La Sardana catalana e il Ballo Sardo.

di Valeria Putzu
Prendo spunto dalla notizia di pochi giorni fa del fatto che la Catalogna vuole chiedere l’introduzione il ballo nazionale catalano, la Sardana, tra i “Beni Intangibili Patrimonio dell’Umanità”, per fare alcune riflessioni.
La Sardana ha origini antichissime. Il primo documento scritto che parla di tale ballo é il Liber Consulatus dell’archivio Municipale di Olot del 1552, si trata di una proibizione di tale ballo in quanto “disonesto”. Anche altri testi coevi parlano della sardana come un ballo demoniaco, offensivo e perturbatore delle cerimonie sacre. Evidentemente si tratta di una danza che non ha alcun punto di contatto con la morale cattolica. Tra gli scritti dell’inquisizione, ne troviamo vari che la associano alla stregoneria, negli interrogatori degli inquisitori si parlava di adorazione del demonio tramite streghe e stregoni che ballavano la sardana a volte attorno a un menhir pagano. La caccia alle streghe avviene precisamente quando la Chiesa Cattolica si impegna più seriamente nell’eliminazione di tutti i residui del paganesimo. L’origine pagana del ballo é ipotizzata anche dallo storico catalano José Pella i Forgas, secondo cui la Sardana avrebbe una base di religioni pre-romane, in relazione con il culto degli astri e soprattutto con il solstizio d’estate. Le sardane più antiche si componevano di 24 tempi, come le ore del giorno. I primi otto lenti e pesanti simbolizzerebbero le ore notturne, i sedici seguenti, più rapidi e animati farebbero riferimento alla vitalità e alla luce delle lunghe giornate estive. Il fatto che che le sardane sempre inizino e terminino girando verso sinistra è visto come un riferimento al moto apparente antiorario delle stelle intorno alla stella polare.
Ci sono anche prove meno circostanziali e più reali di un’origine antichissima della Sardana, per esempio un frammento di un vaso ibero proveniente dalla località valenziana di Llíria, datato al III – II sec. A.C. Quindi vengono a cadere le supposizioni che vedevano in questo ballo un’origine recente (alcuni autori parlavano addirittura di 200 anni fa).
La Sardana ha analogie evidentissime con il ballo sardo, analogie che sono riflesse anche nel nome stesso del ballo. Fino a pochi anni fa si indicava il periodo della conquista Aragonese della Sardegna come possibile periodo di contatto/esportazione del ballo dalla Catalogna alla Sardegna o viceversa il periodo della conquista Aragonese della Sardegna. Cioè i catalano/aragonesi avrebbero portato in catalogna il ballo sardo (o in Sardegna la sardana) solo dopo il 1323-26 quindi dopo il primo quarto del XIV sec. Peccato che in Sardegna si conoscano varie rappresentazioni medioevali del ballo sardo anteriori a questa data, come per esempio la duecentesca rappresentazione nel fianco meridionale della chiesa di San Pietro Apostolo a Zuri (fraz. Di Ghilarza), realizzata da Anselmo da Como nel 1291. La Storica dell’arte medievista Maria Cristina Cannas vede una rappresentazione del ballo sardo anche nell’architrave della Chiesa di San Michele Arcangelo di Siddi, datata alla fine del XII sec. (altri studiosi vedono in questo insieme di figure la caduta di Lucifero, il personaggio capovolto, Gesù e Santi). Infine troviamo una terza rappresentazione nella base della semicolonna dell’abside della Chiesa di San Lussorio di Fordongianus, i cui rilievi sono datati alla metà del XII.
Queste immagini confermano la presenza del ballo sardo in Sardegna in data anteriore alla conquista aragonese, quindi tale ballo non può assolutamente essere stato importato dagli aragonesi in quel periodo. Né tantomeno può essere stato esportato dai Sardi, in quanto il vaso di Llíria testimonia che era già presente nel II-III sec. A.C. Per cui quando sarebbe avvenuto questo famigerato contatto pre-medioevale tra i due popoli? Già immagino che la prossima ipotesi darà “portata dai soldati di provenienza iberica durante l’occupazione romana della Sardegna, come già si era proposto per la scrittura astiforme. Peccato che in Sardegna il “ballu tondu” esistesse da millenni prima, come testimonia la scodella emisferica rinvenuta a Monte d’Accoddi e datata al IV millennio A.C.
Vogliamo finalmente ammettere che tra Sardegna e Catalogna c’erano già contatti perlomeno dall’età del bronzo, se proprio non vogliamo prendere in considerazione i 6 (ora 9) frammenti di ossidiana proveniente dal Monte Arci rinvenuti nella regione iberica in siti di epoca neolitica?
Chiudo queste note con una breve considerazione. La Catalogna ha sempre tenuto in grandissima considerazione far catalogare la propia cultura tra i Beni Patrimonio dell’Umanità, vi sono ben 6 monumenti o gruppi di siti tra i beni materiali e 4 manifestazioni culturali tra i beni immateriali e il turismo locale ne trae un grandissimo profitto. Se i catalani avessero beni con la maestosità e l’antichità dei nostri nuraghi, tombe di giganti, domus de janas e pozzi sacri, sarebbero inclusi della lista dell’Unesco già da anni. Solo da noi quando qualcuno si rimbocca le maniche per far ottenere questo prestigioso riconoscimento alla storia e cultura della nostra terra, viene attaccato su tutti i fronti, soprattutto dalla classe intellettuale, classe che dovrebbe essere quella che dovrebbe dimostrare un maggiore interesse perché alla Sardegna arrivino finalmente questi meritati riconoscimenti.
Foto 1: la Sardana de les bruixes (la sardana delle streghe) di Salvador Dalí.
Foto 2: frammento di un vaso ibero proveniente dalla località valenziana di Llíria, datato al III – II sec. A.C.
Foto 3: fianco meridionale della chiesa di San Pietro Apostolo a Zuri (fraz. Di Ghilarza), realizzata da Anselmo da Como nel 1291.
Foto 4: architrave della Chiesa di San Michele Arcangelo di Siddi, datata alla fine del XII sec.
Foto 5: base della semicolonna dell’abside della Chiesa di San Lussorio di Fordongianus, i cui rilievi sono datati alla metà del XII
Foto 6: scodella emisferica rinvenuta a Monte d’Accoddi e datata al IV millennio A.C.