l’Oceano e il Grande Circolo sono sconvolti dall’oscillazione e dall’ondeggiamento” e così prosegue (Edgerton e Wilson): Ti diedi la mia spada per distruggere i Nove Archi e misi per Te tutti i paesi sotto i Tuoi piedi. Feci in modo che essi vedessero la Tua maestosità come forza del Nun quando distrusse e cancellò le loro città e i loro villaggi, con un’onda d’acqua”. I Popoli del Mare sono i sopravvissuti ad un gigantesco Tsunami espresso dalla forza del Nun, la forza cosmica dell’oceano che distrugge e dà vita>>…<< Al nostro esame i testi di Medinet-Habu appaiono quindi assolutamente illuminanti ed esprimono una sequenza del tutto logica, a cominciare dalla caduta di ciò che Edgerton e Wilson tradussero come “Shooting Star (meteorite) allo Tsunami, gigantesca onda di marea che segue necessariamente la caduta in oceano di un astro del cielo. I sopravvissuti di questo catastrofico evento furono in seguito stremati   da scosse telluriche ed eruzioni vulcaniche che trovano conferma nei testi di Medinet-Habu, in cui si afferma che “le isole non avevano riposo”. Il testo egizio utilizza spesso applicato alle isole uno specifico verbo dal significato di “saltare” che includerebbe però un movimento repentino, violento. Le isole non avevano quindi né pace né riposo ma letteralmente “saltavano” scosse violentemente da scariche telluriche incessanti.

Anche l’espressione utilizzata dagli Egizi a riguardo delle vittime della cometa o meteora, in cui si afferma che “le loro ossa si incendiano all’interno del loro corpo”, risulta particolarmente suggestiva poiché un simile effetto si riscontra proprio nelle vittime di esplosioni nucleari come osservato in Giappone alla fine della Seconda guerra mondiale.>>…<<Anche la Bibbia è molto esplicativa poiché definisce i Filistei (uno dei nove Popoli del Mare) come “i sopravvissuti delle isole”>>

Ci sarebbe anche da domandarsi da dove provenissero in realtà questi Pheleset/Filistei, ma questa è un’altra storia. Sta di fatto che le considerazioni di Rassu e quelle di Berni e Longhena sono particolarmente interessanti e meritevoli di opportuno approfondimento per tentare di comprendere cosa successe realmente nel Mediterraneo alla fine dell’età del Bronzo e cosa capitò in particolare alle popolazioni che dimoravano nella nostra isola. Un problema che auspichiamo trovi adeguata soluzione nelle ricerche e negli studi degli esperti di settore.

 

In allegato: la riproduzione di un bassorilievo di Medinet-Habu che ritrae guerrieri Pheleset (Filistei) e Shardana insieme a carri trainati da buoi ed occupati anche da giovani. Si trattava forse di un esodo?