L’insediamento del Nuraghe Arvu a Dorgali

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L’insediamento del Nuraghe Arvu a Dorgali di Giorgio Valdès L’insediamento fu scoperto dal Taramelli alla fine degli anni ’20, ed egli lo descrisse quindi in una pubblicazione del 1933, in cui era compreso anche uno schizzo planimetrico e un inquadramento territoriale. Da tale pubblicazione, riproposta dalle edizioni Delfino nella collana “Sardegna Archeologica”, è tratta la descrizione del sito fatta dal celebre archeologo, che si riporta almeno parzialmente e che contiene tra l’altro un interessante “spaccato” della Cala Gonone di quel periodo: “L’erta scarpata di alte roccie che chiudono l’amplissimo golfo di Dorgali, si apre e si attenua alla Cala di Gonone, dove presenta una piana costiera abbastanza vasta che dal lido marino con pendio lieve si addentra verso i monti, dominata nel fondo dalla superba catena dei monti Tului e Sa Guardaia, a Nord dalle rupi trachitiche di Monte Rosso, e a sud dai gradoni su cui erano piantati i fortilizi ed il sacrario nuragico di Nugheddu e N.Mannu. In questa conca fasciata a monte da una fitta selva di lecci ed unita solo da pochi mesi per mezzo di una strada carrozzabile a Dorgali, è uno dei punti di sbarco meno malsicuri del litorale tirreno, e nel quale almeno nei mesi estivi si può approdare. Una fonte d’acqua medicinale “s’Abba meiga”, sbocca tra gli scogli sotto la villa della Favorita, ed una bella fonte d’acqua freschissima sprizza dallo scoglio presso il mare, a breve distanza dalla Cala. Poche case delle guardie di Finanza e dei piloti e pochi magazzeni di carbone vegetale esistono nella località, affollata solo durante le bagnature di baracche e attendamenti di Dorgalesi e Nuoresi che traggono giovamento dalle cure marine in quella spiaggia salubre e priva di malaria. Nel resto dell’anno il luogo è solitario e deserto, e spira un senso di abbandono, quasi un senso di città morta. Ed una città morta diffatti ho potuto rinvenire a breve distanza presso la via che conduce a Dorgali, nella località chiamata Nuraghe Arvu, annidata dietro uno spuntone di roccia calcare che sorge poco lungi dalla spiaggia e completamente nascosta per chi viene dal mare. Una vasta distesa di terreno, in lieve pendio, racchiuso verso il mare dal solco di un ruscello e dalla scogliera calcarea è tutta occupata da numerosi cumuli di pietre, in gran parte di calcare e in minor parte di trachite, coperti in molti punti da una irta capigliatura di spineti e di magri lecci contorti ed immiseriti dal vento. Esaminati diligentemente questi cumuli, si poté distinguere nettamente la base di costruzioni di pianta circolare, composta da grossi elementi murati senza malte, con la tecnica nuragica, a corsi abbastanza regolari. Si poterono identificare e segnare nello schizzo di pianta fatta dal sig. Berretti, ben 114 costruzioni, accostate l’una all’altra, circolari od ovali, una sola con muri rettilinei. E’ il villaggio nuragico più vasto tra quelli sinora esplorati a Serrucci di Gonnesa, a Santa Vittoria di Serri, a Surbale di Teti e segnalati in altre località della Sardegna. In questo notevole raggruppamento di edifici nuragici mancava, o almeno non emergeva dalla vasta pietraia, un vero e proprio nuraghe che fosse il centro ed il nucleo della borgata; erano invece tutte costruzioni quasi uguali, per lo più di pianta circolare, di m. 6 o 7 di diametro all’esterno, e tutte ridotte ad un cumulo troco conico di massi, dalla quale emergeva piccola parte della faccia esterna della muratura” (omissis…)” Lo stato di rovina di tutte queste costruzioni iniziatosi con un violento incendio che aveva calcinato le pietre calcari specie delle case più esterne e poi proseguito per il morso secolare degli agenti atmosferici, non consentiva di determinare in modo sicuro, se questi avanzi si riferissero a veri e propri edifici nuragici a torre, con camera interna coperta da cupola, od a costruzioni con la sola base lapidea e le soprastrutture ed il tetto di legname e frascame; assai probabilmente questo secondo tipo, solito delle capanne nuragiche, dovette essere largamente rappresentato nella borgata di Gonone…” Il Taramelli prosegue quindi con la descrizione di diverse capanne e conclude quindi così: “ Non credo inutili questi pochi elementi raccolti nel distretto del littorale tirreno dell’isola, sino ad ora così poco esplorato, per dimostrare da un lato la relativa fittezza degli avanzi riferibili alla civiltà nuragica che qui si svolse per lungo corso di secoli tranquilla ed inviolata dall’influenza fenicia e cartaginese. Per altra parte si può mettere in luce e l’accanimento dell’invasione romana e della resistenza sarda, come pure la persistenza sino a tarda epoca di molti elementi peculiari della cultura indigena di questa regione, nella quale i limiti estremi della preistoria si abbassano sino a toccare da vicino l’età della conquista romana”.

Nella foto di Gianni Alvito per il Museo Archeologico di Dorgali: l’insediamento del Nuraghe Arvu