di Giorgio Valdès
Chissà quanti di noi -mi riferisco ai Sardi- ricorderanno la filastrocca che aveva come protagonista un piccolo ed innocuo scarabeo: “Babballotti, babballotti, su chi ‘essiri a su notti, su chi ‘essiri a su dì… babballoti fuirì (o accuarì)” (Babballotti, babballotti, quello che esce durante la notte, quello che esce durante il giorno…babballotti fuggi via (o nasconditi)”.
Era una filastrocca che, almeno per quanto mi riguarda, ascoltavo dai miei genitori e dai miei nonni durante l’infanzia e che poi ho tramesso a figli e nipoti.
Si mimava con le dita l’immaginario percorso del “babballotti” sino a concluderlo con “su chirighittu” (il solletico) sul collo del bambino che seguiva con ansia il suo lento procedere lungo un braccio.
Questo coleottero veniva denominato in tre modi differenti che passavano dal più volgare “tragamerda” (perdonate l’espressione) -dovuto al fatto che spesso lo si scorgeva mentre faceva rotolare davanti a sé una pallina di sterco (scarabeo stercorario)-, al citato “babballotti” e sino al più sofisticato “carrabusu”.
Recentemente, sul sito Vistanet.it, si è parlato appunto di questo scarabeo, richiamando al proposito gli studi del glottologo-semitista Salvatore Dedola, che in merito alla voce “baballotti” osserva in particolare l’esistenza di <<un termine accadico calzante, babbilūtum ‘servizio di facchinaggio’, che pare adatto al nostro caso.
Però da ulteriore analisi ci viene incontro l’accadico babālu ‘to carry, bring, trascinare, portare’ + sumerico ud ‘sole’, Utu ‘Dio Sole’: composto babāl–ud o babāl–Utu col significato di ‘colui che trasporta il Dio Sole’. Non è un caso che gli Egizi considerassero lo stercorario l’effige del Dio Sole, e lo rappresentarono a milioni di esemplari su anelli, collane, sigilli, dipinti, sculture.
In ogni modo, la base può anche essere la ripetizione esaltativa sumerica bab-bal ‘colui che riporta’ + Utu ‘Dio Sole, Dio del Cielo’ (bal ‘to give back, restituire’).
Quindi babballottu, riferito allo scarabeo sacro, indicò in origine ‘colui che riporta Utu nel Cielo’>>.
Le considerazioni del professor Dedola collimano quindi con quanto avevamo proposto in alcuni nostri precedenti post, tra cui quello riportato qui di seguito, a conferma dell’analogia tra il significato del termine “babballotti” e quello di “carrabusu”:
<<Lo scarabeo “stercorario” che nell’antico Egitto rappresentava il dio solare Khepri o Kheper (il sole del mattino), in Sardegna prende il nome di “carrabusu”, vocabolo scindibile nei termini geroglifici Ka (spirito), Ra (sole) e Bs, ideogramma o determinativo del dio Bes, o Bisu, che secondo l’egittologa Maria Carmela Betrò è una “forma popolare del dio solare”.
In lingua italiana il Khepri egizio è chiamato “scarabeo”, termine evidentemente simile al nostro “carrabusu” che, secondo la ricercatrice Maria Paola Vera Mossi è “un’antica voce mediterranea, termine che poi passò, con modificazioni, nelle antiche lingue indoeuropee, e dal greco nel latino: k a r a b o s, divenuta nel latino, da c a r a b o s : scarabaeu(m) , scarabeo”.
E’ noto che i contatti tra Sardegna ed Egitto hanno origini antichissime, e può quindi ragionevolmente ipotizzarsi che l’”antica voce mediterranea”, di cui parla la Mossi, provenga proprio dalla Sardegna, considerato tra l’altro che secondo la stessa Mossi “pur conservata nel greco, la voce in origine greca non è”. A mio giudizio nella nostra regione era stato esattamente compreso il reale significato del Kheper egizio, attribuendo quindi allo stercorario il nome di “carrabusu”, termine che come detto comprende i vocaboli geroglifici ka, ra e Bisu (Bes).
In definitiva ipotizzo che con la dizione “carrabusu” si volesse indicare lo spirito del sole o il sole mattutino (il kheper egizio), dio creatore capace di rigenerarsi giorno dopo giorno.
A tale proposito va osservato che gli amuleti riproducenti il Khepri, un numero sterminato dei quali è stato trovato proprio in Sardegna, erano considerati dei “portafortuna” (in Egitto lo sono ancora), per cui è assolutamente verosimile che al nome del dio solare, particolarmente venerato nella nostra regione, venisse abbinato quello del dio positivo e beneaugurante Busu/Bisu/Bes.
E’ altrettanto probabile che il termine “carrabusu” sia stato in seguito acquisito dai Greci (e non il contrario), che lo modificheranno in “karabos” e quindi dai Latini, che non comprendendone il reale significato, lo trasformeranno in “scarabaeu(m)”.
Si può infine supporre che l’elmo dei guerrieri Shardana, che in alcuni bronzetti presenta corna straordinariamente lunghe, volesse raffigurare proprio il sole del mattino.
A questo proposito sono significative alcune immagini che si riferiscono alle riproduzioni in bronzo di guerrieri Shardana, e a certe rappresentazioni parietali egizie del dio solare Khepri.
In definitiva, quanti significati densi di fascino, si connettono al nostro piccolo stercorario, che da volgare “tragamerda”, diviene “babballotti” e “carrabusu”, assumendo un valore sacrale connesso allo spirito del sole e a quel concetto di rigenerazione della vita che ha informato, per millenni, lo spirito religioso delle nostre popolazioni.