SA PALA LARGA, la storia minore e nascosta di una necropoli della Preistoria Sarda.

di Antonello Gregorini

Il 24 marzo 2014 Alessandro Pilia, escursionista bikers di Oristano, scrisse alla redazione di Nurnet per segnalare le condizioni di assoluto degrado in cui si trovavano le sette Domus de Janas di Sa Pala Larga. Pubblicammo le foto e la notizia venne ripresa dalla stampa locale. Fu questo lo spunto da cui avviammo delle iniziative volte alla riemersione di questo eccezionale tesoro archeologico.

 

Nel Bollettino Archeologico 43-45, del Ministero dei Beni Culturali, dell’anno 1997, troviamo il primo cenno dell’esistenza di Sa Pala Larga nella letteratura archeologica.

“Nel 1996 sono proseguiti nel territorio di Bonorva i lavori di censimento e valorizzazione dei Beni Culturali, nell’ambito del progetto MURAS, già avviati nel 1994 e finanziati dalla Regione Sardegna con i fondi per l’occupazione (L.R.2/94). Il Progetto s’inquadra in una più vasta politica di valorizzazione dell’ingente patrimonio culturale (archeologico, storico, archivistico) fatta propria dall’Amministrazione Comunale di Bonorva in collaborazione con la Soprintendenza, e ha come obiettivo finale la messa in fruizione di alcuni monumenti, i più rilevanti, nonché l’apertura del Civico Museo Archeologico. …

Durante lo svolgimento delle operazioni sul campo sono pervenute, da parte di cittadini Bonorvesi, diverse segnalazioni di monumenti inediti, tra le tante, quella della necropoli neo-eneolitica con tombe dipinte in località Sa Pala Larga indicataci dal signor Enrico Contini membro dell’associazione archeologica Sant’Andrea Priu.

Quest’ultima informazione si è rilevata essere di particolare interesse poiché le tombe si trovano in un’area di forte concentrazione d’ipogei neolitici. (S.Bafico-M.Solinas)

Fu la rivista https://www.stonepages.com/scacchiera/ a lanciare nel 2010 una sorta di appello alla tutela e riscoperta del monumento

“All’inizio di aprile abbiamo fatto un giro archeologico in Sardegna e una sera ci siamo trovati a soggiornare nell’agriturismo Sas Abbilas, in una meravigliosa valletta isolata nei pressi di Bonorva (Sassari) e di un sito archeologico importante, Sant’Andrea Priu. Il proprietario, Antonello Porcu, ci ha mostrato delle splendide immagini che ritraggono spirali rosse da 70cm dipinte sulle pareti di una cella laterale di una tomba preistorica che è stata oggetto di scavo un anno e mezzo fa. E ci ha raccontato la storia della cosiddetta “tomba della scacchiera”.
I terreni del signor Porcu sono situati a fianco di una zona denominata Tenuta Mariani dove già nel 2002 era stata identificata una necropoli preistorica. Nel 2007 il Comune di Bonorva ottiene un finanziamento per effettuare un censimento dei siti archeologici dell’area e la cooperativa che ha l’appalto si avvale della competenza dell’archeologo Francesco Sartor per la Sovrintendenza archeologica di Nuoro e Sassari. Dopo la prima fase di censimento, l’anno successivo è la volta di una campagna di ricerca e scavo, sempre guidata da Francesco Sartor. Diverse settimane dopo l’inizio dei nuovi lavori, l’archeologo dichiara di non avere trovato ancora nulla, ma il signor Porcu nota che per diversi giorni di seguito gli scavatori scendono dalla collina ricoperti di polvere di roccia. Allora il fratello del signor Porcu si rivolge direttamente in sardo (com’è noto una lingua molto diversa dall’italiano) agli scavatori, chiedendo: “La scrofa ha fatto i maialetti?” Al che loro rispondono (sempre in sardo): “Sì, e dovresti vedere quanti, e che belli!” Questa è la prova che qualcosa di importante era stato trovato sulle colline di Mariani.
Dopo qualche giorno, il signor Porcu e il fratello si recano sul posto e trovano, al di sotto di un telone di protezione sistemato dagli scavatori, un dromos con un prospetto architettonico scavato nella roccia che conduce ad una grande tomba con tre celle laterali. La tomba è decorata con disegni d’ocra rossa brillante, con protomi taurine scolpite nel lato maggiore della camera principale e con un tetto alto circa 1,70m scolpito come se fosse composto da assi in legno, dipinte alternativamente in blu scuro e bianco. Ma l’elemento visuale più eccezionale della tomba è una serie di grandi spirali rosse dipinte in una cella laterale: un totale di sette spirali, molte delle quali interconnesse tra loro. La qualità delle antiche pitture è straordinaria, e su una volta è dipinta anche una figura geometrica rarissima nelle tombe sarde: un motivo a scacchiera bianca e nera – qualcosa probabilmente di unico in un sito apparentemente databile al Neolitico recente e riferibile alla cultura di San Michele di Ozieri (3800 a.C. – 2900 a.C.).
Dopo la sua visita alla tomba, il signor Porcu si reca dal sindaco di Bonorva, informandolo della straordinaria scoperta effettuata sul loro territorio. Il sindaco, stupito, dichiara di non essere stato informato dall’archeologo della scoperta, né di avere ricevuto comunicazioni ufficiali dalla Sovrintendenza.
La fine di questa storia? Dopo circa 4 mesi di scavi la Sovrintendenza decide di sistemare un enorme blocco di pietra di fronte all’unico ingresso della tomba; si fa quindi una colata di cemento e si ricopre l’intera zona con uno spesso strato di terra, sigillando nuovamente il sito, probabilmente per sempre. Ciò viene fatto per “preservare la tomba da eventuali saccheggiatori”. E la tomba e il suo prezioso contenuto, così scompaiono. Una sorte condivisa anche da altre tombe dell’area, tra cui quella denominata “Sa Pala Larga” nella quale è stata trovata un’incredibile protome taurina scolpita e una serie di spirali a creare una sorta di “albero della vita”.
Il sindaco di Bonorva, Mimmino Deriu, da noi intervistato, ha dichiarato che, nonostante la cronica mancanza di fondi, crede nel grande valore del patrimonio archeologico dell’area e si sta impegnando a valorizzarlo, in particolare con la riapertura del locale Museo archeologico situato in un ex convento e con il recentissimo accordo (del 7 aprile scorso) con l’Ente Forestale per la gestione tecnico-economica di tutela, conservazione e valorizzazione, anche ai fini turistici, proprio della Tenuta Mariani, dove si trova la necropoli sigillata.
Abbiamo anche contattato Luisanna Usai, archeologa della Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro e responsabile dell’area di Bonorva, per sapere se c’è un progetto di riapertura della tomba e la possibilità di rendere visitabile la necropoli. L’archeologa ha esposto molto chiaramente il proprio punto di vista sulla questione: “Non voglio che si parli di questa cosa, non mi interessa che si sappia. Noi della Soprintendenza siamo chiamati soprattutto alla tutela dei siti: le pitture sono labili e quindi la tomba rimane chiusa”. E ha concluso affermando che “Il canale per far conoscere questo tipo di scoperte lo scegliamo noi della Soprintendenza”.
Ora, fermo restando che siamo pienamente d’accordo sull’assoluta necessità di preservare la tomba dalle mani di saccheggiatori e tombaroli, la sua chiusura ci sembra abbia un senso solo in una prospettiva a breve termine. Anche perché testimonianze locali affermano come altre tombe sigillate nella zona – tra cui la già citata Sa Pala Larga – stiano soffrendo di pesanti infiltrazioni d’acqua che ne compromettono le pitture: il rimedio sembra quindi avere un effetto opposto a quanto auspicato.
Confermando il nostro rispetto per la Soprintendenza e i suoi archeologi, a partire da Luisanna Usai, che sappiamo essere un’ottima e capace professionista, non siamo tuttavia d’accordo né con i metodi applicati né con questo atteggiamento di chiusura: se si chiamano ‘beni culturali’ è evidente che siano un patrimonio nazionale, di tutti. La tutela è una cosa, l’occultamento a tempo indefinito – per quanto motivato da princìpi di preservazione – e’ un’altra.
George Nash, archeologo del Dipartimento di Archeologia ed Antropologia dell’Università di Bristol ed esperto mondiale di arte preistorica, da noi contattato ha commentato: “Lo straordinario stato di conservazione di questo esempio di arte preistorica è paragonabile per importanza alle immagini dipinte all’interno della camera dell’Oracolo dell’ipogeo di Hal-Saflieni a Malta. Questa scoperta è di importanza internazionale e dovrebbe essere condivisa tra i ricercatori di arte preistorica. L’aver sigillato il monumento rappresenta un crimine contro la comprensione delle vere origini del Neolitico dell’Europa meridionale”.
Ci chiediamo quanti monumenti eccezionali siano stati trovati, scavati e sigillati nuovamente negli anni da parte degli archeologi in Sardegna, senza che nessuno – tranne pochi addetti ai lavori – ne venisse a conoscenza . Per diffondere la consapevolezza dell’esistenza di questo posto veramente speciale, ci auguriamo che lettere e messaggi inviati direttamente al sovrintendente archeologico di Sassari e Nuoro (Dott. Bruno Massabò – Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Sassari e Nuoro, Piazza Sant’Agostino, 2 – 07100 Sassari, Italia; tel. +39 079 2067402, e-mail bmassabo@arti.beniculturali.it) possano convincere la Soprintendenza ad adoperarsi per l’apertura al pubblico della necropoli dell’area Mariani, in modo da condividere la sua straordinaria bellezza con il resto del mondo. Nel frattempo, vogliamo condividere con voi la meraviglia di questo sito, pubblicando le immagini della tomba riprese dal signor Porcu, reperibili all’indirizzo www.stonepages.com/scacchiera
Paola Arosio e Diego Meozzi
Stone Pages”

Su youtube è ancora visibile un bel servizio con intervista ad Antonello Porcu del maggio 2010

https://www.youtube.com/watch?v=uEfOUl3QRXM

Il 5 novembre 2010 uscì un articolo di due giornalisti e un archeologo anglosassone che vale la pena di leggere ancora oggi.

Sa Pala larga: un dilemma da risolvere
di Paola Arosio, Diego Meozzi, George Nash (*)
Linea temporale – Nel Mediterraneo occidentale ci sono alcune aree chiave del Neolitico, ognuna con una distinta tradizione monumentale rituale e funeraria. Ciò che differenzia le diverse aree è in genere associato a particolari elementi architettonici dei monumenti o del loro posizionamento all’interno del paesaggio. Nessun altro sito chiarisce meglio questa situazione della “tomba della scacchiera” (tomba n. 7 di Sa Pala Larga), un monumento funerario scavato nella roccia, situato nella Sardegna nord-occidentale e recentemente indagato dagli archeologi. Sebbene questo tipo di tombe sia relativamente comune in Sardegna, questo particolare monumento presenta una serie unica di elementi di arte rupestre, sia scolpiti che dipinti, ed è attualmente al centro di una controversia.
Nella primavera del 2010, gli autori di questo articolo riferirono la storia recente della “tomba della scacchiera”. Sulle pareti e sui soffitti di questo monumento, facente parte di una serie di necropoli che sono state ufficialmente studiate dagli archeologi nel nordovest della Sardegna, venne riscontrata una straordinaria ricchezza di pitture ed incisioni. L’importanza di questo sito fu inizialmente portata all’attenzione del mondo grazie alle immagini non ufficiali riprese da Antonello Porcu, proprietario di un terreno adiacente ed appassionato di archeologia. Si può sostenere che questo monumento, riccamente decorato e databile al Neolitico, sia paragonabile – per qualità e grado di conservazione delle pitture – agli affreschi rinvenuti all’interno delle camere sotterranee dell’ipogeo di Ħal-Saflieni a Malta. Grazie alla tenacia di Antonello Porcu, la comunità internazionale di ricercatori ha avuto il privilegio di venire a conoscenza di questi notevoli affreschi. Dopo un primo scavo da parte degli archeologi, il sito venne sigillato e così precluso sia al pubblico che ai ricercatori. In base ad una visita al sito effettuata nell’ottobre scorso da un gruppo di esperti è apparso chiaramente come siano stati violati un certo numero di protocolli della Convenzione de La Valletta (vedi riquadro al termine dell’articolo). È risultato inoltre come non sia stata affatto considerata la conservazione a lungo termine di questo ed altri siti rituali e funerari del Neolitico nella zona, inclusa la tomba numero 3 (“tomba delle spirali”) della necropoli di Sa Pala Larga, rinvenuta in un avanzato stato di deterioramento.

Una monumentalità assolutamente unica — La “tomba della scacchiera” era probabilmente in uso, per accogliere le spoglie degli esponenti di una classe elitaria locale, dalla cultura di Ozieri (circa 3000 a.C.), vale a dire nello stesso periodo in cui la costruzione di monumenti furerari e rituali nella penisola iberica, in Bretagna e nell’Europa nord-occidentale era allo zenit. I costruttori e gli utilizzatori di monumenti come la “tomba della scacchiera” scolpirono travi, vani di porte, soglie e capriate, molto probabilmente simulando gli elementi di intelaiature in legno presenti nelle abitazioni dei viventi.
La “tomba della scacchiera”, così denominata a causa della presenza di un motivo a scacchi bianchi e blu scuro sul soffitto di una delle celle, è composta da una facciata scavata nella roccia ed un ingresso che conduce ad un passaggio che porta alla camera principale dotata di tre celle laterali. Sembra che il monumento sia stato scelto deliberatamente per la vista sul panorama circostante, con un’ampia visuale su diverse valli ed una vasta pianura modellata da antichi vulcani situata ad ovest. Le pareti della tomba sono dipinte con ematite di colore rosso acceso, con motivi curvilinei e rettilinei che comprendono una serie di sette spirali interconnesse. Questi simboli particolari sono riscontrabili più spesso scolpiti che dipinti in gran parte del Mediterraneo e dell’Europa atlantica. La presenza di questa iconografia suggerisce l’esistenza di un’associazione rituale tra il mausoleo e un culto di immagini bovine.
La questione della conservazione a lungo termine – A seguito della relazione degli autori di questo articolo su numerose pubblicazioni archeologiche specializzate e la pubblicazione sui siti web Stone Pages e Past Horizons, gli autori nell’ottobre 2010 hanno visitato il sito e i monumenti vicini, inclusa la “tomba delle spirali” che si trova circa a 60m di distanza dalla “tomba della scacchiera” (uno dei sette monumenti della necropoli di Sa Pala Larga). Al termine dello scavo, per nascondere gli ingressi di entrambe le tombe, gli archeologi li sigillarono con grandi blocchi di pietra, ricoprendo in seguito il tutto con un riempitivo ricoperto di cemento. Prima che l’ingresso della “tomba della scacchiera” fosse sigillato, il Comune di Bonorva ricevette un finanziamento per affidare ad un archeologo lo studio e lo scavo del monumento. L’archeologo, nominato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Sassari e Nuoro, effettuò uno scavo e un programma di ricerca durato circa quattro mesi. Lo scavo rivelò una facciata ed un ingresso che portava ad un passaggio scavato nella pietra ed una camera funeraria. Il soffitto della camera principale ha un’altezza di circa 1,70m e sembra replicare gli elementi strutturali di un tetto spiovente, scolpito nella roccia. Ugualmente scolpita nella pietra è una serie di intelaiature pseudo-strutturali. La camera principale è divisa in diversi spazi, separati da stipiti di porta scolpiti, mentre le pareti laterali della camera replicano la struttura sopraelevata di un edificio realizzato con travi in legno, probabilmente una dimora. Oltre al riempimento dell’ingresso, la Soprintendenza ha anche deciso di ricoprire gran parte della superficie esterna dell’area tombale con una copertura in cemento, distruggendo ulteriormente il potenziale contesto esterno del sito. Secondo i rappresentanti della Soprintendenza, questa procedura di conservazione è stata effettuata per proteggere il sito da tombaroli e vandali1. Tuttavia, in contraddizione con questa affermazione, uno studio sul gruppo di Sa Pala Larga pubblicato nel 1997 sosteneva che il progetto facesse parte di una più ampia strategia volta a promuovere il patrimonio culturale della zona.
Aspetti legali della conservazione – Sebbene l’indagine archeologica effettuata sulla “tomba della scacchiera” debba ancora essere pubblicata, siamo certi che lo scavo sia stato effettuato secondo gli standard più elevati. Tuttavia, sigillare un monumento con un repertorio artistico di tale importanza è restrittivo, oltre a non essere etico. Chiediamo pertanto alla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Sassari e Nuoro di leggere, assimilare e riconoscere un protocollo internazionale come la Convenzione de La Valletta (16 gennaio 1992), di cui l’Italia è nazione firmataria 2. Il trattato (articolo 1) si prefigge di proteggere:
Il patrimonio archeologico in quanto fonte della memoria collettiva europea e strumento di studio storico e scientifico. A tale scopo sono considerati come costituenti il patrimonio archeologico tutti i reperti, beni e altre tracce dell’esistenza dell’uomo nel passato. (…) Il patrimonio archeologico comprende le strutture, costruzioni, complessi architettonici, siti esplorati, beni mobili, monumenti di altro tipo e il loro contesto, che si trovino nel suolo o sott’acqua.

Nel 2011 diede notizia della vicenda e della necropoli sassarinotizie.com,  dove si dava spazio all’appello dei due giornalisti e si intervistava l’archeologa responsabile degli scavi.

“Da una parte c’è la Soprintendenza archeologica per le Province di Sassari e Nuoro. Dall’altra, due giornalisti romani appassionati di siti megalitici, fondatori della rivista on line Stonepages.com. In mezzo, l’eccezionale Tomba della Scacchiera, settimo ipogeo della necropoli di Sa Pala Larga nel comune di Bonorva. Una sepoltura della Cultura di Ozieri (anteriore 3000 a.C.) che i due divulgatori, Paola Arosio Diego Meozzi, definiscono “un dilemma da risolvere”: una bellezza “sigillata” che non si può visitare. Sull’argomento hanno pubblicato diversi articoli su internet (e non solo) con la consulenza dell’archeologo britannico George Nash, specialista in arte preistorica del Dipartimento di Archeologia ed Antropologia dell’Università di Bristol. Con la potenza della Rete hanno suscitato un dibattito che, finora, ha agitato soprattutto le acque del web. L’anno scorso la Tomba della Scacchiera, così denominata per alcune decorazioni parietali, andava per la maggiore sui forum dedicati all’archeologia; centinaia di utenti hanno bombardato di e-mail il soprintendente Bruno Massabò e l’archeologa Luisanna Usai, responsabile scientifica delle zone Logudoro- Meilogu e Marghine. «Una vicenda che mi ha amareggiata, ma ho la coscienza a posto», ha detto l’archeologa a SassariNotizie.
La versione di Stonepages.com Arosio, Meozzi e Nash criticano le modalità di conservazione, tutela e valorizzazione del monumento messe in campo dalla Soprintendenza, che ha diretto lo scavo realizzato con fondi regionali da Francesco Sartor e Cecilia Parolini (La Sapienza) tra settembre 2008 e aprile 2009, nell’ambito di una convenzione tra il Comune di Bonorva e l’università romana che includeva l’indagine di tutta la tenuta di Mariani. I fondatori di Stonepages.com hanno pubblicato l’ultimo comunicato stampa a marzo 2011 sulla rivista britannica “Time & mind”. Dell’ottobre 2010 è un precedente comunicato stampa, successivo al sopralluogo effettuato sul posto dai due giornalisti assieme all’archeologo di Bristol.
Alla Soprintendenza si rimprovera di aver “sigillato” la tomba con grandi blocchi di pietra ricoprendo in seguito il tutto con un riempitivo di cemento. Un materiale che corrode la pietra, e a dimostrazione di ciò, gli autori adducono l’esempio della tomba numero 3 “delle spirali”, oggi sommersa dall’acqua (scavata negli anni ’90, ndr).
La Soprintendenza inoltre viene accusata di aver «precluso il sito sia ai visitatori che ai ricercatori». «Nessuno può reclamare un diritto esclusivo sul passato», si legge nel comunicato, che in appendice riporta gli articoli 7, 8 e 9 della Convenzione europea della Valletta per la salvaguardia del patrimonio archeologico e la condivisione delle scoperte con la comunità scientifica. Un documento «violato» dalla Soprintendenza di Sassari e Nuoro, secondo Arosio e Meozzi che dicono di essere venuti a conoscenza del sito grazie alle immagini non ufficiali scattate da Antonello Porcu, un imprenditore della zona appassionato di archeologia.
Si fa notare a Luisanna Usai, inoltre, di non aver pubblicato notizie ufficiali sulla Tomba della Scacchiera, se si esclude «una breve esposizione orale nel corso della Riunione scientifica dell’Istituto italiano di Preistoria e Protostoria – La protostoria della Sardegna (Cagliari, 27 novembre 2009)».
«Abbiamo sempre cercato un dialogo con la Soprintendenza ma abbiamo sempre trovato un muro d’indifferenza se non aperta ostilità», affermano Meozzi e Arosio, e citano come esempio un incontro organizzato a ottobre 2010 tra loro, Nash e il sindaco di Bonorva. «Peccato che la Soprintendenza abbia deciso di ignorare completamente l’invito del sindaco, non facendosi vedere all’incontro».
La replica della Soprintendenza. «L’unica affermazione che mi trova d’accordo riguarda l’eccezionalità della tomba, dovuta soprattutto alle bellissime pitture interne», afferma Luisanna Usai. «Per prima cosa, vige un codice etico non scritto tra colleghi, per cui un archeologo non si sognerebbe mai di pubblicare su internet giudizi pesanti sul lavoro di un altro archeologo. E non dovrebbe nemmeno essere consentita la divulgazione di immagini di monumenti inediti scattate di nascosto, come ha fatto il signor Porcu». All’accusa di aver deliberatamente precluso la fruizione del sito, Usai risponde così: «La necropoli si trova in un luogo isolato e difficilmente accessibile in cui, al momento, si può arrivare solo a bordo di un fuoristrada. E nego decisamente che sulla tomba si stata gettata una colata di cemento: prima è stata avvolta in tessuto non tessuto, poi ricoperta di terra e infine di cemento, che dunque non è assolutamente a contatto con la pietra». La roccia è trachite-ignibrite rossastra molto friabile. «Ora la tomba è chiusa perché secondo gli esperti di conservazione, tra cui la restauratrice Andreina Costanzi Cobau, la luce rovinerebbe in modo irreparabile i motivi decorativi interni. Perciò, anche quando il sito sarà valorizzato, gli accessi dovranno essere regolati. Lo hanno detto gli stessi restauratori che si sono occupati della necropoli di Sant’Andrea Priu». A proposito della Convenzione della Valletta, «ben prima di questa, c’è l’etica degli archeologi per i quali la conservazione del Bene culturale è la cosa più importante». Questione tutela e valorizzazione: «A Sa Pala Larga ci saranno sempre problemi di valorizzazione per la posizione isolata del sito. E poi non abbiamo la bacchetta magica: mancano i fondi. Abbiamo provato in tutti i modi a ottenere i soldi necessari per realizzare il progetto preparato dalla stessa ditta romana che si sta occupando del restauro delle statue di Mont’e Prama. Servono 300mila euro, ma non li abbiamo ottenuti né tramite gli stanziamenti ordinari del Ministero, né da Arcus». L’accusa che più le dispiace, però, è quella della mancata divulgazione: «Con permesso, non sono gli altri che devono indicarmi i canali con cui comunicare. Gli atti della Riunione dell’Istituto italiano di storia e protostoria sono in pubblicazione, e una relazione ancora più dettagliata sulla tomba numero 7 uscirà a breve sul primo numero di Erentzias, la nuova rivista della Soprintendenza». Infine: «Non sapevo nulla dell’incontro con il sindaco e l’archeologo inglese perché nessuno mi ha detto niente. I miei referenti erano il capo dell’ufficio tecnico e l’assessore alla Cultura».
Mancanza di fondi. «Ciò che deve scandalizzare la gente è la mancanza di fondi. Non facciamo polemica fine a se stessa su un singolo caso. L’ultima finanziaria ci ha attribuito solo 100mila euro per la tutela di due province».
Della Tomba della Scacchiera sentiremo ancora parlare.

Nel 2014, quattro anni dopo questo dibattito sui media, la realtà è quella delle foto di Pilia (vedi sopra). La “copertura” di tessuto non tessuto” piuttosto leggera e realizzata con scarsa regola d’arte, sotto la quale è evidente un riporto di terra spinta con mezzi meccanici e avanzi di “mascelle di legno” e puntelli di cantiere, si presentava sfondata; la tomba 1 e 2 allagata e di libero accesso.

La notizia fece un certo scalpore. Come Nurnet scrivemmo al Presidente Pigliaru e al Soprintendente Minoja, chiedendo maggior attenzione per la necropoli. Il Sindaco di Bonorva, Giammario Senes, a sua volta scrisse al ministro e al sottosegretario dei BB.CC. Barracciu. Barracciu garantì che “Come rappresentante del Mibact assicuro che questi interventi saranno effettuati in maniera rapida e tempestiva”. La Nuova Sardegna dedicò una intera pagina della cultura alla vicenda.

Il primo di aprile ci recammo a Bonorva, fummo ricevuti dal Sindaco Senes e con lui decidemmo di organizzare una festa di sensibilizzazione, nella valle di Mariani, presso Sas Abbilas, con visita e accompagnamento del pubblico ai luoghi della necropoli.

Il 21 settembre si svolse la festa. Su, a Sa Pala Larga, fummo accompagnati dal signor Enrico Contini, già primo scopritore, oggi purtroppo non più menzionato dalle varie pubblicazioni sulla necropoli. Lui ci spiego i dettagli della scoperta e ci disse il vero e originario nome del luogo è AIDU DE SOS SANTOS (il passo dei santi), che riporta un evidente richiamo agli avi, Sos Mannos.

La necropoli, insieme a quella più nota,  di Sant’Andrea Priu, era probabilmente il luogo di tumulazione degli abitanti dell’importante villaggio esistente già nell’eneolitico, posto nella valle di Santa Lucia, di cui non restano significative tracce.

La Festa della Civiltà Nuragica fu un successo di pubblico. Venne il professor Ercole Contu, ormai defunto, che intrattenne il pubblico con la presentazione del suo ultimo libro.

Per l’occasione fu ampliato lo spazio all’aperto dell’agriturismo Sas Abbilas e, Antonello Porcu, il padrone di casa, già promotore delle prime azioni di tutela, fu felice di offrire il pane zichi al brodo di pecora, condito in vari modi. La presenza di due cori barbaricini allietò il convivio.

L’unica nota storta fu la denuncia dell’ex presidente della Regione Mauro Pili per “disastro archeologico”, contro ignoti, fatta strumentalmente proprio il giorno prima dell’evento, che fu la causa dell’assenza del sindaco Senes e di altri amici che avevano dato la loro adesione.

Nella pagina facebook https://www.facebook.com/sapalalarga abbiamo cercato di tenere aggiornati gli annali sull’evoluzione dei restauri successivamente avviati dal Ministero in accordo con Regione e Comune.

I restauri furono realizzati dal Centro di Conservazione Archeologica di Roma, i quali pubblicarono con dei filmati il resoconto https://www.facebook.com/CCARoma/videos/1079979968722389/

 

Nei giorni scorsi sulla rivista “Archeologia Viva” è uscito un interessante articolo, corredato di bellissime foto, che presenta i lavori di restauro in corso e di prossima conclusione.

Quindi possiamo dire che nel lungo termine la storia e le sorti delle antiche tombe volgono al meglio.

Purtroppo in essi ci si è dimenticati di tutti questi piccoli eroi locali che hanno contribuito alla salvezza del monumento, a iniziare dallo scopritore Enrico Contini, per seguire con la persona che lanciò il primo appella per la maggiore tutela e valorizzazione, Antonello Porcu, e tutti quelli che si sono dati volontariamente da fare.

Sono forme di narrazione diverse: quelle che tendono a esaltare le piccole storie delle persone comuni e il loro contributo, mai riportato sui libri di storia ma importante, in relazione di causa effetto, contro quelle che esaltano il ruolo delle istituzioni e di chi le guida.

Noi tendenzialmente, per statuto e per la nostra stessa ontologia associativa, utilizziamo la seconda.

Anche perché il presidio vero e necessario del territorio e del patrimonio ereditario può essere svolto solo da questi anonimi attori, quelli che sul territorio ci stanno.