Castiadas, i nuraghi e il sole

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di Giorgio Valdès

Festa della Civiltà Sarda – Nuraghi e spiagge: Castiadas 4 e 5 giugno 2022

Ho avuto modo di leggere con attenzione lo studio di fattibilità commissionato dal Comune di Castiadas per il recupero dei beni archeologici presenti nel suo territorio. La prima cosa che si evince da questo studio è proprio il considerevole numero dei siti archeologici (soprattutto nuraghi), che superano di gran lunga quelli indicati nelle mappe dell’IGM e in altre mappature similari. Si tratta di una circostanza che non stupisce, considerato che nella sua quasi decennale attività, Nurnet ha avuto la fortuna di collaborare con svariati appassionati della materia, che conoscendo i rispettivi territori, hanno segnalato un’infinità di strutture prenuragiche e protonuragiche, anche se a volte ridotte ai minimi termini, ma comunque sintomatiche di un’attività edificatoria straordinariamente vasta e diversificata. Ciò a maggior conferma del fatto che se il patrimonio archeologico dell’Italia è il più vasto a livello mondiale, la Sardegna detiene il primato italiano e per converso del mondo.

A parte questa considerazione, di cui molti sono probabilmente consapevoli, vorrei osservare come nello stesso studio sia compreso anche il richiamo all’interpretazione della parola “nuraghe”, proposto dal linguista Gino Luigi Martelli, secondo cui tale parola deriverebbe da Nerac-us, con Nerac d’origine etrusca e umbra con il significato di “principe”, mentre “us” significherebbe “casa”. In sintesi, la parola “nuraghe” vorrebbe significare “casa del principe”. Personalmente dubito che fossero stati gli etruschi ad assegnare questo nome a monumenti eretti in periodi molto precedenti, ma è anche vero che le interpretazioni dei diversi esperti di settore sono svariate e difformi.

Il canonico Giovanni Spano (Ploaghe, 3 marzo 1803 – Cagliari, 3 aprile 1878) aveva espresso il suo punto di vista in merito a tale “vexata quaestio”, sostenendo che il termine nuraghe potesse derivare da “Nur”, che “in tutte le lingue orientali significa ‘fuoco’, ed è lo stesso che dire ‘casa’ o ‘abitazione, perché vi si accendeva il fuoco per usi domestici…” (“I nuraghi in Sardegna” – anno 1867).

Il professor Giovanni Ugas ipotizzava a sua volta una derivazione da Norax o Norace, eroe degli Iberi-Balari. Prima ancora, il nostro massimo archeologo, Giovanni Lilliu, riteneva che la radice Nur fosse di origine prelatina ed assumesse il significato di “mucchio di pietre, mucchio cavo”.

E’ ugualmente interessante osservare che sull’architrave del nuraghe Aidu Entos, di Bortigali, è scritta la frase latina “ILI IVR IN NVRAC SESSAR M C”. Si potrebbe quindi sostenere che nel corso della presenza romana nella nostra isola, i nostri monumenti venissero chiamati “nurac”: parola che può declinarsi nei termini “nu”, “ra” e “c”.

Termini che ricorrono nello studio del glottologo Salvatore Dedola, il quale offre un’interpretazione che, sempre a mio giudizio, reputo più sostenibile e riconducibile al significato di “luogo del Dio Sole, luogo del Fulgido Creatore” (cfr. primo link allegato).

Lo stesso professor Dedola richiama al proposito anche la tradizione egizia, dove “Ra” era appunto la massima divinità solare mentre dall’accadico proverrebbe la parola Nur=luce.

La gente nuragica, quindi, nell’erigere i maestosi monumenti – che la tradizione greca attribuiva addirittura al mitico Dedalo, costruttore del labirinto cretese-, difficilmente avrebbero pensato di chiamarli con un termine dall’inadeguato significato di “mucchio di pietre”; mentre è molto più ragionevole che, a parte le varie altre funzioni cui assolvevano, fossero soprattutto templi dedicati al dio del sole.

In altre occasioni mi sono permesso anch’io di ipotizzare una funzione sacrale dei nuraghi, richiamando la terminologia geroglifica egizia, che con la parola Nut indicava la dea del cielo, con Ra la massima divinità solare, mentre quella consonante “C” che compare sull’architrave del nuraghe Aidu Entos, precedentemente citato, potrebbe assimilarsi al Ka egizio con il significato di “spirito” (dove la “a” è usata convenzionalmente perché la scrittura egizia non contemplava le vocali). Il termine nuraghe sarebbe quindi traducibile come luogo in cui è presente “lo spirito della luce e del sole”, a maggior conferma dell’interpretazione del professor Dedola.

Sono anche del parere che all’interno delle tholoi nuragiche aperte in sommità, nel momento in cui venivano traversate dai raggi solari, si svolgessero cerimonie simili al battesimo cristiano.

Si potrebbe addirittura ipotizzare che la struttura interna del nuraghe evochi il ventre materno, come sostiene Giorgio Baglivi (“Il Sacro nell’epoca nuragica – dalla Dea Mater al Sardus Pater”), richiamando pertanto quel concetto di rigenerazione della vita che si ripete in quasi tutte le manifestazioni dell’architettura prenuragica e nuragica.

Ma da semplice appassionato non oso azzardare ipotesi che, come noto, sono esclusivo appannaggio degli addetti ai lavori.

Tuttavia è un fatto incontrovertibile che la gran parte delle torri nuragiche (nuraghi monotorre e torri secondarie dei polilobati), presentino un foro sommitale di regola ben rifinito al contorno.

Si può ipotizzare che questa apertura servisse proprio ad intercettare i raggi solari, per essere quindi richiusa, quando era necessario, con strutture leggere di cui si sono ovviamente perse le tracce (il mio personale punto di vista in merito è riportato nel secondo link).

Per tornare ai monumenti del territorio di Castiadas, di cui si è riferito all’inizio del post, il nuraghe S’Omu ‘e s’Orcu, del quale è prevista la visita guidata nel corso della Festa della Civiltà Sarda del 5 giugno p.v., è uno di quelli che presenta la tholos aperta in sommità e che quindi, secondo il parere del professor Dedola (e il mio modesto punto di vista) era dedicato al culto del sole pur svolgendo anche altre funzioni come quella di controllo della costa. Analoga considerazione merita il nuraghe Monte Ollastu o S’Ollastinu, sempre in territorio di Castiadas.

Nelle foto, i nuraghi:  Aeddos di Orotelli (Andrea Mura-Nuragando); Piscu di Suelli (Maurizio Cossu) e Piriccu di Santulussurgiu (Giovanni Sotgiu). Il nuraghe Aidu Entos di Bortigali in uno scatto di Nicola Castangia; i nuraghi S’Omu ‘e s’Orcu e S’Ollastinu di Castiadas nelle foto di Archeo Sarrabus. La foto in copertina del nuraghe S’Omu ‘e s’Orcu è di Andrea Mura, Nuragando Sardegna.

http://www.gavinoguiso.it/2021/05/27/nuraghi-templi-alla-luce/

https://www.nurnet.net/blog/un-buco-con-il-nuraghe-intorno/