di Giorgio Valdès
Francesco Murroni è un ingegnere minerario che ha trasfuso la sua passione per la preistoria e protostoria mediterranea in alcuni interessanti volumi. Nell’anno 2007 ha pubblicato il libro “la Sardegna Preistorica e il Mediterraneo Antico”, da cui abbiamo tratto alcuni brani, che riteniamo degni di riflessione:
“Nessuna delle città della Sardegna, pur essendo state fondate dai Fenici, rivela un nome fenicio.
Di Karalis abbiamo già ricordato che se ne trova una in Asia Minore; ma anche la città considerata la prima della Sardegna, in ordine di tempo, cioè Nora (Nure/Nuri), ha un nome non fenicio; anzi ne troviamo più di una, a Cipro e altrove; e così Sulcis (Solki) e Bithia; per non parlare di Tharros, il cui nome sembra avere una radice tirrenica come anche il fiume Tirso, circostanza che lascia credere alla presenza di un centro abitato tirrenico/nuragico abbandonato, poi, magari, riedificato dall’elemento ‘fenicio’ ed a cui era stato lasciato il nome originario.
Se tutti questi nomi non sono fenici, né semitici, in generale, quale altro popolo li avrà attribuiti? E come si concilia questo fatto con l’osservazione che illustri storici li considerino fenici?
Non rimane che pensare che il primo nucleo abitativo fosse opera dei Sardi di Sardegna, che noi usiamo chiamare Nuragici; tant’è che spesso, in prossimità delle varie città troviamo dei nuraghi: del resto i residenti erano provenuti, come detto, in tempi più antichi, anche da zone dove ancora non si costruivano le città, secondo il metodo moderno.
Il primo impianto urbano dovette essere progettato in seguito, dagli Sharden di seconda ondata migratoria, all’arrivo dei primi vascelli oggi definiti ‘fenici’, comandati da Sharden, dopo aver ottenuto il consenso per l’insediamento dai cugini locali. Ovviamente stiamo proponendo degli eventi ipotetici, per giustificare situazioni urbanistiche e toponomastiche altrimenti inspiegabili.
Ricordiamo, incidentalmente, che i Cananei non erano un popolo marinaro, e che la decantata perizia di navigatori scaturì dopo una lunga soggezione, e poi fusione, con l’elemento invasore (in questo caso Sharden) dei Popoli del Mare”
A questo punto credo sia importante considerare che le ultime considerazioni di Francesco Murroni, trovano puntuale conferma nelle parole di Dimitri Baramki, curatore del museo archeologico di Beirut e come tale una delle massime autorità in materia di fenici, il quale aveva a suo tempo affermato che i “protofenici cananei, pur avendo diverse qualità commerciali ed organizzative, oltre che temerarietà, non possedevano quel fondo di sapere nautico e tecnico senza il quale non è possibile la navigazione in alto mare”. Solo dopo la fusione con i Popoli del Mare che portavano le loro capacità marinaresche, sorse quella che Baramki chiama “razza fenicia”.
Prosegue Murroni:
“Con ciò non si esclude, anzi è probabile, che altri arrivi in Sardegna fossero guidati dai Pelasgi/Filistei, ma sempre costituiti da gruppi misti.
I Filistei, com’emerge anche dalla Bibbia, avevano in Palestina l’esclusiva nella lavorazione del ferro, per ottenere l’acciaio, e sembra logico che girassero per il mondo conosciuto in cerca di materie prime, con l’intento di conservarne il monopolio, almeno dei mercati del versante mediterraneo, dato che il mercato dell’Europa centrale era riservata ad altri popoli.
In Sardegna non c’erano molti minerali di ferro, ma la conoscenza dell’Isola come centro minerario per l’estrazione del rame e per la lavorazione del bronzo lo avrebbe lasciato credere.
Non a caso, le zone in cui si è rilevata la presenza dei Filistei si trovano in prossimità di alcuni giacimenti di minerali di ferro, come denuncia il nome di Montiferru. Una località definibile filistea è a due passi, ‘Macompsisa’ (Macomer), sede di metallurgici del ferro, con porto d’imbarco a Bosa, dove i Filistei si sarebbero trattenuti dal 1000 a.C. al 750 a.C. (Giovanni Garbini “I Filistei”, 1997) diventando sardi a tutti gli effetti…”
A questo proposito è altrettanto vero che i Filistei altro non erano se non quei Peleset dal copricapo piumato che appaiono costantemente insieme agli Shardana quanto meno a decorrere dai tempi del faraone Ramesse II (XIX dinastia – 1279/1212 a.C.).
Circostanza che retrodaterebbe di molto la loro presenza in Sardegna, peraltro confermata dallo stesso Garbini che in occasione del ritrovamento di un’anfora con incise delle iscrizioni “filistee e fenicie” nel sito di S’Arcu ‘e is Forros a Villagrande Strisaili scriveva tra l’altro che “l’importanza eccezionale dell’iscrizione è costituita anche dal contesto archeologico (XII-VII sec. a.C.), che non soltanto fornisce una datazione precisa, ma offre un quadro generale di una presenza orientale anche nella Sardegna interna non sporadica e probabilmente continuativa, come si può dedurre dalla presenza di uno scarabeo egittizzante e del cosiddetto ‘segno di Tanit’, un simbolo fenicio che si rivela pertanto molto più antico di quanto si riteneva finora. L’insieme dei dati archeologici ed epigrafici di S’Arcu ‘e is Forros getta una nuova luce su diversi altri siti della Sardegna, come Sant’Imbenia, presso Alghero, e il nuraghe Nurdòle nel Nuorese, che presentano contesti analoghi; si viene così delineando un quadro storico-culturale della Sardegna piuttosto inaspettato, con una presenza levantina diffusa su tutta l’isola fin dal XIII sec. a.C. e interessata particolarmente alla ricerca e alla lavorazione dei metalli. I coloni fenici che s’insediarono nella costa sud-occidentale erano stati preceduti da altri Fenici che si erano affiancati ai Filistei e che come questi vivevano nei nuraghi accanto alla popolazione locale…”.
A sua volta il professor Paolo Bernardini scriveva che “A Neapolis, in territorio di Guspini, proviene inoltre un vaso di cultura filistea”, e che “Un altro popolo di esperti metallurghi, specializzati nella ricerca e nella lavorazione del ferro, è presente tra i naviganti che approdano in Sardegna tra il XII e l’XI secolo: soni i Filistei (Peleset), antichi popoli del mare, abitanti in quella porzione della fascia costiera vicino-orientale che da questa gente prende appunto il nome di Palestina”.