Di Lucio Pascarelli e Antonello Gregorini
Oggi, l’intera umanità deve affrontare una sfida comune: I combustibili fossili hanno dato impulso alla rivoluzione industriale e per i primi 100 anni hanno indubitabilmente contribuito a un progresso tangibile. Ma già 50 anni fa, le compagnie petrolifere avevano modellato e compreso i danni che il consumo di combustibili fossili avrebbe causato al pianeta, danni oramai ben evidenti anche in Sardegna con la progressiva desertificazione nel sud dell’isola prevista da almeno 20 anni.
Per proteggere i loro interessi l’industria del fossile ha investito grandi risorse politiche e mediatiche per negare il cambiamento climatico, sostenendo anche che energie rinnovabili come il solare e l’eolico fossero costose o persino dannose per l’ambiente. Questa disinformazione è tuttora in corso in tutto il mondo proprio per ritardare la transizione.
Tutto ciò è dimostrato dagli innumerevoli studi e da oltre 2.500 cause legali contro governi e compagnie. Questa manipolazione politica e mediatica è tuttora in atto anche in Sardegna, dove qualsiasi ritardo nell’implementazione delle FER beneficia enormemente chi, in Sardegna, produce energia da fonti fossili a danno dell’ambiente e della salute dei sardi.
L’evoluzione tecnologica sta invece dimostrando che SI PUO’ essere contrari all’eolico in Sardegna, specialmente a quello on-shore. Non solo per motivi estetici legati al paesaggio ma soprattutto per ragioni economiche.
Il fotovoltaico su larga scala, oggi, ha raggiunto costi di produzione estremamente bassi, attorno a 1 centesimo a KWh, rispetto ai 3 centesimi dell’eolico. Inoltre, entro il 2030, i costi del fotovoltaico così come le accoppiate batterie, sono destinati a diminuire di un ulteriore 80% grazie alla rapidissima crescita di centri di produzione in Cina ma anche in Europa e Americhe.
È evidente che, in una regione come la Sardegna, con una grande abbondanza di sole, le pale eoliche, per quanto supportate inizialmente da fondi come quelli del PNRR, diventeranno rapidamente antieconomiche. Una turbina eolica rischia di trasformarsi in un refuso industriale entro un decennio, ben prima della sua vita utile di 25 anni, aumentando l’impatto negativo sul paesaggio.
È quindi urgente investire strategicamente nel fotovoltaico, nel solare e nella conservazione dell’energia prodotta, nelle reti di distribuzione intelligenti a favore dei produttori consumatori, verso l’interno, ma anche verso l’esterno per compensare i momenti di scarsa produzione locale.
Per i piccoli comuni, tramite impianti pubblici e privati condivisi in comunità energetiche; per i grandi centri urbani sono invece inevitabilmente necessari impianti su larga scala. Le città non dispongono di sufficienti superfici solari per soddisfare i loro bisogni, ma posseggono ampie zone marginali, molto o relativamente compromesse, oltre a infrastrutture con fasce di rispetto che possono diventare idonee al loro utilizzo per la produzione di energia.
Ed è proprio qui che la civiltà nuragica crea una delle diverse unicità del paesaggio Sardegna. Il Geoportale di Nurnet è la dimostrazione grafica che il territorio sardo è completamente saturo di nuraghi, proto-nuraghi, domus de janas e menhir, insediamenti e quant’altro.
La Pratobello 24 rende tutto il territorio sardo non-idoneo all’installazione di impianti eolici o fotovoltaici per il dettato dell’articolo 2.5.b strettamente connesso all’articolo 3 i quali, essenzialmente, vietano tutto negli “areali panoramici” da aree di interesse archeologico.
Si possono avere posizioni radicali del genere:
“in Sardegna non esistono aree idonee”;
“nel passato siamo stati talmente gravati da depauperamenti del territorio, disboscamenti forsennati, sfruttamenti minerari, servitù militari su vastissime aree oggi desertiche e sottosviluppate, per cui possiamo chiedere che l’energia venga prodotta altrove e inviata qui”.
Ancora: “La Sardegna deve essere vista nella programmazione italiana ed europea come una riserva del benessere, del paesaggio incontaminato, dell’unicità archeologica, laboratorio per lo studio di tecnologie e fisica di altissimo livello (Einstein Telescope e altri) per i quali è necessario “eliminare il rumore ambientale”.
Ma cerchiamo almeno di produrre l’energia che serve a noi sul suolo sardo, e non dipendere energeticamente dal continente o il resto del mondo, come invece dipendiamo oggi con il fossile.
Però, ribadendo, non si può negare la realtà dei cambiamenti climatici e della necessità per adattamenti sociali conseguenti con teorie complottiste e ascientifiche.
I Sardi, con le loro classi dirigenti e il corpo legislatore sono chiamati ad effettuare delle scelte: Essere manipolati dalle lobbies del fossile o accettare qualche impianto fotovoltaico anche in prossimità dei siti archeologici di minore valore paesaggistico, scientifico e archeologico?
Fare nulla non è più un’opzione, perché dal 2025, con l’eliminazione del Prezzo Unico Nazionale (PUN), le tariffe energetiche dipenderanno dalle fonti di produzione locali. Con il 75% della nostra energia ancora basata sui fossili, i Sardi pagheranno un prezzo più alto in termini di costi energetici, sia perché le rinnovabili sono ormai molto più economiche, sia perché le carbon tax continueranno a crescere.
In addendum, a quelle persone che commentano sulla pagina sostenendo che Nurnet non debba coinvolgersi in queste problematiche diciamo, una volta per tutte, che Nurnet, per il proprio statuto, si occupa della società sarda, del suo paesaggio e tradizioni.
Nella battaglia ideale fra tutela del paesaggio, dell’ambiente inteso come aria e clima, ma anche riguardo le bollette più care, bisogna ragionare razionalmente avendo ben presenti le relazioni di causa ed effetto, per noi e per le generazioni future.