“Sa sedda de Biriai” – una ricognizione fotografica su uno straordinario sito Monte Claro, oggi dimenticato

  –  by opaxir, scritto il 27 di marzo 2024

 

Oliena, Sa sedda de Biriai ! Uno di quei luoghi della Sardegna grondante di remoti passati e di immense solitudini… La prima volta che ne sentii parlare fu diversi anni fa dalla voce della prof.ssa Adriana Moroni, amica preistorica dell’Università di Siena, e… i suoi occhi si illuminarono al ricordo di un esperienza indimenticabile e certo intensa: quella del primo scavo sul sito di cui essa, da giovane studentessa, fu testimone e artefice. Lo scavo di cui si parla è quello condotto dall’archeologa Editta Castaldi nel 1980, pubblicato l’anno successivo nella “Rivista di Scienze Presitoriche” (1), ma in realta questo era stato anticipato da alcuni saggi di scavo compiuti l’anno precedente sempre dalla Castaldi, a seguito, come lei scrive (2), della scoperta del sito per un sopralluogo in data 23 marzo 1979 compiuto da Fulvia Lo Schiavo, all’epoca funzionario della Soprintendenza alle antichità per le province di Sassari e Nuoro.

Da queste due prime “Relazioni preliminari” della Castaldi si evince l’estrema rilevanza del sito, giustamente ascritto alla “Cultura di Monte Claro” già all’epoca riconosciuta e collocata nella piena età del Rame (III millennio a.C.) grazie al ritrovamento già in superficie di frammenti a “ceramica impressa” con decori geometrici a solchi orizzontali e a “file parallele di tacche oblique contrapposte”.

Il sito all’epoca era stato scoperto a seguito di uno smacchiamento e spietramento compiuto nell’area con una ruspa dai proprietari e che viene testimoniato eloquentemente dal raffronto di due foto aeree la prima del 1955 (volo GAI) e la seconda del 1968 (img.1-2). Nell’immagine n. 2 si riportano anche le aree di interesse archeologico di cui parleremo, mentre nell’immagine n. 3 la carta topografica sempre sulla stessa scala di 1/2500. E’ significativo riportare alcuni stralci della prima relazione della Castaldi (2) una volta giunta sul sito!

 

Immagine 1

 

Immagine 2

 

Immagine 3 _ Carta Tecnica Regionale

 

I saggi del 1979

Ecco le sue parole: L’importanza archeologica del sito di Biriai è molto accresciuta da ulteriori testimonianze archeologiche : nell’area dove è passata la ruspa e dove si rinvengono centinaia e centinaia di macine – specie in lava – e macinelli e dove si raccolgono strumenti in ossidiana (e rifiuti di lavorazione della stessa) come pure frammenti ceramici con interessanti motivi decorativi sono visibili, sia pure spezzati e rimossi, resti di menhirs lavorati di notevole altezza: essi compaiono in una zona abbastanza ristretta. Ad una certa distanza – un centinaio di metri circa da questa area – in direzione Ovest, si evidenzia un’altra zona cerimoniale a cielo aperto: qui i menhirs, alti dai due ai sei metri, tre ancora in sede ed altri caduti e probabilmente spostati, sono disposti in un’area molto ampia a delimitare un vero e proprio piazzale del diametro di metri 35 X 45 circa. Anche se è prematuro dirlo sembra che i menhirs fossero disposti abbinati: una coppia è ancora in piedi. Un altro particolare interessante è fornito dalla presenza di «Iastroni» ancora in situ perché protetti da muretti divisori della proprietà o da cespugli; essi fanno presumere che la zona cerimoniale fosse pavimentata. Poiché alcuni di questi «lastroni» erano stati rimossi, si è potuto constatare che, mentre la faccia superiore era stata perfettamente appiattita, la faccia inferiore era stata lasciata allo stato naturale. Nei pressi si raccolsero frustoli ceramici Monte Claro decorati con solcature o costolature orizzontali ravvicinate. Una particolarità dei manufatti megalitici consiste nel fatto che, mentre la maggior parte di essi sono in granito e devono quindi essere stati ricavati sul posto, un menhir, orientato perfettamente a Sud, è invece in basalto : una roccia che deve essere stata faticosamente portata da altra località. Il numero dei megaliti, una diecina per ora, non è ancora precisabile: per vedere quanti se ne sono conservati occorrerà disboscare ancora; il proprietario di quest’area ha tuttavia ricordato come «una colonna più alta di sei metri» fosse in piedi quando circa venti anni fa si costruì la casetta intonacata che si trova sul pianoro: il grande menhir fu spezzato e servii come materiale da costruzione. Alle spalle di questa casetta – che è prossima alla grande area cerimoniale – si innalza un grande «tumulo». Da quanto esposto può comprendersi l’importanza storico-archeologica del sito di Biriai sia per quanto concerne la cultura nuragica, sia, e soprattutto, per quanto riguarda le testimonianze di vita delle genti Monte Claro.”

Gli scavi del 1980 – il santuario

L’anno successivo il 1980 la Castaldi organizza uno scavo vero e proprio concentrandosi inizialmente sul “grande tumulo” individuato l’anno precedente e le sorprese non tardano ad arrivare: “Nei saggi di scavo 1979 mi ero ripromessa anzitutto – di chiarire cosa celasse il grande «tumulo» posto sulla zona pianeggiante della « sella » non molto distante dal Nuraghe di Biriai. La campagna di scavo 1980 mi ha permesso di riconoscere nella collinetta un santuario perfettamente orientato ad est. Questo «luogo alto» va indubbiamente collegato ai numerosi megaliti sparsi sul pianoro a S-E ed a N-E della zona d’ingresso del monumento. La collinetta utilizza in parte un’altura rocciosa alla quale fu aggiunto pietrame e terriccio trattenuto da poderosi muri. Il manufatto oggi ha forma grosso-modo ovoidale (metri 57 circa asse S-N ; metri 51 circa asse O-E). A parte i muri di contenimento abbastanza conservati nelle zone S e SE, il resto delle strutture appare molto sconvolto. Offro qui una pianta della collinetta come è apparsa dopo il disboscamento ed una visione del monumento a fine scavo.”

 

Immagine 4 _ Pianta dello scavo del santuario

 

Riporto nella parte iconografica questa ultima pianta di fine scavo che si presta a interessanti considerazioni (img.4).

La Castaldi inizia lo scavo della collinetta rimuovendo un muretto di pietre di medie dimensioni, chiaramente recente, e si trova di fronte ad una sorta di rampa che così descrive: “Dietro di esso, alla distanza di circa 60 cm , comparve un gradone formato da due massi accostati tra loro: la loro altezza è di 55 cm, l’ampiezza di entrambi è di 1 60 cm, ma – qualora si considerino altre due pietre poste a destra ed a sinistra delle precedenti – l’ingresso originario raggiunge un’ampiezza di 250 cm. (img.5)

 

Immagine 5_Ingresso a gradoni

 

Tra il muro «recente» ed il gradone si raccolse gualche frustolo ceramico Monte Claro. L’entrata al monumento è orientata esattamente ad est, tuttavia non è chiaro come essa dovesse presentarsi; penso ad una sorta di rampa in quanto gli «architetti» di Biriai risolvevano i problemi di dislivello mediante terrazzamenti o piccole rampe di forma semicircolare.”

 

Si trova quindi di fronte ad un santuario monumentale sopraelevato rispetto al villaggio circostante e delimitato da due muraglie megalitiche terrazzate di cui solo la superiore risulta ancora ben leggibile con uno spessore di m. 3.40 ed un altezza stimata di m. 1.10. Con il saggio “delta” di m. 4×3 che viene aperto sulla sommità della collinetta la Castaldi si rende conto che su questa si elevavano dei menhir:

“Tutta la superficie in discorso era colma di pietrame che, ho già accennato, appariva più frequente presso le pietre-fitte; inoltre qualche pietra piatta di maggiori dimensioni era sistemata in modo da far presumere che presso i megaliti vi fosse una zona pavimentata. Malgrado la distruzione operata dal tempo e dagli uomini è stato comunque possibile riconoscere ancora, sull’alto della collinetta, i resti di tre pietre-fitte che sono certamente da collegarsi con quelle del pianoro.”

 

Gli scavi del 1980 e 1982 – le capanne

Lo scavo continua mettendo in luce nell’area pianeggiante immediatamente a nord della collinetta 4 capanne a più ambienti (dalla n.2 alla n.5), molto vicine fra loro mentre la capanna n. 1 viene invece individuata su un pendio declinante in direzione est.

Le capanne sono a pianta “rettangolare-absidata” e gli scavi restituiscono, insieme a numerosi frammenti fittili, moltissime macine e macinelli, di queste la Castaldi fornisce la seguente descrizione:

“…si recuperarono , tra integre e spezzate, 150 macine di forma ovoidale con piano di lavoro concavo e piano di posa piatto, o più spesso convesso. Le loro misure variano da cm 18×21 a 20, 22, 26×34, 36, 38 circa; l ‘altezza più frequente è quella di cm 8 ma taluna è irregolare, e in parte raggiunge 12- 15 cm . Sono generalmente in granito o trachite e, talvolta, in basalto. Ovunque si raccolgono nel terreno pietre arrotondate e ciottoli fluviali di varie misure e colori : alcuni reperti non mostrano tracce di usura ma altri, appiattiti e con uno dei lati levigato, indicano di essere stati usati quali macinelli.” Altro rinvenimento importante fu quello di una testa taurina (img.6) trovata “tra il riempimento della stradetta che divide la capanna 2 dalla capanna 3, presso il «luogo alto» questa doveva certamente far parte del mondo religioso dell’epoca. Si tratta di un abbozzo di testa taurina impiegata come materiale da costruzione. A mio parere chi iniziò a scolpirlo, a causa di una rottura, non portò a termine il lavoro; l’immagine venne quindi adoperata nella muratura della casa n. 3 ma, pur non portato a termine e svilito, il documento si rivela estremamente interessante: esso mostra infatti un continuum di credenze tra i tori attribuiti alla cultura Ozieri e quelli conosciuti in età nuragica!”

Immagine 6 _ Testa Taurina

Nell’estate del 1982 la Castaldi compirà una seconda campagna di scavo sul sito, scavando altre 3 capanne (n. 6, 7, 8), volta a definire la tipologia delle capanne stesse e discuterne i confronti con altri villaggi sardi e non. Per questa seconda campagna rimando, a chi volesse approfondire, alla pubblicazione dei risultati, sempre sulla  “Rivista di Scienze Presitoriche” (3).

 

I menhir

 L’area dove già nel 1979 aveva individuato numerosi menhir viene ulteriormente indagata nel 1980, sia pure senza compiere ulteriori saggi, ma enumerando e posizionando con precisione i menhir con un rilievo. La Castaldi scrive che i “dieci megaliti superstiti della zona S-O si trovano dislocati tra i 100 e i 150 metri dall’ingresso del «luogo alto»; i due megaliti della zona N-E si trovano tra i 115 ed i 125 metri di distanza dal santuario.”  In realtà l’area dei 10 menhir, che abbiamo potuto verificare, si trova a SE del santuario e non a SO mentre quella dei due “megaliti” a NE non siamo riusciti ad identificarla. Quindi 12 menhir in tutto, numerati da 1 a 12, i primi dieci nell’area a SE e due a NE del santuario, di questi solo i numeri 1 e 2 ancora in piedi (img.7),

 

Immagine 7_Menhir 1 e 2

 

il n. 5 è l’unico in basalto con la punta spezzata ed in posizione inclinata e che, “contrariamente agli altri megaliti di sezione rotondeggiante, si tratta di un lastrone portato certamente dalla regione del Gollei”, il più alto è il n. 7 di m. 5.65 caduto e spezzato in due tronconi e di forma appuntita! (img.8).

 

Immagine 8 _ Menhir 7 aerea

 

Intorno a questo sono ancora ben visibili i lastroni di cui parla la Castaldi e che dovevano costituire la pavimentazione all’interno del circolo megalitico (img.9).

 

Immagine 9 _ Menhir 7 e amp; Lastroni

 

L’interpretazione dei 10 menhir dell’area SE, a cui se ne aggiunge un undicesimo, come un “Cromlech calendariale” viene proposta successivamente dalla stessa Editta Castaldi in una sua pubblicazione del 1999 (4) che al momento non ho modo di consultare e quindi rimando senza commentarla alla relativa figura (img.10) tratta però dalla Tav. XVII de “I menhir della Sardegna” di Salvatore Merella (5) consultabile in rete.

 

Immagine 10 _ Cromlech

 

La cinta muraria 

I siti insediativi della civiltà Monte Claro sono tipicamente siti d’altura fortificati da possenti muraglie megalitiche mirabilmente costruite con porte d’ingresso, a volte integrandosi su affioramenti rocciosi naturali, potenziando così delle scarpate naturali già di per se difficilmente superabili… E’ questo il caso, per citare due siti che abbiamo visitato, della Fortezza di Corrales e di Punta de s’Arroccu (Chiaramonti). Anche a Monte Baranta, noto insediamento dei Monte Claro (Olmedo) il lato NW del pianoro, quello più accessibile, è difeso da un’impressionante muraglia megalitica in opera poligonale lunga quasi 100m, spessa 5m e alta circa 2.5m! A Biriai apparentemente niente di tutto ciò ma osservando attentamente le foto aeree del sito si nota sul lato orientale una linea dritta orientata NW-SE che unisce due affioramenti granitici su una distanza di circa 250m, delimitando, nelle foto aerea del 1968, l’area che fu oggetto di spietramento (img.2) e che sulle carte topografiche (img.3) viene riportata come opera muraria. Quindi che si tratti di un muro è indubbio il problema è datarlo!

Immagini 11 _ Mura tratto SE

 

Nella nostra ricognizione ci siamo spinti fino all’affioramento granitico di SE da dove parte il muro e sporgendomi da sopra, sfruttando un robusto olivastro, ho potuto osservare, sia pure per un tratto brevissimo di 5-6m (poi spariva sotto la vegetazione), tale muro e posso dire che aveva tutte le caratteristiche di una muraglia megalitica: grandi massi di granito tondeggianti e incastrati fra loro per un’altezza di almeno 2m con altri franati visibili alla base (img.11). Questa struttura muraria, indicata nella cartografia dopo aver raggiunto l’altro affioramento a NW posto a circa 70m a Nord del santuario piega verso Ovest per circa 400m con qualche curva e raccordandosi poi con altri muri tipici di confini fondiari.

Per chiarire la natura di questa opera, che potrebbe presentare fasi temporali diverse, ovviamente andrebbe percorsa per intero, cosa certo non agevole ma possibile. I lati occidentali e meridionali dell’insediamento non presentano sul terreno alcuna difesa ma dobbiamo ricordare che il sito è stato interessato da un devastante spietramento, di cui ci parla la Castaldi, effettuato con un mezzo meccanico negli anni ’60 del secolo scorso, spietramento che potrebbe benissimo anche essere l’ultimo di una lunga serie nei 4500 anni, dai Monte Claro ad oggi. E’ ovvio che la fotointerpretazione ed una ricognizione non sono sufficenti a derimere la questione se effettivamente Biriai fosse o meno un sito fortificato.

Conclusioni

Sa sedda de Biriai non si estingue con la gente di Monte Claro, in età nuragica troviamo vicino ben due nuraghi arroccati su uno sperone granitico ed un florido villaggio sottostante, poco lontano a nord del santuario megalitico, ma questa è un ‘altra storia che potete leggere in un recente contributo di Gianfranca Salis (6) la quale ha brillantemente studiato tale fase, alla luce di nuovi ritrovamenti. Anche noi avremo bisogno di una nuova fase e rinnovate energie per visitare almeno una seconda volta questo sito affascinante che sicuramente ci ripagherà con nuove emozioni e nuove scoperte nel silenzio e nella solitudine che solo fra gli asfodeli e le rovine nebbiose del tempo di questi luoghi potremo ancora apprezzare.

 

Bibliografia

 1) E. CASTALDI – “Villaggio con santuario a Biriai (Oliena-Nuoro). (II relazione preliminare)” in “Rivista di Scienze Preistoriche” XXXVI, Firenze 1981, pag. 153-221.

 2) E. CASTALDI – “Biriai (Oliena-Nuoro): il villaggio di cultura Monte Claro” in “Rivista di Scienze Preistoriche” XXXIV, Firenze 1979, pag. 231-242.

3) E. CASTALDI – “L’architettura di Biriai (Oliena – Nuoro)” in “Rivista di Scienze Preistoriche” XXXIX, Firenze 1984, pag. 119-152.

4) E. CASTALDI – “Sa Sedda de Biriai (Oliena – Nuoro – Sardegna) Villaggi d’altura con santuario megalitico di cultura Monte Claro” edito da Quasar, 1999.

5) S. MERELLA – “I menhir della Sardegna” edito da Il Punto Grafico, Sassari 2009.

 6) G. SALIS – “La frequentazione in età nuragica nel sito di Biriai – Oliena” in “Notizie & scavi della Sardegna nuragica” 2020, pag. 506-519.