di Valeria Putzu
Nella conferenza tenuta lo scorso Venerdí 11 Febbraio per il circolo Honebu con il Professor Montalbano, mi sono soffermata particolarmente sulla stele di Almadén de la Plata, che raffigura due persone, un guerriero con spada, scudo tondo e elmo cornuto e un secondo personaggio con copricapo piumato.
Secondo lo studioso locale Sanjuan, questa stele sarebbe una rappresentazione dei “gemelli divini”. Questa interpretazione é per me molto importante, soprattutto perché troviamo associata la figura dei gemelli divini (uno dei piú famosi era Eracle) con un personaggio che porta il copricapo tradizionalmente attribuito al figlio di Eracle.
I gemelli divini sono una figura mitologica che si trova in una grandissima parte delle mitologie antiche di diversi paesi.
Si tratta di due gemelli eterozigoti di una madre umana, e padri diversi: un ovulo sarebbe stato fecondato dal marito di questa, mentre l’altro ovulo sarebbe stato fecondato da una divinità tramite un intervento miracoloso che avrebbe comportato una trasformazione (in pioggia dorata, in cigno, in aquila, in toro, ecc.). Dei due fratelli, quello mortale avrebbe perso la vita in seguito a un tradimento e quello divino, gli avrebbe in qualche modo ceduto una parte della sua immortalità facendolo diventare una divinità dell’oltretomba, lunare, mentre il gemello divino sarebbe diventato una divinità solare.
Ritroviamo i gemelli divini nel Popol Vuh: Hunahpú e Ixbalanqué (“sole giaguaro”, già dal nome troviamo il sole e il giaguaro/leone, spesso associato al gemello divino) sono figli di una mortale e di un Dio, Hunahpú viene ucciso e Ixbalanqué lo fa rivivere.
Nella cultura Veda c’erano gli Ashvins, figli di Saranyu (luna) e Surya (sole).
In Lettonia, i gemelli divini Ašvieniai tirano il carro del sole.
In Sicilia troviamo i Palici, figli del dio Adrano, mentre nella cultura slava i gemelli Lada e Lado personificano la bellezza e la fertilitá. Tra gli Yoruba, abbiamo gli Orishas Ibeyí , figli di Changó (dio del tuono, l’equivalente dello Zeus greco) e Oshun. Culminando con il mito principale della mitologia latina, quello di Romolo e Remo in cui troviamo una variante allo svolgimento tipico della leggenda: in questo caso il tradimento che provoca la morte di un gemello é operato non da un familiare, ma dal gemello mortale.
In Grecia c’é una proliferazione di gemelli divini, dovuta al fatto che, nella riorganizzazione del corpus mitologico ellenico, ci si é ritrovati con gli stessi miti che si ripetevano in ognuna delle varie città stato, con varianti più o meno importanti, personaggi con nomi più o meno differenti. In alcuni casi queste varianti sono state accorpate nello stesso mito, in altri sono state scisse in due o più miti diversi. Abbiamo quindi vari gemelli divini che ogni volta sono re di una diversa città micenea, la maggior parte dei quali appartengono a una stessa dinastia, di ascendenza chiaramente pelasgica (da Pelagos=mare, “pelasgi” era il termine con cui i greci chiamavano i Popoli del Mare). I capostipiti di questa dinastía sono Poseidone, dio pelasgico per eccellenza e Libia (i Lubu erano uno dei Popoli del mare).
Troviamo dapprima Egitto e Danao (gemelli divini perché dietro il padre Belo si nasconderebbe il dio Baal). Il tradimento delle 50 figlie di Danao che uccidono, nella prima notte di nozze, i 50 figli di Egitto sarebbe un’allegoria di un tradimento dei Pelasgi della Grecia verso gli altri Popoli del Mare in Oriente. Una seconda coppia di gemelli sono Acrisio (re di Argo) e Preto (re di Tirinto), di questi Acriso é il padre di Danae e nonno di Perseo, che ha una forte relazione con la Sardegna in quanto uccisore della Regina sarda Medusa. Perseo é il nonno tanto di Anfitrione quanto di Alcmena, genitori della piú famosa coppia di gemelli divini: Ificle (figlio di Anfitrione) e Eracle (figlio di Zeus). Sempre di questa stirpe sono Edipo e Giocasta, che ebbero anch’essi una coppia di gemelli, questa volta non divini, Eteocle e Polinice, che si uccisero a vicenda disputandosi il trono di Tebe. Loro parenti sono anche i “fratelli divini”, figli di Zeus e Europa, Minosse (re divinizzato di Creta) e Radamante, che alla sua morte diventa re/giudice dell’Isola dei beati (anche questo tema del re/giudice ha una forte attinenza con la Sardegna).
Da Tindaro e Leda, con l’intervento miracoloso di Zeus trasformatosi in cigno, nasceranno ben due coppie di gemelli divini: Castore e Polluce (alla morte del “gemello umano” Castore, otterranno di passare insieme alternativamente un giorno nell’Ade e un giorno nell’Olimpo) e Elena e Clitemnestra, che sposandosi con gli atridi (Atridi significa figli di Atreo. Atreo e Tieste sono un’ulteriore coppia di gemelli divini che si tradiscono l’uno con l’altro): Menelao (re di Sparta) e Agamennone (re di Micene) che con la Guerra di Troia finiranno per completare la rottura con gli Sherdan d’Oriente. La reazione alla distruzione di Troia e all’espulsione del bando pro-Pelasgico dalla Grecia sarà chiamata “il ritorno degli Eraclidi”, e poterà alla distruzione completa della civiltà micenea.
Nello stesso modo in cui ci sono vari gemelli divini, ci sono anche vari Eracle: Diodoro Siculo parla di 3 Eracle, uno Egizio, uno Cretese e quello greco. Cicerone parla di 6 Eracle e Varrone addirittura di 54.
Erodoto dice che c’era un altro Eracle originario dalla Fenicia, che sarebbe il dio Melquart. Tra i vari Eracle segnaliamo quello Assiro, Sandone o Sardone, da cui sarebbe derivato il Sansone biblico.
L’Eracle Siciliano era adorato con il nome di Macario.
Macaria era anche il nome della figlia di Eracle e Deianira, che si sarebbe autoimmolata per permettere la vittoria del fratello Illo sull’usurpatore Euristeo. A questo punto giova ricordare che la sorella di Euristeo si chiamava Sardó e che il figlio di Eracle (Eracle era cugino di Eurosteo) si chiamava Sardus.
Come ci informa, infatti, Sallustio nelle Historiae (I Sec A.C.), il figlio dell’Eracle Libico, Makeris, sarebbe stato Sardus, il capostipite della civiltá Sarda, che cambió il nome dell’isola da Argyrophlex Nesos a Sardó, versione confermata da Silio Italico (Punica I sec. D.C.) con l’unica differenza che il nome originario dell’isola sarebbe stato Ichnusa.
Macario, Makeris, Melquart, sarebbero stati quindi i vari nomi con cui veniva indicato questo eroe. Secondo Sergio Frau, il nome di Melquart scritto in caratteri fenici da destra verso sinistra (MLKRT), sarebbe pressoché uguale al nome di Eracle scritto in lineare B e letto specularmente da sinistra verso destra (HRKLS o TRKLS), ma anche in Grecia troviamo traccia del nome originario MLKRT: tra i figli di Cadmo e Armonia, Ino avrebbe avuto con suo marito Atamante un figlio di nome Melicerte (MLKRT), questo figlio sarebbe morto nello stesso modo dei tre figli di Eracle avuti da Megara, una pazzia indotta dalla divinità avrebbe portato i genitori a uccidere i figli, Ino si sarebbe poi buttata dalla rupe di Megara con il figlioletto morto in braccio e Poseidone, antenato del bambino, lo avrebbe riportato alla vita trasformandolo in una divinità minore protettora dei porti, Palemone. Palemone era anche il nome originario di Eracle, poi cambiato in Eracle (il significato di Eracle é: “rampollo di Era”) per proteggerlo dall’ira della moglie gelosa di Zeus. É quindi evidente che il Mito di Eracle e quello di Melicerte sono lo stesso mito ripreso in ottica diversa. La stessa cosa sarebbe successa con il mito di Hermes, un altro semidio figlio di Zeus e una mortale (Maia), poi divinizzato. In realtà anche Hermes sarebbe un’altra versione del mito di Eracle, non per nulla entrambi sarebbero nati pochi giorni dopo il solsticio d’inverno, inoltre nel nome latino di Hermes (Mercurio) ritroviamo la ben nota radice MLKR. Il figlio di Mercurio, Norace, proveniente da Tartesso, avrebbe fondato Nora, esattamente come il figlio di Makeris, Sardus, avrebbe fondato la civiltà Sarda. Siamo davanti allo stesso mito. E questo é reso particularmente evidente dal fatto che a Teulada, nelle vicinanze di Nora, doveva trovarsi il porto, non di Hermes, ma di Eracle/Melquart, di cui ancora oggi sopravvive il toponimo nell’isoletta di San Macario.
Ma continuiamo con le indagini. La madre di Eracle sarebbe stata preservata dalla morte da Zeus che l’avrebbe portata alle Isole dei Beati, che in greco si chiamano Makaroi Nesoi (isole dei Macari?) e nella città di Calai o Calea (teóricamente in Beozia ma questa localizzazione lascia parecchi dubbi in quanto sembra difficile che i morti dall’oltretomba potessero fare escursioni di cuori solitari in Grecia, molto piú probabile che questa città di Calai si trovasse proprio nell’isola del Beati/Macari e, nel caso ammettessimo che tale isola potesse essere la Sardegna, tale ipotesi potrebbe venir parcialmente confermata dall’assonanza tra Calai e Calaris) avrebbe conosciuto e poi sposato Rodamante, che abbiamo già visto essere il re/giudice di tali isole.
Forse si tratta di quella stessa isola, la Sardegna, in cui, secondo Diodoro Siculo, Iolao avrebbe portato in salvo i figli Tespiadi di Eracle, avuti in una sola notte dalle 50 figlie di Tespio (che ricordano stranamente le 50 figlie di Danao)?
Secondo Apollonio Rodio (nelle Argonautiche), Eracle dopo la momentanea pazzia in cui uccise i suoi figli andò a farsi purificare nell’Isola dei Feaci (anche quest’isola alcuni studiosi omerici la fanno coincidere con la Sardegna) dove sarebbe nato il figlio maggiore Illo, avuto con la naiade Melite (le Naiadi erano ninfe delle acque dolci con facoltà sanatrici e profetiche).
Quindi vediamo che nella familia di Eracle (pelasga) ci sono molti avvenimenti importante strettamente legati a isole, casualmente tutte si trovano a Occidente della Grecia e, salvo la Sardegna dei Tespiadi, non sono mai state localizzate. Cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza e cercare di vedere che altre informazioni danno i classici sulla posizione di queste isole.
Le Isole dei Beati (o forse dei Macari) vengono nominate Pindaro dicendo che si trovavano alla fine del camino di Zeus (un percorso navale che dalla Grecia andava verso Occidente e che terminava nell’altissima “Torre di Cronos”. Non c’erano molte isole nel bronzo antico con una tradizione di alte torri.
Quando Plinio il vecchio nelle Naturalis Historiae descrive il viaggio per circumnavigare l’Africa dice che, dopo le Colonne d’ Eracle, partendo dalle terre dei Tirreni, si trova per prima l’isola di Cerne (che ha una curiosa assonanza con Cirno, il nome greco della Corsica), poi si sarebbe arrivati all’Isola di Atlante e poi alle Isole dei Beati o Gorgadi, in quanto sede delle Gorgoni (e sappiamo che la Gorgone Medusa era Regina della Sardegna), e infine alle Esperadi, le occidentali “Isole del tramonto”.
Diodoro Siculo invece parla di un’invasione delle Amazzoni provenienti dalla Libia (una regione che comprendeva l’attuale Libia, Tunisia e parte dell’Algeria, dalla descrizione sembrerebbe partissero da un porto localizzato dove poi sarebbe sorta Cartagine) che, dopo un giorno di viaggio arrivano all’Isola di Atlantide, dove combattono alcune battaglie con gli Atlantidi e gli abitanti della vicina isola di Cerne, ma successivamente vengono respinte dai Gorgadi o Gorgoni, di cui in una battaglia precedente le Amazzoni avevano preso prigionieri 3000 guerrieri. Sommando le due descrizioni quindi, le Isole di Altantide e del Beati (o del Macari o delle Gorgoni) sarebbero vicine alla Tirrenia, alle colonne d’Ercole (della Spagna o della Sicilia?), alla Tunisia/Libia, alla catena dell’Atlante e breve distanza dalla Corsica, sembra chiaro che si tratterebbe di alcune delle grandi isole del Mediterraneo Occidentale.
Torniamo ora alle steli tartessie localizzate lungo la Via Erculea che partiva dalle “Colonne d’Eracle”, colonne che nessuno sa con sicurezza quante fossero né la loro localizzazione. In greco Colonne d’Eracle si diceva “Erakleies Stele” La parola greca “stele” vuol dire sia stele che colonna. Quindi Erakleies Stele voleva dire sia “colonne di Eracle” che “stele di Eracle”. Abbiamo visto che il nome originario di Eracle era Macario, quindi ho provato a fare il gioco di sostituirlo. “Makairon Stele” vuol dire “stele dei coltellinai” (cioé dei commercianti di bronzo per fare armi). Siccome in questa zona, tra Andalusia, Estremadura e Sud del Portogallo ci sono un centinaio di queste stele che rappresentano i mercanti del bronzo, mi chiedo se la presenza di queste “Makairon Stele” possa in qualche modo aver contribuito alla nascita del mito delle Colonne d’Eracle, allegoria del limite estremo raggiungibile dall’uomo.