L’interesse collettivo non può soccombere a quello corporativo

Al clangor di barbarici metalli. odo i monti muggir, muggir le valli. (Donizetti, Belisario, atto III)

Assistiamo ad una “crisi” di incomprensione, astio, inimicizia crescenti tra il mondo Archeologico istituzionale della Sardegna (Sovrintendenze, Associazioni professionali, Accademici) ed il variegato, esteso insieme delle Associazioni di “appassionati” di Storia ed Archeologia della Sardegna (in particolare della Storia pre-nuragica e nuragica).

Il problema non è certamente nuovo, ma vede in questi giorni un insolito riacutizzarsi, con toni decisamente inusuali, che raggiungono nei “social” livelli simili a quelli, vituperati, che si osservano nelle discussioni politiche o calcistiche.

Questa “crisi” è associata (probabilmente non casualmente) al nuovo ed inaspettato interesse esterno ai temi in oggetto, ed in particolare l’attenzione dei “media”, con la realizzazione di servizi televisivi su “temi sensibili” (ad es. gli Shardana), o la preannunciata visita del Ministro alla mostra di Sergio Frau all’Aeroporto.

Questa intrusione mediatica, accolta con gioia dagli appassionati ha evidentemente indotto una reazione che a molti è apparsa censoria e spropositata. In particolare la richiesta di “autorizzazioni” preventive ed esclusione di “non addetti ai lavori” è apparsa ai più come prevaricatoria, elitaria, corporativistica, in poche parole: fascista.

Se questo termine è apparso esagerato, resta evidente come la pretesa di governare l’ingovernabile appare evidentemente di stampo “autoritario” , erede di un certo automatismo comportamentale giustificabile nei Dirigenti delle Sovrintendenze che per statuto sono i depositari del diritto/dovere di “autorizzare” [ Cit. …il MiBACT può rilasciare concessioni di ricerca a privati o enti pubblici aventi i requisiti scientifici di legge.

 

Quando il funzionario di soprintendenza D’Oriano faceva apologia di reato e supportavo l’operato dei diffamatori anonimi, nascosti dietro un blog anonimo, di decine e decine di persone con le loro famiglie

 

Il progetto di ricerca deve avere interesse scientifico e soprattutto deve essere compatibile con gli obiettivi di tutela territoriale dell’organo periferico del MiBACT preposto (Soprintendenze), ex art. 89 del D.Lgs. 42/04 e s.m.i.]. Se questa competenza autorizzativa è ovvia (in quanto dettata da specifiche leggi e regolamenti) per quanto riguarda l’autorizzazione a “scavare” un sito, a ripulire dalla vegetazione un Nuraghe o porre i pannelli solari su un tetto in centro storico non lo è assolutamente per consentire o vietare il fotografare una chiesa o una Tomba dei Giganti, porsi delle domande sulla funzione dei Nuraghi proponendo tesi alternative, discuterne in famiglia, al bar, su facebook o, se per chi ne ha la capacità e la voglia, pubblicare le sue idee sul giornalino di quartiere o su prestigiose collane.

Sono diritti garantiti dalla Costituzione Italiana, non soggetti ad “autorizzazione” preventiva come, invece, la scelta del colore della villetta restaurata (è possibile peraltro ricorrere al TAR).

Utilizzare la posizione istituzionale per suggerire censure ai media, minacciare sanzioni (anche ammettendone l’impossibilità) appare arbitrario e potenzialmente lesivo dell’immagine istituzionale. La levata di scudi di stampo corporativistico indotto da queste prese di posizione è forse ancora meno comprensibile per diverse ragioni. Le ipotesi e le interpretazioni presenti nelle pubblicazioni degli autori contestati, indipendentemente dal loro contenuto (spesso originale ed apprezzabile), non possono essere considerate invasioni di campo.

La professionalità dell’Archeologo è nel ricercare le verità storiche analizzando con metodologie scientifiche aggiornate i reperti materiali, comparando ed integrando i dati con quelli ottenuti da altri professionisti sugli stessi reperti (ad esempio analisi chimico-fisiche, genetiche, botaniche, geologiche, etc) da integrare con informazioni ed elaborazioni non prettamente sperimentali mediante analisi statistiche, antropologiche, storiche, letterarie, etc.

Lo spazio e la libertà nell’effettuare le sintesi, le conclusioni, le interpretazioni non può e non deve essere limitato, e se alcuni Archeologi si arrogano il diritto di “depositari” della verità sbagliano.

Il giornalista o lo scrittore non cercano le loro informazioni scavando clandestinamente in siti archeologici. Se la rilettura dei sacri testi, la Bibbia, o le opere di Platone consentono loro di trovare tracce utili per elaborare idee ed ipotesi (indipendentemente da come esse siano considerate) non è rubare il mestiere all’Archeologo, e chi lo sostiene è in palese errore. E forse non ha capito quale sia il significato e la mission della propria professione.

Questa errata prospettiva, con atteggiamenti spesso apodittici ed irriguardosi, ha ottenuto nel tempo come reazione l’aggregazione di un ampio fronte di dissidenti tra quanti seguono Storia ed Archeologia della Sardegna con interesse e passione. La loro curiosità, il loro amore per l’Isola ed i suoi monumenti ha percepito questo atteggiamento come “ostilità” non solo per i “fantarcheologi”, ma per la stessa Isola, inducendo sospetti, probabilmente infondati o esagerati, di manipolazione politica, incapacità, boicottaggio.

Purtroppo questo confronto è irragionevole e pericoloso.

Ma è sensato rinunciare all’alleanza con quanti militano nella incompresa compagine degli “appassionati”, tacciati in blocco come dilettanti presuntuosi e “terrapiattisti”?

Questo mondo, costituito da numerose associazioni e gruppi, anche specialistici, comprende decine di migliaia di persone in Sardegna e non solo. Se seguono a volte idee considerate strampalate è anche a causa della carenza di comunicazione e fiducia. Non solo per la carenza di testi divulgativi, ma anche per la difficoltà di interagire con Archeologi disposti a confrontarsi, non solo rispondendo con quanto si sa, ma anche accettando obiezioni e suggerimenti, quando ragionevoli.

La collaborazione con questa enorme risorsa potrebbe essere di grande giovamento per il progredire delle ricerche, come massa di pressione sulla politica per ottenere finanziamenti, come collaboratori sul campo, come fornitori di informazioni preziose sui territori meno frequentati, mettendo a disposizione le esperienze, le memorie, le iconografie recenti e del passato, nel realizzare un vasto “brain storming”, ricco di stimoli e suggerimenti. Confortando l’Archeologo nel suo difficile e faticoso lavoro, spesso costretto a frustrazioni economiche e di ruolo.

I concorrenti dei giovani Archeologi non sono i giornalisti scrittori, ma l’isolamento, la burocrazia, la scarsità di finanziamenti e di posti di lavoro. La ricomposizione con il vasto mondo di quanti amano l’Archeologia e la Storia è parte della soluzione.

Poiché il “contratto” tra la società ed i professionisti Archeologi non è comparabile a quello di un Chirurgo (obiezione frequente nei post per difendere la pretesa superiorità aprioristica:….ti faresti operare dal salumiere o preferiresti il laureato in medicina….). Poiché il rapporto col Medico è “contrattuale”, è personale, e se il medico sbaglia e produce un danno al Paziente ne paga personalmente le conseguenze. L’Archeologo non ha bisogno di assicurazioni professionali, se sbaglia una datazione o interpreta in modo impreciso un frammento di ceramica può pagare in termini di prestigio o carriera, ma non personalmente con un singolo cittadino. Il rapporto con la Società è legato al suo contributo nel produrre e divulgare “conoscenza”, che a sua volta contribuirà potenzialmente alla soddisfazione culturale ed anche economica (ricadute turistiche, etc.). Il suo contributo potrà quindi essere valutato sulla base della qualità e quantità di dati che sarà in grado di produrre (pubblicazioni), e la capacità di interagire positivamente con i cittadini.

Rispondendo alle domande che la collettività richiede.

Domande tipo: I Giganti di Cabras sono considerati (dagli Archeologi) una scoperta sensazionale, i primi del Mediterraneo, etc, etc. Perché dopo trenta anni il sito, invidiato a livello internazionale, è “spento”, è stato consentito l’impianto di vigne, le sculture vengono definite artigianali, sono divise tra due Musei, è stato effettuato un costoso tentativo di ridenominazione scientificamente irragionevole, etc. etc.?

Queste sono le domande che vorremmo porre ad ogni Archeologo, ricevendo risposte sincere.