di Giorgio Valdès
Mi è capitato tra le mani un vecchio articolo in cui si parlava della ricerca di Tartesso, la biblica terra dei metalli, nel territorio circostante la città spagnola di Cadice. Una ricerca che aveva coinvolto anche le Università di Huelva e quella americana di Hartford, oltre ad un nutrito stuolo di studiosi pluridisciplinari.
Ma la Tartesso iberica non mi ha mai convinto e quindi, qui di seguito, reitererò alcune brevi considerazioni a sostegno della mia opinione.
Parto da un racconto leggendario e mi scuseranno tutti quelli che al solo accennare a un mito o ad una leggenda vengono colti da reazioni esantematiche.
Ovidio, nelle sue “Metamorfosi”, così descriveva le tristi vicende della ninfa Canente, impegnata invano nella ricerca del suo amato sposo, che la maga Circe aveva trasformato in un picchio: “Sulle spiagge di Tartesso si spegneva il tramonto del sole e invano gli occhi e il cuore di Canente avevano atteso il ritorno dello sposo. Servitori e popolo al lume delle torce perlustrano in ogni luogo tutte le selve. E la ninfa non si accontenta di piangere, di strapparsi i capelli, di percuotersi il petto; fa, sì, tutto questo, ma poi corre fuori e vaga impazzita per le campagne del Lazio. Per sei notti e per sei giorni, quando tornava a splendere il sole, fu vista vagare senza dormire e senza cibarsi per monti e valli, dove la guidava il caso. L’ultimo a vederla fu il Tevere…”
Mi pare scontato che, rispetto al Lazio ed al corso del Tevere in particolare, le prime spiagge ad occidente, dove tramonta il sole, non potevano che essere quelle della Corsica o della Sardegna e non certo (come è opinione comune) quelle situate sulla costa Atlantica della Spagna in prossimità del Guadalquivir.
Il mio “sardo-centrismo” mi porta ad individuare la Sardegna o un suo territorio (e non la Corsica) con la biblica Tartesso; e a riprova di ciò si possono presentare numerosi indizi. Non è opportuno elencarli tutti in questa sede, e per brevità espositiva ne propongo solo alcuni. Il professor Luca Antonelli, insigne latinista e grecista nonché strenuo assertore di una Tartesso iberica, scriveva che secondo Avieno, “nella regione tartessica esisteva un Argentarius mons e che la tradizione focea applicava probabilmente a un rilievo dell’area Andalusa e per estensione al re della regione, un oronimo ( il nome di un monte) conosciuto sulle coste della Pontide ed in qualche modo legato all’estrazione dell’argento ed infine che dal monte dell’argento scenderebbe il fiume Tartesso”. Per maggior chiarezza, il passo di Avieno vuole significare che quando Argantonio, primo re storico di Tartesso, abbandonò per varie ragioni la sua prima Tartesso che si trovava nella Pontide, trasferì il suo regno in una lontana terra (che l’Antonelli posiziona in Iberia), dando il suo nome al monte che era alle sue spalle, in qualche modo legato all’estrazione dell’argento (quindi il monte fu chiamato Argantonio o qualcosa del genere).
Inoltre, insieme ad Argantonio lasciò la Pontide anche la popolazione pastorale dei Berbekes/Bebrici, vicini di casa di Argantonio che quindi, insieme al proprio re Mandrone occuparono una regione posta oltre il fiume Tyrius (Scrive il professor Antonelli che “Avieno attesta la presenza di una popolazione locale dal significativo nome di Berybraces -Ora 485: Berybraces illic, gens agrestis et ferox / pecorum frequentis inter errabant greges-, poco oltre il fiume Tyrius…”) Regione che l’Antonelli identifica con l’Andalusia, mentre il Tyrius, a suo giudizio, dovrebbe essere il Guadalaviar.
Ho il massimo rispetto per le ipotesi del professor Antonelli, ma se mi è consentito esprimere un parere, non è che il monte il cui nome ricorda il re Argantonio potrebbe essere l’Arzanadolu, rilievo posto tra Gadoni ed Aritzo? E ancora: l’”Argentarius mons” non potrebbe identificarsi con il Gennargentu, il fiume Tyrius con il Tirso e il fiume Tartesso con il Flumendosa? E inoltre, può essere che l’etnia pastorale dei Berbekes/Bebrici abbia qualcosa a che vedere con i Barbaricini e la tradizione pastorale tipica della Barbagia? Non è al proposito superfluo ricordare che anche Pseudo Scimno scriveva che “presso il mare sardo abiterebbero il Libi-fenici e nell’entroterra i Bebrici”.
Insomma, qualche perplessità, in merito alla reale ubicazione di Tartesso…sorge spontanea!
Nelle foto, alcuni nuraghi eretti lungo la costa orientale della Sardegna, luogo di “possibile” sbarco del re Argantonio e dei suoi sudditi: Nuraghi Nastase e Longu di Tertenia (foto di Bibi Pinna e Maurizio Cossu); Nuraghe Porto Pirastu di Muravera (foto di Marco Cocco e Archeo Sarrabus); Nuraghi Gibe Truttiri e S’Omu ‘e s’Orku di Castiadas (foto di Marco Cocco e Francesca Cossu).