L’ARCHEOLOGIA SUBACQUEA: LA NUOVA FRONTIERA DELLA PREISTORIA

di Paolo Nannini  – Geografo, fotografo ( https://www.flickr.com/photos/opaxir/ ), ricercatore delle tracce del nostro passato

 

Il mondo non è sempre stato come lo conosciamo

 

Oggi è difficile immaginare un mondo dove le calotte glaciali coprivano gran parte del Nord America, dell’Europa e dell’Asia settentrionale. Le Alpi sotto un’unica coltre di ghiaccio che arrivava a lambire la Pianura Padana e le coste dei continenti irriconoscibili con un mare ad un livello di ben 120m inferiore a quello attuale! In questo scenario risalente intorno ai 20.000 anni fa, dove le forze della natura erano incontrastate, nell’Europa centro-meridionale si muovevano sparute comunità di Homo sapiens seminomadi (i Neanderthal erano già scomparsi) che comunque riuscirono a sopravvivere ai rigori dell’era glaciale grazie a raffinate tecniche di caccia e alla capacità di sfruttare le risorse alimentari che comunque il territorio offriva. Siamo nel Paleolitico superiore.

Da quel periodo, conosciuto come LGM ovvero “Last Glacial Maximum”,  il clima inizia rapidamente a riscaldarsi, di conseguenza i ghiacciai si ritirano e il livello del mare gradualmente si innalza. Nel Mesolitico, da 11.700 a 8000 anni fa, con la fine dell’ultima glaciazione, assistiamo a drastici mutamenti climatici con il livello del mare che da -60m passa a circa -20m rispetto al livello attuale. Dal inizio del Neolitico, alla fine dell’età del Bronzo, circa 3000 anni fa, il mare si alzerà di altri 15m quindi con le coste del II millennio a.C. ancora ben 5m sotto il livello del mare di oggi. Ancora in epoca romana, 2000 anni fa, il livello del mare era più basso di 1-0,8m

 

Tutto questo per dire che dal Paleolitico superiore fino alla Protostoria tutti gli insediamenti costieri mediterranei, che non dovevano essere stati pochi, come pure tutte le eventuali infrastrutture portuali connesse vanno oggi ricercati sott’acqua !

Un caso molto intrigante

Voglio presentarvi qui un caso studiato che mi ha visto personalmente coinvolto partendo da questa foto che segue:

 

Si tratta, come potete intuire di tre pietroni apparentemente sbozzati messi in pila uno sopra l’altro ma un po’ sfalsati forse perché appoggiati ad una scarpata inclinata… La dominante blu della foto non è un difetto 🙂 è che sono immagini riprese in video a 35m di profondità nel mezzo del Canale di Sicilia su una secca chiamata:“Banco di Pantelleria Vecchia”.

 

Vi voglio raccontare questa storia che ha dell’incredibile, quando sono stato sul sito per fare delle immersioni con un team di sub specializzati in 3D subacquei!

La scoperta è stata casuale, durante una campagna di rilievi batimetrici 3D ad alta definizione dei fondali, condotta dal 2012 al 2014, dall’ “Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale”  (OGS) di Trieste insieme ad un team universitario israeliano. Il geofisico che conduceva la campagna, il dr. Emanuele Lodolo si accorse subito della “stranezza” del sito così come gli era mostrata dagli sfavillanti falsi colori del monitor del sonar Multibeam (MBES) che restituiva in tempo reale la morfologia del fondo marino.

 

Quello che vedeva virtualmente sul fondale non era uno scherzo della geologia marina, ma molto probabilmente opera dell’uomo: infatti ad unire due promontori rocciosi protesi verso l’alto fondale apparivano due strutture lineari parallele, quella più profonda di circa 800m di lunghezza a formare un doppio “ridge” fatto da lastre e lastroni di pietra giustapposti e sovramessi. La foto che vi ho messo è un particolare di questa muraglia sommersa. Sul finire del ridge sul lato Sud Ovest era presente una struttura lineare più esile a formare un angolo di 90° con il ridge verso l’esterno…

 

E non è finita qui… Più all’interno verso il banco roccioso meno profondo al centro di una spiaggia sommersa era ben evidente un monolite colonnare lungo 12m adagiato su fondale che poi nelle successive ispezioni subacquee si è rivelato forato ad una estremità con un foro passante di 60cm di diametro! Più altri due fori incompleti nella parte centrale. Il campionamento della roccia del monolite come di quelle del ridge ha confermato che tali rocce sono ben diverse, di tutt’altra origine rispetto alle rocce che formano l’ossatura del banco!

L’ipotesi che fu fatta nel 2015 da Emanuele Lodolo e Zvi Ben-Avraham nella loro pubblicazione sulla scoperta (1), è che si trattava di un insediamento preistorico gradualmente sommerso dall’ingressione marina, conseguente alla fine dell’ultima glaciazione (Wurm) quando nel massimo glaciale, circa 20.000 anni fa come abbiamo visto, il livello del mare era addirittura circa 120m più basso di oggi!

 

Calcolando, grazie a numerosi studi compiuti in diverse parti del mondo, la dinamica dell’ingressione marina nel Mediterraneo è stato possibile stimare il periodo in cui questo sito fu sommerso definitivamente dall’innalzamento marino: si parla di 9350 ± 200 anni fa!!! Ovvero, in una fase importantissima della storia umana: nel passaggio da Mesolitico a Neolitico. L’archeologia ci dice che i primi insediamenti stabili, a seguito dell’addomesticamento degli animali e dell’agricoltura, avvennero intorno a 10.000 anni fa nella Mesopotamia (Neolitico preceramico) e questo segnò l’inizio del Neolitico con società più numerose e complesse. Modello socio-economico che poi si diffuse sia verso oriente che verso il bacino mediterraneo e l’Europa nord occidentale. In ambito Mediterraneo il villaggio neolitico di Khirokitia a Cipro fondato intorno al 7000 a.C. rappresenta qui, insieme a Gerico nella Palestina, la prima testimonianza nota dell’inizio del Neolitico e si tratta infatti di Neolitico preceramico.

La nascita del megalitismo

 

Le manifestazioni materiali tipiche del Neolitico furono l’invenzione della ceramica; una industria litica dove compare la levigatura, tipica nelle asce litiche, e che vide l’affermarsi dell’ossidiana; infine il megalitismo, ovvero l’uso di megaliti per diversi scopi che possiamo così riassumere:

  1. A) mura difensive, dette appunto ciclopiche;
  2. B) per edifici e luoghi sacri, emblematici i templi di Malta;
  3. C) segnacoli o strutture sepolcrali come menhir e dolmen;
  4. D) più discussa, ma certamente possibile, anzi probabile, l’utilizzo dei megaliti per calendari solari (o stellari) creando allineamenti con il sorgere o il tramonto del sole o di stelle in particolari giorni dell’anno;
  5. E) infine, megaliti forse per delimitare un territorio o creare punti notevoli di riferimento, utili anche per la navigazione marittima.

 

Quindi il menhir forato di 12m scoperto, adagiato su un fondale di 32m sul Banco di Pantelleria vecchia, risalendo alla fine dell’VIII millennio a.C., sarebbe una testimonianza molto precoce di questo fenomeno che in realtà viene documentato con certezza, almeno in Europa, solo a partire dal V millennio a.C. (2).

In effetti però la scoperta del sito, oramai famoso, di Gobekli Tepe nella Turchia sud orientale, sito indiscutibilmente megalitico e pure evoluto (megaliti a T di oltre 15t scolpiti in altorilievo), datato con metodi di cronologia assoluta al X millennio a.C. (circa 11.700 anni fa), ha costretto gli archeologi a retrodatare di almeno 2-3 millenni il passaggio da società non strutturate e poco numerose di cacciatori raccoglitori, tipiche del Mesolitico, a società, almeno semi-stanziali, ben più organizzate, con padronanza di tecnologie complesse, basti pensare all’estrazione, lavorazione e trasporto dei megaliti, ancor prima della diffusione dell’agricoltura e dell’uso dei metalli!

L’ipotesi di un sito megalitico così antico nel Banco di Pantelleria Vecchia non è andata molto giù all’archeologia accademica che preferisce piuttosto pensare ad una bizzarria geomorfologica piuttosto che ad un origine antropica ma, e qui ritorno alla fotografia delle tre pietre sovrapposte che difficilmente si spiegano con processi naturali, come d’altra parte il menhir di 12m e il ridge lineare di 800m. In proposito mi viene in aiuto anche un grande archeologo che ha studiato, fra l’altro in modo molto approfondito, la fine dell’età del Bronzo nel Mediterraneo orientale. Sto parlando del Prof. Eric H. Cline, docente di storia antica e archeologia presso la George Washington University (GWU) e coautore del Bulletin of the American Schools of Oriental Research. Eric Cline è famoso per il libro dal titolo “1177 a. C. Il collasso della civiltà” edito in Italia da Bollati Boringhieri (che ho letto e che consiglio vivamente), ma ha scritto anche nel 2018 un libro dal titolo significativo: “Tre pietre fanno un muro: la storia dell’Archeologia”, citazione a pennello per questa storia che vi sto raccontando in questo post.

 

Epilogo: Poseidon ha reclamato la sua parte…

 

Il giorno del primo di agosto 2020 nel pomeriggio ci ancorammo nel blu, confidando nella posizione GPS che mi aveva passato Emanuele Lodolo, in un punto a circa 20 miglia da Pantelleria, che non si vedeva, e a 40 miglia da Marsala da dove eravamo partiti verso le 9 di mattina, Questa l’unica foto che feci…

 

Riuscimmo a fare una immersione, io scesi per primo nel blu cobalto lungo la cima dell’ancora, mare calmissimo per l’anticiclone africano (però agli sgoccioli…) ma sotto c’era corrente. Arrivato sull’ancora a -32m la corrente era sparita, mi guardo intorno ed incredulo eccolo !!! Il monolite sulla mia destra a neanche 20m: pura magia, pura emozione, pura fortuna. Momenti indimenticabili… Come un elemento alieno, da tempo immemorabile adagiato su un fondale chiaro di sabbia pieno di vita ma comunque riconoscibilissimo!

Poi scesero anche gli altri sub fra i quali l’amico Fabio Menna e la sua compagna Erica entrambi esperti di fotogrammetria terrestre e subacquea, che lavorano all’FBK di Trento (Fondazione Bruno Kessler) una delle eccellenze italiane della ricerca scientifica. Erano nel team di Fabio Remondino, uno dei massimi esperti europei di fotogrammetria e ricostruzioni digitali.

 

Felici come bimbi cenammo al tramonto e mentre RA sulla barca Mandet lanciava i suoi ultimi bagliori prima di immergersi nell’orizzonte marino, noi si discuteva sul da farsi all’indomani dopo che avremmo passato la notte letteralmente in mezzo al mare… Poseidon non fu benigno con noi: quella notte si alzò un vento fresco di Maestrale e presto le onde ci costrinsero ad una notte insonne da incubo! All’alba l’unica cosa che potemmo fare con il mare già ingrossato fu di salpare l’ancora alla svelta e tirar su le vele per riparare ore dopo nel porto di Pantelleria. Nei successivi 6 giorni (la nostra finestra temporale, sigh!) il Maestrale non fece una tregua e rimanemmo nelle acque dell’isola trovando ridosso nella costa Sud davanti a uno sparuto gruppo di casette detto Martingana, dove facemmo amicizia con un’anziana coppia di milanesi rifugiati lì. Un esperienza comunque bellissima, ma il monolite da allora ha continuato a chiamarmi come le sirene di Odysseo o forse come il monolite errante di Odissea nello spazio… e so che prima o poi lo rivedrò!!! La prossima estate potrebbe essere quella buona per il nostro secondo incontro….

 

Note Bibliografiche

1) Emanuele Lodolo; Zvi Ben-Avraham, “A submerged monolith in the Sicilian Channel (central Mediterranean Sea): Evidence for Mesolithic human activity”  – Journal of Archaeological Science: Reports 3, 2015 p. 398–407

2) B. Schulz Paulsson, “Radiocarbon dates and Bayesian modeling support maritime diffusion model for megaliths in Europe”  University of Utah, 2019.