di Valeria Putzu
In Calabria si conosce da tempo uno splendido reperto nuragico: la navicella trovata tra gli oggetti votivi nel tempio di Hera Lacinia a Capo Colonna, e ora conservata nel museo Archeologico di Crotone (foto 1).
Per anni questa navicella è stata una sorta di unicum: la navicella giunta nel punto più meridionale, mentre le altre erano state trovate in ambito etrusco, questa era finita in una zona dove gli Etruschi si incontravano con i greci delle prime colonizzazioni dell’Italia meridionale.
Secondo gli studi effettuati in questi ultimi anni dal Prof. Marco Pacciarelli Dell’Università di Napoli Federico II, questo reperto non è più l’unicum isolato che si pensava, infatti negli ultimi anni sono stati trovati altri tre reperti in vario modo collegati con la Sardegna.
A Torre Galli, in una necropoli con periodi di occupazione che vanno dal primo ferro (X-IX sec., anche se con qualche reperto attribuibile all’età del bronzo) e una successiva al VI sec. A.C. è stata trovata, nell’area corrispondente al primo periodo di occupazione della necropoli, una protome bovina di bronzo (foto 2),
geometricamente molto schematica, molto probabilmente si tratta di un frammento di un manufatto più grande (forse una navicella?). Questa protome è stata pubblicata in M. Pacciarelli – F. Lo Schiavo, A proposito di interazione culturale. Una piccola protome bronzea di stile nuragico da Torre Galli, in: L. Cicala – B. Ferrara (eds.), «Kithon Lydios». Studi di storia e archeologia con Giovanna Greco (Napoli 2017), pag. 703–725. Ringrazio il prof. Pacciarelli per avermi gentilmente inviato copia della pubblicazione.
La protome ha il muso tronco e privo di bocca, due anellini nel punto in cui corrisponderebbe la posizione di occhi e orecchie, corna a U cilindriche terminanti il globetti, un lungo collo di sezione sub-rettangolare con 3 forellini. Le dimensioni totali del reperto sono 5,4 x 2,9 cm. Se da un lato ci sono similitudini con alcune protomi di navicelle nuragiche, dall’altro contrasterebbero con l’attribuzione nuragica gli anellini e i fori per l’inserimento di catenelle alla base del collo, assenti nella cultura nuragica e presenti invece in alcune produzioni dell’Etruria Meridionale/Campania (vedi un carrello votivo trovato a Salerno). Ma quello che fa decantare gli autori nel considerarla una produzione nuragica sono le sferette sulla punta delle corna, assenti nelle altre culture.
Oltre a questa protome sono stati rinvenuti due reperti che denotano un collegamento con la Sardegna. La relativa pubblicazione è facilmente reperibile in Internet: R. Jung – M. Mehofer – M. Pacciarelli – E. Pernicka, The Metal Finds from Punta di Zambrone and Other Sites, and the Bronze Age Metal Supply in Southern Calabria. Si tratta di una ricerca archeometallurgica volta a stabilire l’origine dei reperti trovati principalmente nell’area di Punta Zambrone, ma che abbraccia anche altre zone limitrofe. I reperti di cui parliamo sono una fíbula ad arco trovata sempre a Torre Galli (foto 3)
e una spada a lingua di presa di tipo “Cetona” trovata a Vibo Valentia (foto 4), in entrambi i casi i reperti sono di probabile fattura etrusca, perlomeno lo stile non risulta affatto sardo, ma entrambi i reperti sono risultati composti da rame proveniente dalle miniere sarde. Quindi riassumendo, oltre alla navicella del tempio di Hera Lacinia a Capo Colonna, abbiamo una protome in cui si mischiano vari elementi sardi (forma e proporzioni della protome, sferette sulle corna), con alcuni etruschi (le catenelle assenti nelle protomi sarde) e due reperti di fattura non sarda, ma realizzati con rame sardo. Quindi si potrebbe forse ipotizzare che la navicella non sia semplicemente finita in Calabria portata per caso dopo una serie di scambi in un posto lontano dal suo sito di produzione, come si pensava anni fa, ma che invece ci fosse una rete con rapporti commerciali stabile e in cui forse avvenivano interazioni tra artigiani sardi ed etruschi.