Nurnet e i sette vizi – L’Invidia

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di Nicola Manca “La morte è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo” [Sap (2,24)] Come spesso accade nei miei articoli, inizio riportando un sapere atavico tramandato oralmente: "una mattina, un agricoltore, mentre zappava nel suo campo, vide un oggetto che per una piccola parte del suo volume emergeva dal terreno. Incuriosito, si avvicinò e delicatamente liberò l’oggetto dalla terra. Con grande sorpresa si accorse di aver trovato una lampada. La guardò attentamente e – con scrupolo – iniziò a sfregarla per ripulirla dalla polvere. All’improvviso ecco una bizzarra figura materializzarsi: era proprio il celebre Genio della lampada che, come da copione (ma con qualche variante), chiese al fortunato agricoltore di esprimere un solo desiderio, aggiungendo però che lo stesso desiderio si sarebbe avverato, con effetto doppio, anche per il proprietario del terreno adiacente. L’agricoltore ci pensò per qualche minuto (non è semplice scegliere tra una vasta gamma di possibili piaceri quando si è sempre vissuto in povertà), alla fine si decise e disse: “Cavatemi un occhio”. Questa fu la sconcertante richiesta dell’agricoltore". Stavo tralasciando un aspetto molto importante: la vicenda è ambientata nelle campagne del Medio Campidano e il contadino è uno di noi. Questo racconto rivela una delle condanne che da sempre imperversa nel nostro mondo, e con effetto amplificato nella nostra terra. Per Aristotele è uno dei sette “abiti del male”. Come avrete capito stiamo parlando dell’invidia (la tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio). Ognuno di noi, forse più di una volta, si è trovato nella stessa situazione (con le dovute proporzioni) del nostro amico agricoltore, e ognuno di voi potrebbe farmi tanti esempi. L’invidia esiste ed è banale ricordarlo, ma ciò che più c’interessa è cercare di capire se e in che modo tale vizio influisce sullo sviluppo economico di una società. L’invidia viene definita da Paolo De Nardis il male del mondo moderno. Essa è il sentimento di chi non sopporta il limite e, oltre ad essere un vizio capitale, è un atteggiamento indotto socialmente, che interrompe il processo di valorizzazione del sé senza però apportarvi alcun godimento o beneficio. Pochissimi parlano dell’invidia che covano dentro e questo atteggiamento non fa che alimentare un virus intestino. Spesso si è invidiosi di chi ha. Ma quanti hanno ciò che realmente meritano? E quanti meritevoli non hanno ciò che dovrebbero? Ecco quindi instillarsi il male… Giotto, nel 1306, la dipinse come una vecchia ricoperta di cenci e avvolta dalle fiamme dalla cui bocca usciva una serpe: questo rettile era rivolto contro di lei! Secondo la letteratura economica l’invidia può avere due effetti: uno competitivo che conduce a un aumento del reddito, della conoscenza e delle proprie abilità in genere (invidia positiva), e uno distruttivo che causa una riduzione dell’attività economica, dell’ottimismo, dell’impegno (invidia negativa). Quale effetto prevale? Non è facile dare una risposta: è necessario considerare diversi aspetti (disparità di dotazioni, protezione dei diritti di proprietà, forza del confronto sociale) e analizzare ogni singolo caso con il dovuto scrupolo. In una società dove l’erba del vicino è sempre più verde (e mai uguale alla nostra) si è indotti a provare rabbia per la nostra condizione anziché aver la capacità di trasformarla – in quanto grande forza generatrice – in creatività, voglia di superarsi e collaborazione col nostro amato/odiato confinante. La frammentazione delle aziende, la mancanza di ricambio generazionale, la distribuzione dei terreni (i possessori delle terre difficilmente vendono, anche se svolgono altre attività). Che senso ha, in una piccola comunità, che ogni agricoltore possieda tutti gli attrezzi necessari? Spreco inutile di risorse, con una semplice cooperativa si ridurrebbero i costi e tutti potrebbero beneficiarne. Vi sono realtà, anche in Sardegna, che funzionano. Non possiamo pensare che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose: è un problema culturale. Per cercare di superare questo limite Nurnet ha deciso di condividere tutti i suoi strumenti, senza gelosie o invidie: l’idea è che il mondo cambi con l’esempio, non con l’opinione. Vorrei concludere citando Emilio Lussu: “In Sardegna ne uccide più l’invidia che la malaria”. Non riuscite a non essere invidiosi? SIATELO, PURCHE’ POSITIVI!

Per chi volesse approfondire l’argomento: Lodde S. "Invidia e imprenditorialità. Alcune note sul ruolo delle emozioni nello sviluppo economico". De Nardis P. "l’invidia. Un rompicapo per le scienze sociali". Gershman B. "The two sides of envy".