I nuraghi del Sinis

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di Giorgio Valdès

In rosso, nel secondo allegato, sono rappresentati gli allineamenti tra nuraghi nell’area del Sinis. Ciascun allineamento ne coinvolge almeno tre. Siccome per un’elementare regola geometrica è sempre possibile tracciare una retta che congiunga due punti, mentre la stessa retta può intercettare un terzo punto solo casualmente (salvo che il terzo punto sia stato appositamente posizionato lungo tale direttrice), le ipotesi conseguenti sono due: o gli allineamenti di tre (o più) nuraghi sono casuali o tali allineamenti a gruppi di tre o superiori sono stati stabiliti a priori da chi li ha realizzati. Tuttavia, se tutti o quasi tutti i nuraghi di un sito (ma il discorso vale per l’intera Sardegna) seguivano questa regola, è certamente irragionevole parlare di casualità ma casomai di una sorta di pianificazione territoriale “ante litteram” che consentiva, tra l’altro, di ottenere un controllo puntuale del territorio. Nel caso del Sinis il sistema degli allineamenti era particolarmente fitto; il che lascia supporre che in periodo nuragico questa penisola avesse assunto un importante ruolo strategico e, con altrettanta probabilità, una notevole valenza sacrale. Circostanza verosimile se si pensa ai ritrovamenti di Monte ‘e Prama e a tutti i tesori archeologici che -secondo le prospezioni con il geo-radar effettuate dall’equipe del professor Ranieri-, il sottosuolo del Sinis ancora nasconde (per inciso, un avamposto nuragico era presente anche sull’isolotto di Maldiventre/Malu Entu).

A proposito di questi allineamenti, Dolores Turchi, nota studiosa di tradizioni popolari, scrive nel suo libro “Lo Sciamanesimo in Sardegna”, come fosse assai probabile “che da un nuraghe all’altro si trasmettessero messaggi con segnali particolari…perché da un nuraghe in genere se ne vedevano altri due”. A conferma di questa ipotesi la stessa Turchi osserva che “anche il paese di Cabras rammenta un messaggio di morte che viene inviato da un nuraghe all’altro: De s’uraghe de Sianeddu a s’uraghe de Zianneddu: naraddi a sa ‘omai Orca che sa fiza sua est morta” (“Dal nuraghe di Sianeddu al nuraghe Zianeddu: riferisci a comare Orca che sua figlia è morta”). “C’è da notare”, prosegue la Turchi, “che in questo messaggio l’abitatrice del nuraghe è chiamata comare Orca (da Orcus, divinità degli inferi). Questo pone la jana-fata-orca in diretta comunicazione con il mondo dei defunti, dandole chiare connotazioni sciamaniche. Non a caso molti nuraghi vengono chiamati Sa domu ‘e s’Orcu, come pure molte tombe di gigantri”.

In allegato: i nuraghi Angioi Corruda, Figu de Cara Mannu, Leporada, Sianeddu I e II e Caombus negli scatti di Alessandro Pilia. Il nuraghe Sa Domu ‘e s’Orku di Dolianova e la tomba di giganti Sa Domu ‘e s’Orku di Siddi sono ritratti negli scatti di Francesca Cossu e Diversamente Sardi.