Ritualità e simbolismi nelle sepolture della Sardegna preistorica

Sardegna verso l’Unesco: Progetto d’inclusione dei Monumenti dell’Età Nuragica nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità”.

 di Marco Chilosi

Tra i molti temi di incertezza e dibattito relativi alla preistoria della Sardegna riveste particolare rilevanza quello relativo alla “continuità” tra le diverse culture pre-nuragiche e quella nuragica. La civiltà nuragica sorge sulle spoglie delle precedenti per “sostituzione” (pacifica o cruenta)[cfr. Massimo Pittau, assertore della provenienza dei nuragici dalla Lidia – “Storia dei Sardi Nuragici”,ed. Domus de Janas 2007], o è naturale evoluzione delle precedenti facies (anche se con possibili influssi  – genetici e culturali – esterni)?  La soluzione di questa complessa e rilevante questione non può che essere fornita da un approccio articolato e multi-disciplinare, che comprenda valutazioni di carattere archeologico-architettonico sulla continuità stilistica e tecnica dei monumenti a noi pervenuti (Domus de Janas –  menir,  dolmen, proto-nuraghe, nuraghe, fonti sacre), ma anche valutazioni che “leggano” nelle simbologie racchiuse in quei monumenti la presenza e trasmissione di codici religiosi e culturali.  L’applicazione del megalitismo in ambito funerario (ad es. nei dolmen) è diffuso in molte regioni europee, ma in Sardegna ha fornito esempi di “contaminazione” uniche ed interessantissime. Per millenni il culto dei defunti si è realizzato in tombe ipogeiche (le Domus de Janas) che, nella variabilità stilistica di dimensioni e di struttura, conservano una coerenza innegabile. E’ ipotizzabile che l’integrazione col megalitismo abbia fornito quegli elementi di “transizione” (le tombe a prospetto) che hanno fornito la matrice per il successivo sviluppo delle Tombe dei Giganti. In questi passaggi l’evoluzione tecnica e architettonica comprende una forte continuità nella sfera mistico-religiosa.  Lo possiamo evidenziare non solo nella conservazione di alcuni elementi strutturali con marcata valenza simbolica (ad esempio le “false porte” presenti in numerose Domus de Janas, tombe a prospetto e tombe dei Giganti), ma anche nella concezione templare e cerimoniale che accompagnava il culto centrato sul rapporto tra i defunti, la divinità e la comunità dei viventi. Per approfondire queste idee è utile un approfondimento su alcuni di questi elementi, in particolare: le “false porte” e il rapporto tra progetto strutturale e cerimoniali.

 

Le false porte.

Interrogando il web (compreso l’archivio scholar) sulla presenza e significato di queste interessanti strutture è assoluta la prevalenza dei riferimenti alle tombe dell’antico Egitto. Nella definizione di Wikipedia possiamo leggere:

“A false door, or recessed niche, is an artistic representation of a door which does not function like a real door. They can be carved in a wall or painted on it. They are a common architectural element in the tombs of ancient Egypt, but appeared possibly earlier in some Pre-Nuragic Sardinian tombs. (le false porte sono rappresentazioni artistiche di porte che non funzionano come porte reali. Sono scolpite nelle pareti o dipinte. Costituiscono elementi architettonici comuni nelle tombe dell’antico Egitto, e in alcune tombe della Sardegna pre-nuragica, probabilmente in epoche più antiche).

Interessante (e preoccupante) notare che il riferimento alla rilevanza cronologica delle false porte della Sardegna rispetto a quelle egiziane NON è presente nella versione italiana di Wikipedia (evidente conferma dello strabismo di certa cultura italiana, in particolare se relativo alla Sardegna antica).

L’ispirazione delle false porte egiziane (prima e seconda dinastia) potrebbe essere riconducibile alle intense relazioni (anche genetiche) con l’antica Mesopotamia. Nelle rappresentazioni della Mesopotamia (peraltro molto rare) la falsa porta è correlata a funzioni religiose templari con particolare riferimento alle offerte: (https://en.wikipedia.org/wiki/Egypt%E2%80%93 Mesopotamia_relations) (figura 1).

E’ ipotizzabile che la simbologia relativa alle false porte nella Sardegna neolitica delle Domus de Janas (III e IV millennio) se non antecedente a quelle della Mesotamia e dell’Egitto ne sia quantomeno contemporanea. L’aggiornamento delle metodologie archeometriche ha prodotto infatti significative correzioni nella cronologia archeologica classica. Citando l’archeologa Mariagrazia Celuzza [1]: La calibratura delle date può perciò provocare dei veri e propri rovesciamenti di relazioni cronologiche. Contrariamente a quanto si credeva in precedenza, le tombe megalitiche europee sono così  risultate più antiche delle piramidi egiziane o delle tombe circolari di Creta”. E’ quindi difficile poter definire se l’ispirazione relativa a questa rilevante simbologia sia stata importata in Sardegna (dalla Mesopotamia o dall’Egitto) o viceversa. L’ipotesi più probabile, alla luce delle evidenze cronologiche, è che questa simbologia sia stata “ereditata” indipendentemente da quelle civiltà, da culture/popolazioni precedenti. Un possibile “precursore comune” potrebbe provenire dalle regioni orientali, dove già nel decimo millennio B.C. si svilupparono complesse civiltà di cacciatori/raccoglitori, molto evolute, caratterizzate da aggregazioni stanziali quali quelle documentate nel magnifico sito di Gobleki-Tepe. In quel sito sono presenti numerosi manufatti artistico/simbolici che con varie declinazioni si ritrovano nei successivi contesti archeologici del neolitico, tra cui coppelle, colonne, stele antromorfe. Esaminando le immagini dei reperti disponibili nel web [https://tepetelegrams.wordpress.com/tag/architecture/] è possibile identificare anche una “porta” scavata nella pietra, sormontata da un bucranio, che ricorda le false porte delle Domus  (figura 2).

Benchè i rapporti tra l’antico Egitto e la Sardegna siano ben documentati è poco probabile che la simbologia cultuale e religiosa relativa alle false porte sia effetto di questi scambi. Troppo diffusa in ambedue le civiltà, in tempi diversi, e non plausibilmente correlabile né a “mode”, né tantomeno a imposizioni o colonizzazioni. E comunque, ben prima di Piramidi e Nuraghe, un innegabile legame univa quelle genti: la condivisione di una visione religiosa della vita e della morte, e del possibile rapporto e comunicazione tra viventi e defunti  attraverso riti da svolgere in siti sacri, in templi scolpiti nella pietra. Nelle antiche tombe dei popoli della Sardegna, le “Domus de Janas”, è possibile riconoscere, anche se in forme arcaiche, gli stessi simboli presenti nelle sepolture di notabili egizi dell’antico Egitto, evidenza di una condivisa interpretazione filosofico/religiosa, ma anche medesime forme di ritualità. L’interpretazione del significato e funzione delle false porte nelle Domus è difficile, se non impossibile, a causa della mancanza di documenti. Possiamo però indirettamente ricavare elementi di comprensione esaminando la vastissima documentazione relative alle false porte dell’antico Egitto. In una pregevole “review” disponibile in rete [1], in cui si descrivono le caratteristiche morfologiche e le implicazioni culturali delle false porte dell’antico Egitto, l’autore (J. Takenoshita) così le descrive:

   In Ancient Egypt, the false door was thought to be a threshold between the world of mortals and that of deities; where spirits lived. The deity could interact with the world of the living either by passing through the false door or receiving offerings through. False doors are often one of the striking elements within tomb complexes; they were usually located on the western wall of the chapel‟s offering room; known as an offering chamber. This was usually the rear wall of the chapel or the mortuary temple.

(“nell’antico Egitto la falsa porta era considerata un tramite tra il mondo dei mortali e quello delle divinità. Gli dei potevano interagire con il mondo dei vivi passando per la falsa porta, attraverso la quale potevano ricevere le offerte. Le false porte avevano spesso, nei complessi funerari, una rilevanza notevole, costituendo elemento principale della cappella o tempio delle offerte)”.

Questo ruolo di luogo sacro ove si svolgono cerimonie e riti di interazione tra i due mondi, quello dei vivi e quello dei defunti, è particolarmente importante, e costituisce il fulcro dell’interpretazione non solo delle porte, ma dell’intera architettura che le comprende. Estendendo alle Domus della Sardegna queste acquisizioni, ampiamente condivise a livello scientifico per le tombe dell’antico Egitto,  rende possibile decifrare con maggiore attendibilità i diversi elementi che le caratterizzano. In particolare va sottolineato che accettando queste analogie l’interpretazione della Domus come “imitazione della capanna” comunemente condivisa anche a livello accademico appare fuorviante. Per gli antichi Egizi il ruolo dell’insieme architettonico centrato sulla falsa porta non era quello di fornire ai defunti una “casa” simile a quella in cui avevano vissuto, ma un luogo sacro, un tempio, ove si poteva realizzare il sacro interscambio tra i due mondi. E centrale era la “cappella delle offerte”:

It has been recognised that the false door was a point between this world and the netherworld. Thus, offerings were deposited in front of the false doors, and a water basin and an offering table were put in front of the equipment to perform an offering ritual there”.

(“Le false porte costituivano un “limen”, un passaggio tra i due mondi, quello dei viventi e quello degli dei e delle anime dei defunti (Ka).  Qui, di fronte alla falsa porta, in un cerimoniale che utilizzava un tavolo delle offerte ed un bacile per l’acqua”).

     Perché è importante questo punto? Perché consente di interpretare più correttamente la struttura e la funzione dei vari elementi presenti nelle Domus. Le offerte erano depositate, nelle tombe egiziane, di fronte alla falsa porta su un tavolo assieme ad un “bacile” per l’acqua. E questo ci riporta alla interpretazione degli elementi caratterizzanti delle Domus, le strutture circolari (da semplici fosse a raffinate sculture a cerchi concentrici) presenti nelle Domus, di fronte alla falsa porta. Sono opere d’arte magnifiche che sono “ufficialmente” interpretate come “focolari” (figura 3).

Già in passato abbiamo messo in dubbio questa interpretazione che contribuisce a nostro avviso a sottovalutare la funzione sacrale della Domus de Janas, interpretando banalmente quel luogo come “rappresentazione della capanna”. La struttura rappresenta ovviamente elementi degli edifici del tempo (il tetto architravato, etc.) ma la innegabile monumentalità di molte Domus contrasta con quella semplicistica interpretazione. Il Ka, l’anima dei defunti, non vive nella tomba egizia (e nelle Domus dell’antica Sardegna), vive nel mondo degli dei, da cui può tornare, attraversando la falsa porta, comunicando con i viventi, accettandone le offerte e intercedendo per le loro richieste e necessità. Il sito di incontro nelle Domus è caratterizzato da simboli sacri e divini (bucefali, corna, spirali, trinità, decorazioni in ocra). Il “piatto delle offerte”, artisticamente ricavato con fatica e maestria scalpellando l’intera superficie rocciosa del pavimento,  ha la tipica forma dei “bacili”, ed è parte integrante di quella ritualità, formando quel corredo sacro dedicato alle offerte in cui la sacralità dell’acqua, sorgente di vita, è protagonista. Il luogo dello scambio è ulteriormente reso solenne dalla presenza, rilevantissima, di colonne. Colonne massicce, spesso in coppia, a formare un ideale proscenio che si apre su quel punto focale dove attendere le anime dei defunti. Colonne scolpite con immagini del divino bucranio, simbolo della potenza rigeneratrice (figura 4).

Debole appare l’assegnare a quelle colonne un ruolo “strutturale”, per la posizione spesso decentrata e per la consistenza delle rocce in cui le Domus sono ricavate. Esaminando lo schema progettuale delle false porte delle tombe egiziane e quelle delle Domus si riconoscono elementi fondamentali ed elementi secondari: il pannello (la parete divisoria vera e propria) e la cornice, elemento artisticamente evoluto e variabile nelle Domus, che comprende rilievi comunemente considerati rappresentazione stilizzata di corna bovine, spesso molto allungate e sovrapposte. Molto interessante e plausibile è la identificazione alternativa di queste rappresentazioni come “braccia aperte”, simbolo delle offerte, elemento culturalmente basilare della iconografia egizia. Riprendendo quanto riportato da Giorgio Valdes su Nurnet.net [3]: “Scrive al proposito l’egittologa Betrò: “Il ka è una potenza vitale, che possiedono sia gli uomini che gli dei. Si trasmette di padre in figlio e, come tale, più che un elemento della personalità individuale, appartiene, usando concetti moderni, al patrimonio genetico ereditario di un uomo. Il dio vasaio Khnum forma sul tornio il ka di un uomo contemporaneamente all’uomo stesso w il ka si riunisce all’uomo, quando questi muore, grazie ai rituali eseguiti nel corso dei funerali. Dei vari elementi che compongono la personalità di un uomo nella concezione egiziana è il più vitale, legato ad un nesso profondo alla potenza sessuale (anch’essa chiamata k3=ka e connessa alla figura del toro – nota di chi scrive) e al cibo, come fonte di energia e vita (k3w=kaw). Secondo una delle interpretazioni più diffuse del segno, il gesto delle braccia protese potrebbe alludere all’offerta del cibo, come momento sacro del cerimoniale divino e funerario: lo attesterebbero alcuni vassoi rituali in pietra dell’età predinastica e protodinastica, dove il geroglifico delle braccia fa da contorno al piatto dell’offerta…” (figura 5).

  1. Tornando infine ai monumenti sepolcrali del periodo nuragico, le Tombe dei Giganti, essi conservano i principali elementi simbolici sopra descritti nelle Domus, anche se stilizzate e semplificate e trasformati in mausolei non ipogei. Le tombe dei Giganti, anche in quelle a prospetto, vedono come parte centrale e più rilevante la stele, un manufatto finemente scolpito che è concordemente interpretata come evoluzione architettonica di una falsa porta [figura 6].
  2. L’area che costituisce l’esedra prospiciente alla sepoltura racchiude, in due ampie ali, un luogo corrispondente alla “cappella delle offerte”, il limen tra viventi e defunti. Luogo in cui si svolgevano i riti propiziatori, le offerte, le preghiere. Nel passare dei secoli quindi quella stessa visione teologica e quella ritualità sembrano conservate nei tratti essenziali, rendendo improbabile un “innesto” migratorio (dalla Lidia?), come prospettato da alcuni, che avrebbe inevitabilmente determinato uno “spoil system” scarsamente propenso a conservare quelle così intime e profonde tradizioni.

 

Riferimenti

1 . Celuzza Mariagrazia: https://digilander.libero.it/etruscologia/archeometria.htm

  1. Takenoshita, J. 2011:”When the Living met the Dead: The Social Functions of False Doors in Non-Royal Funerary Culture with references to examples from the First Intermediate Period and Middle Kingdom”: A Thesis submitted to The University of Birmingham for the degree of Master of Philosophy, Institute of Archaeology and Antiquity. College of Arts and Law, The University of Birmingham). https://etheses.bham.ac.uk/id/eprint/3048/.
  2. 3. https://www.nurnet.net/blog/sardegna-ed-egitto-una-lunga-storia/

 

 

 

Le immagini delle Domus de Janas e delle Tombe dei Giganti, di vari autori che ringraziamo, sono ricavate dal portale Nurnet.