di Giorgio Lecchi
I simboli che gli antichi rappresentavano sui diversi monumenti e i riti che praticavano fin dalla notte dei tempi, hanno spesso catturato l’attenzione sia di studiosi che di curiosi appassionati, forse, nel vano tentativo, di poter carpire i segreti delle civilta’ che li eseguirono.
Questo lavoro non ha la pretesa di penetrare i reconditi significati che si nascondono dietro la rappresentazione di un totem o di una stele a T, anche se un tentativo di interpretazione va comunque fatto, ma quello di fare un’analisi comparativa di monumenti e simboli connessi, a volte, a rituali ancestrali, che possono sembrare , di primo acchito, lontani anni luce e distanti migliaia di chilometri, ma che, a conti fatti, sono molto piu’ vicini di quanto sembri, facendo accrescere dubbi e domande su come la nostra Civilta’ si sia evoluta, su chi e’ intervenuto, e come, a dare la svolta, l’imprinting culturale alle nostre origini.
Partiremo da Gobekli Tepe, non tanto perche’ e’ la scoperta del secolo, il simbolo che, per la fantasia, per la “fantarcheologia”, come amano chiamarla molti archeologi attuali, supera il “non possibile” il “ma non puo’ esistere”, il “non e’ scientificamente plausibile” che dei poveri raccoglitori – cacciatori elevassero delle stele di di 4-7 mt di altezza, di 2-3 mt di larghezza, del peso di decine di tonnellate nel 10.000A.C., sovvertendo, al momento, i termini precedenti alla scoperta, quanto per il fatto che iniziamo a trovare dei monumenti con dei simboli che saranno presenti in diverse altre civiltà.
Su alcune ci soffermeremo anche se non basteranno queste poche pagine per esaurire l’argomento ma, spero, almeno, per porsi delle domande, per instillare il dubbio.
In questo sito, posto tra la Siria e l’Anatolia, abbiamo il primo megalitismo, le prime pietre “conficcate” nel terreno in circolo, che ritroveremo in Europa, in diversi siti neolitici, i primi muri fatti con pietre a secco che, anche se non “ciclopici” (stele in calcare a parte, che sono di dimensioni notevoli e finemente lavorate, senza l’ausilio del bronzo) segnarono l’inizio di una tecnica tipica dell’Anatolia e della Mesopotamia del nord, quella che, millenni dopo, permise la costruzione di mura ciclopiche delle varie città siro-anatoliche fino ad arrivare a Micene, Tirinto e alle italiane Baranta , Alatri, Orbetello e tante altre.
E’ un volo pindarico che permette forse di capire, da dove arrivano certe strutture e simboli che, a rigor di logica, non si spiegano.
Non e’ che nel mezzo non ci sia piu’ nulla, abbiamo una “continuita’, un succedersi di civilta’ che dimostra che certe strutture (impensabili per quei tempi), non nascono dal nulla ma c’e’ una lunga linea evolutiva inframezzata da alcune scoperte eccezionali (agricoltura e metallurgia in primis) ché sono state il propellente per ottenere simili risultati.
Una continuita’ che troviamo con la cultura di Tell Halaf dove vediamo le prime strutture a Tholos, con il periodo di Ubaid e il successivo Uruk , un iter evolutivo che travalica i confini territoriali, dando anche un senso logico a strutture che non avrebbero senso di esistere senza tale percorso formativo che ha sperimentato tutti i tipi costruttivi, dai primi mattoni di fango alle grandi pietre megalitiche finemente lavorate.
Per cui le successive mura ciclopiche di Tilmen Huyuk, Alaca Huyuk , Hattusa nel paese degli Hetei (Ittiti) non sorgono per caso, ma sono il risultato di precedenti influenze portate dagli Hatti, dagli Hurriti, dagli Armeni discendenti di quelle civilta’ che derivano da Gobleki e Catal Huyuk .
Andiamo ora su quelli che sono i punti focali dell’articolo .
Sono presenti su alcune stele di Gobleki Tepe dei bassorilievi che ritroveremo nelle successive culture neolitiche.
In esse vi sono le prime rappresentazioni del Toro, che apparira’ in maniera quasi ossessiva a Catal Huyuk. Inoltre vediamo anche la figura di una dea madre con un fallo in atto penetrativo per la quale, come per il toro, non possiamo parlare ancora di un vero e proprio culto, almeno allo stato attuale delle conoscenze.
Un elemento interessante sono i monoliti giganteschi a T che dovrebbero rappresentare degli uomini. Due sono collocati al centro di queste opere circolari, come dei portali giganteschi, Dodici sono posti invece lungo la circonferenza. Sembrerebbe quindi un grosso orologio stellare, uno zodiaco, vista anche la quantita’ di animali rappresentati nel sito che secondo alcuni studiosi rappresenterebbero delle costellazioni.
Per il fisico Giuglio Magli il sito sarebbe orientato verso Sirio, stella di grande rilevanza per diverse antiche civilta’.
Gia’ 10.000 anni prima di Cristo, quindi, si parla di culto delle stelle, di pianeti, di un osservatorio astronomico, oltre che di un luogo per il culto degli antenati che dovrebbero essere rappresentati da queste enormi T, trovate simili migliaia di anni dopo a Minorca e forse in Sardegna.
La tecnica costruttiva sembrerebbe l’antesignana della cosidetta “a pilastro” che presenta una tessitura di pietrame irregolare contenuta da pilastri. Tale tecnica e lo spessore dei muri contribuiscono a dare imponenza e solidità alla costruzione. I muri poggiano o su roccia o su degli interri, cosi’ la troviamo, con le dovute differenze, migliaia di anni dopo, sempre a Minorca (il sito e’ molto simile a Gobekli T.) ma anche a Tarquinia, nella terra dei Fenici e prima ancora in ambito Siriano .
Un altro raffronto curioso e molto distante e’ quello della dea madre , gia’ citata, (vedi foto), presente nel santuario di Gobekli, con quella rappresentata ad Alatri (una mia ipotesi), migliaia di anni dopo, sulle mura ciclopiche dell’Acropoli. Le figure presentano la stessa gestualità, hanno il braccio alzato, simbolo di procreazione, e un fallo in atto di penetrazione; hanno entrambe delle similitudini, specialmente il capo, con altre dee madri mesopotamiche e cicladiche.
Questo di Alatri e’ un bassorilievo posto sulle mura Ciclopiche, massi poligonali finemente lavorati, posti senza l’ausilio di malta e, in alcuni casi, talmente perfetti che non passa, tra un masso e l’altro, un foglio di carta. Queste costruzioni sono presenti, in maniera rilevante, nell’Italia centrale, in Sardegna, e nel sud, in Grecia e nelle isole, ma soprattutto in Asia.
Per quanto riguarda l’Italia, il fatto che siano cosi’ dislocate, non essendo presenti nel nord del paese, potrebbe essere un indizio di un arrivo di genti nella penisola via mare.
Anche qui, alcuni studiosi, hanno rilevato connessioni con la stella Sirio , Orione, i Gemelli , solstizi ed equinozi.
Veniamo ora al nocciolo della questione, cioe’ alla descrizione di alcuni culti singolari e dei luoghi’ in cui avvengono .
Su alcune stele, in particolare, su quella chiamata dell’avvoltoio (che ora viene ritenuta da alcuni studiosi la rappresentazione stellare di un disastro cosmico), vediamo rappresentati, per l’appunto, l’animale e un ‘uomo senza testa.
Sembrerebbe la prima rappresentazione di rito scarnifcatorio (di cui ne parleremo piu’ diffusamente dopo). Il il fallo eretto, altro simbolo che ritroveremo nelle zone prese in considerazione nei siti coevi mesolitici o successivi neolitici come quelli di Cayouni , di Nevali Cori di Catal Huyuk, sarà un simbolo importante per i popoli cosiddetti Proto-Pelasgi e Pelasgi .
Gobleki e’ ritenuto un santuario, non un villaggio, per cui non è chiaro dove vivessero gli uomini che lo eressero.
Cayouni, coeva o di poco successiva a Gobekli, potrebbe essere la risposta.
Qui vediamo la prima lavorazione a freddo del rame, le prime abitazioni, da capanne circolari a vere e proprie case a due piani, con basi massicce in pietra, disposte a griglia, a canali , a celle, che come nelle successive Talaiot delle Baleari avevano la funzione di isolamento dall’umidita’, dalle piene. Il pavimento eseguito in pietra o in una miscela che potrebbe essere visto come il primo “calcestruzzo” della storia.
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