Sardegna, raccontami la tua storia

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di Giorgio Valdès
“La Sardegna verso l’Unesco: Progetto d’inclusione dei Monumenti dell’Età Nuragica nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità”.
Ripropongo, qui di seguito, alcune considerazioni su di un argomento che ho sempre ritenuto meritevole di riflessione ed approfondimento.
L’immagine allegata comprende (a sinistra e indicata da una freccia) la bella riproduzione, magistralmente realizzata da Manlio Rubiu, di uno dei vasi piriformi rinvenuti nel complesso nuragico di Sant’Anastasia a Sardara.
A destra è invece raffigurato il “bronzetto” di un nuraghe dotato di torre centrale più alta rispetto alle altre torri di contorno, custodito nel Museo Sanna di Sassari.
E’ stato rinvenuto ad Olmedo e si caratterizza in particolare per delle ramificazioni inferiori, che quasi in proseguimento delle torri perimetrali si collegano ad un piccolo “basamento” in bronzo.
Ma cos’è che potrebbe accomunare le due figure?
Innanzitutto, osservando prospetticamente il reperto di Olmedo, si noterebbero due torri più basse e la terza, quella centrale, svettante rispetto alle altre due.
Analogamente, nella parte alta del vaso di Sardara compaiono tre elementi assimilabili a tali torri (indicati con tre freccette numerate e chiedendo scusa all’amico Manlio per aver “manomesso” la sua foto).
Sempre sul vaso di Sardara si notano dei cerchielli concentrici sia nella parte superiore, sia in quella inferiore, ed é presente anche una “coppetta” applicata sulla sua superficie.
Si rilevano infine dei tratteggi e delle greche.
Cercando di interpretare questi segni e comprendere cosa ci stia a fare una coppetta non collegata all’interno del vaso e quindi senza utilità alcuna, mi sono rifatto alla simbologia geroglifica egizia, atteso che con la terra dei faraoni pare che i nostri progenitori avessero intessuto intensi e perduranti rapporti (non lo afferma un semplice appassionato come me, ma esimi studiosi tra cui il professor Giovanni Ugas)..
I cerchielli concentrici, secondo gli antichi egizi, rappresentavano il sole (“ra”- N5 della lista geroglifica Gardiner); le greche l’acqua (“nu” – N35) e la coppetta (“htm” – N41) l’utero.
Per quanto si riferisce al tratteggio, pur non avendo un particolare riferimento geroglifico (almeno così credo), con molta probabilità potrebbe raffigurare la terra, il suolo: simbologia ancora in uso nel disegno tecnico.
Nel complesso, ciò che appare sulla superficie del vaso si potrebbe interpretare come il sole che penetrando all’interno del nuraghe dalla cima delle sue torri, attraversa la terra per intercettare l’acqua primigenia.
Si delineerebbe così la metafora di quella rigenerazione della vita che informa l’intera nostra civiltà preistorica e protostorica e le relative testimonianze materiali, ad iniziare dalle “domus de janas”.
Se così fosse troverebbe ulteriore conferma la teoria riportata nel post di cui al seguente link https://www.nurnet.net/blog/un-buco-con-il-nuraghe-intorno/
Tra l’altro, non è di secondaria importanza la presenza dei termini egizi “nu” e “ra”, notoriamente ricorrenti nella nostra toponomastica.
Per ritornare al modellino di nuraghe di Olmedo, è opinione prevalente che le ramificazioni citate in premessa non siano altro che canalette di fusione del bronzo, forse conservate per fissare la scultura a un supporto.
In realtà questa interpretazione solleva non poche perplessità, perché non è razionalmente comprensibile la conservazione di un “armamentario” talmente arzigogolato per fissare un oggetto di ridotte dimensioni a chissà quale supporto.
Penso invece che l’artigiano non avesse voluto eliminare appositamente le “canalette” e la base su cui convergono, in modo da configurare un collegamento -analogo a quello rappresentato sul vaso di Sardara- tra il mondo esterno e quello ultraterreno: con la base a figurare ancora una volta l’acqua, intesa come prima fonte di vita.
Ovviamente, quanto sin qui riferito, va come sempre considerato come mera ipotesi di un semplice e “curioso” appassionato.
Vorrei piuttosto concludere le mie osservazioni, rimandando a quest’altro post, a suo tempo pubblicato sul blog del compianto Gianfranco Pintore:
http://gianfrancopintore.blogspot.com/2011/09/il-rame-e-la-rigenerazione-della-vita.html