di Antonello Gregorini
Così, come invitati a fare, continuiamo a studiare le cronologie e le definizioni date dalla storiografia proveniente da ambienti “scientifici” per il periodo NURAGICO-FENICIO in Sardegna. Più leggiamo e più studiamo e più troviamo difficoltà a dar ragioni ai nostri detrattori dei giorni scorsi, in particolare Tronchetti e Carrera, già e ancora in forze nella Soprintendenza ministeriale della Sardegna.
Per quanto ricercato è di grande aiuto la lettura della Tesi di Dottorato di Luca Cheri (core.ac.uk/download/pdf/33724284.pdf – 2016), Tutor e Co-Tutor Depalmas e Guirguis.
In sintesi, ciò che leggiamo noi è una conferma di ciò che, da non specialisti ma appassionati, abbiamo sempre pensato: Alcuni termini ricorrenti nell’archeologia classica della Sardegna riferiti ai Fenici sono in revisione. Il termine colonizzazione dovrebbe essere sostituito dal termine “ibridazione”. Pertanto, non si potrebbe parlare di Età Fenicia ma di fase del Nuragico con introduzioni di altre culture del bacino Mediterraneo (Micenee (in senso ampio), Cipro, Creta, Fenicia poi Punica).
Tuttavia:
Se è vero, come molti di noi pensano, come riportato con metodo da vari accademici, fra i quali spicca la figura di Giovanni Ugas, che i Sardi Nuragici, Shardana, navigassero e facessero parte delle coalizione dei Popoli del Mare.
Se è vero che i Sardi-Nuragici controllassero le rotte dei metalli prima dell’avvento delle popolazioni definite Fenici (Lo Schiavo e altri).
Allora, appare verosimile che i Sardi-Nuragici avessero influenzato le evoluzioni culturali delle popolazioni del bacino Mediterraneo, come sopra elencate e oltre, che l’ibridazione verificatasi in Sardegna fra il XI (soprattutto dal IX) sino al VI sec. a.C. debba identificarsi come continuazione di quel processo di scambi, iniziato già in epoche remote con i commerci dell’ossidiana e altre materie prime, dei quali i Sardi Pre-Nuragici e Nuragici furono verosimilmente protagonisti.
Di seguito riportiamo alcuni brevi estratti della tesi di dottorato dell’archeologo Cheri, per la quale consigliamo, però, l’intera lettura.
“la cultura fenicia si configura come elemento di forte coagulazione e di potente richiamo per le genti nuragiche. … con il fine di comprendere e ridefinire la ceramica di tradizione nuragica riferibile all’età del Ferro sulcitano, è stato analizzato un lotto di 354 frammenti rinvenuti negli scavi delle aree menzionate del Nuraghe Sirai e in contesti di VII e VI secolo a.C. … i capitoli dedicati all’argomento si sviluppano descrivendo tutti gli aspetti sulla presenza delle popolazioni allogene in Sardegna e del loro rapporto con le popolazioni nuragiche fino all’analisi in dettaglio del periodo, a partire dall’VIII sec. a.C., che vede i primi stanziamenti fenici sorgere in pianta stabile nell’isola. …
Sono elencate nel dettaglio le tracce evidenti di una presenza indigena all’interno del tessuto sociale dei siti di Portoscuso, Monte Sirai, Inosim, Sulky, Paniloriga e Bitia., in cui è attestata l’esistenza di un precoce processo di interrelazione con le comunità nuragiche. …
… I referenti dei prospectors (visitatori esterni) orientali non sono altro che i protagonisti di una complessa dinamica culturale che ha elaborato modelli architettonici complessi, tra cui il nuraghe, e un comportamento insediativo e socio-economico ad esso strettamente collegato, la cultura nuragica. La cultura nuragica, quindi, ben introdotta in questo tessuto di relazioni articolate, prospera evolvendosi in una società con gerarchia interna, con divisione del lavoro e articolazione sociale e matura la propria esperienza metallurgica inserendosi nel contesto internazionale della lavorazione, trasmissione e scambio dei metalli. La trasformazione stessa dei metalli è attestata sull’isola dal rinvenimento di numerosi strumenti per la lavorazione riprodotti dai Nuragici mediante matrici. …
… Lo scambio commerciale era legato comunque alla creazione di legami d’ospitalità, secondo modelli di comportamento in cui porre solide basi sociali e politiche su cui, in sostanza, instaurare un rapporto di reciprocità in grado di favorire le transazioni economiche …
… La cultura nuragica, in questo periodo, appare dinamica, multiforme e s’inserisce nella variegata natura geografica del territorio; altrettanto complessa appare l’articolazione sociale delle popolazioni con le migliaia di nuraghi sparsi per tutta la Sardegna, che determinano l’assetto insediativo del Bronzo Medio e Bronzo Recente. …
… Nel progresso temporale (tra l’XI e il X secolo a.C. NdR) emergono, infatti, le agglomerazioni abitative con fisionomia di villaggio e gli edifici di culto comunitari acquisiscono particolare importanza dell’ambito dell’architettura nuragica.
… In accordo con numerosi studiosi il termine precolonizzazione, è utilizzato solo per convenzione come strumento metodologico e con lo scopo di indicare dal punto di vista cronologico i secoli immediatamente precedenti alla fondazione dei primi insediamenti strutturati. …
… I materiali ceramici greci compaiono, in associazione a quelli fenici, fin dalla fase iniziale della presenza levantina (prima metà dell’VIII secolo a.C.), senza peraltro raggiungere un livello quantitativo e qualitativo tale da rendere necessaria l’ipotesi di una consistente presenza etnica. …
… Intorno alla prima parte dell’VIII secolo a.C. la Sardegna s’inserisce in un quadro che, da un lato, aumenta il fenomeno della rapida crescita di gruppi aristocratici Nuragici, dall’altro vede il consolidamento in senso stanziale dei Fenici lungo le coste dell’isola (da parte dello scrivente questa è solo una libera comodità introduttiva NdA) …
… In questo periodo i Nuraghi non vengono più costruiti e, sia pur con estrema complessità, è grazie ad alcune seriazioni e studi tipologici provenienti da alcuni scavi stratigrafici, tra cui, solo per citarne alcuni, il nuraghe Sirai, il nuraghe Pidighi di Solarussa, di Bruncu Mogumu di Sinnai, di Corti Adua di Senorbì, Su Cungiau ‘e Funtà di Nuraxinieddu e dal nuraghe di S’Uraki con la sua adiacente zona di Su Padrigheddu di San Vero Milis, da alcuni contesti di Monte Zara e Monte Oladri a Monastir e di Sant’Anastasia di Sardara, ai sepolcreti di Antas di Fluminimaggiore, dal complesso di Genna Maria di Villanovaforru, del complesso di Gennacili a Lanusei (Fig. 8), su Benatzu di Santadi, nuraghe Piscu di Suelli, che si hanno le testimonianze di una cultura indigena rinnovata, sarda che di distribuisce in una forchetta temporale tra il IX e il VI sec. a. C.. …
… Nel nuovo modello architettonico, sono costanti le rotonde con bancone-sedile e l’esplosione della bronzistica figurata in bronzo e della statuaria antropomorfa in pietra, quest’ultima testimoniata dall’heroon di Monte Prama …
… La Sardegna, culla della florida cultura nuragica, vive in questi anni la prima e vera invasione di conquista territoriale; si può ipotizzare che, mai aggiogata da altri popoli, al contrario, inserita, almeno per quanto riguarda gli ambiti costieri, nella cultura e nel contesto urbano e civile fenico, si ribellò al tentato colonialismo occupazionale punico. Combatté, presumibilmente, in alleanza con le genti fenicie, anch’esse motivate a difendere la propria autonomia; persero, ma l’eco di quella cultura nata e pervenutaci dalle rocce sarde e di quella urbanizzata sorta in Oriente lo si scorge in piccole e alternate vicende di microstoria, dal passaggio dalla preistoria alla storia, senza mai dissolversi del tutto. …
… Prendendo spunto da queste parole di Peter Van Dommelen, uno degli archeologi più fecondi in letteratura nell’ambito del dibattito postcoloniale sulla visione del colonialismo antico, si vuole evidenziare, in questo paragrafo, la trascuratezza degli studi nei confronti degli abitanti indigeni nelle regioni interessate dall’espansione fenicia proponendo, viceversa, il riconoscimento dell’eguaglianza delle culture coinvolte in una situazione caratterizzata dalle dinamiche dell’incontro. In questo senso, sempre dal punto di vista degli studi di Van Dommelen e del dibattito postcolonialista, si dovrebbe abbandonare l’utilizzo di una serie di termini, tutt’altro che neutri, in cambio della rinnovata introduzione di un concetto di acculturazione con più sfumature, che s’incentri sulle interazioni fra culture. I termini della visione dualista, infatti, base solida della corrente teorica colonialista, basata sul binomio fra colonizzatore e colonizzato, fra Sardo “Nuragico” e Fenicio nel nostro caso, vengono solitamente usati come fossero termini assoluti con un significato intrinseco su cui si basa l’identità culturale dei gruppi umani, ovvero dei popoli. … Contro, quindi, quest’assolutismo etnico del colonialismo, si inserisce il concetto di ibridazione, coniato in questo dibattito teorico”
“Considerazioni conclusive –
… vanno sempre più delineandosi i caratteri tecnologici e culturali di parte di quella cultura nuragica, per diverso tempo ancorata al Bronzo Finale, oggi evidente in contesti di VIII e soprattutto di VII e VI sec. a.C. … Indiscutibilmente non si è, in questo lavoro, inclini a estendere tale modello di lettura, ovvero quello dell’integrazione, del fenomeno alle relazioni tra tutte le comunità fenicie di Sardegna e le comunità nuragiche; non ricercando soluzioni univoche, il discorso sull’esistenza dell’incontro, cosiddetto, coloniale non si può estendere a tutto il territorio sardo. In mancanza di scavi archeologici, soprattutto in contesti nuragici, non si può facilmente cogliere in una visione globale e unitaria quale fu la reazione delle popolazioni autoctone al flusso espansionistico fenicio e viceversa come fu attuato questo progetto.”