di Antonello Gregorini
Parte delle fortificazioni protettive della città di Tharros sono individuate a nord dell’abitato, sulla collina denominata di MURRU MANNU.
“A Su Murru Mannu le più imponenti strutture comprendono dall’interno verso l’esterno una cortina muraria, un fossato e un terrapieno con muro di controscarpa. La cinta più interna è costituita sui lati che danno sul fossato da un muro in grandi blocchi poligonali di basalto, inframmezzati da conci in arenaria. Nel tratto occidentale il paramento in basalto rifascia un muro a doppio paramento in grandi blocchi squadrati di arenaria. Due POSTIERLE (piccole porte) attraversano la cinta, una delle quali è realizzata interamente in blocchi di arenaria perfettamente inseriti nel paramento in basalto, mentre la seconda si conserva solo nei conci di base. … Quanto alla cronologia, attualmente si ritiene che tutte le strutture realizzate in conci di basalto siano pertinenti ad un importante intervento di risistemazione e ampliamento effettuato in età repubblicana (II sec. a.C.), mentre sarebbero da riferire alla fortificazione punica il muro in conci di arenaria, con cronologia tra la fine del VI e il V sec. a.C.” https://www.tharros.sardegna.it/sito-archeologico/monumenti/fortificazioni/
Molti di noi saranno incuriositi dal significato del termine POSTIERLA, per conoscere il quale ho interrogato la Treccani:
“postièrla (o postèrla; anche pustièrla o pustèrla) s. f. [lat. tardo postĕrŭla («porticina di dietro»), dim. femm. di postĕrus «che sta dietro»]. –
a.Nelle fortificazioni del passato, piccola porta che veniva aperta in luogo nascosto e distante dalle porte principali per assicurare una via di comunicazione fra l’interno e l’esterno della cinta, da utilizzarsi in speciali circostanze:
. b. Per estens., in edifici di civile abitazione, porta secondaria, generalm. più piccola di quella principale.”
Tralascio per un attimo la “pustierla” e vado alla descrizione del villaggio nuragico posto a sud, quindi all’interno della muraglia di Su Murru Mannu, verso la città di fondazione Fenicio/Punica per la letteratura scientifica corrente.
“Si tratta di un grande insediamento con capanne circolari realizzate utilizzando il basalto presente in loco e disposte attorno ad uno spazio comune; si è ipotizzato che nel settore più alto dell’area sorgesse un nuraghe monotorre, ma questo non è stato mai identificato con sicurezza. I materiali recuperati in occasione dello scavo condotto da V. Santoni orientano verso una datazione delle strutture alle fasi conclusive del Bronzo medio; “
https://www.tharros.sardegna.it/sito-archeologico/monumenti/monumenti-nuragici/
E’ tuttavia vero che esiste molta letteratura che assegna alla civiltà nuragica la costruzione della muraglia ciclopica di Murru Mannu, che non appare per niente dissimile da tante altre muraglie che delimitavano il perimetro dei villaggi. Se una cosa la contraddistingue sembrerebbero essere gli inserti calcarei ben squadrati, inseriti nei massi poligonali basaltici, e la “pustierla” di conci di calcare.
“Millenni fa infatti, prima dell’arrivo dei fenici e dei romani, nel punto più alto dell’attuale area archeologica svettava un nuraghe circondato da un villaggio e protetto da un’imponente muraglia che dà il nome alla zona di “Murru Mannu”.
https://www.marecalmo.org/2017/04/10/alla-scoperta-della-tharros-nuragica-murru-mannu/ (audioguide Sardegna)
“Dunque a Tharros la … terza (difensiva, ndr) linea ubicata a 140 metri più a sud dalla centrale, è anch’essa in enormi massi poliedrici ed è quella meglio visibile oggi, perché interessata dagli scavi archeologici degli edifici nuragici e del Tofet fenicio, Su Muru Mannu. L’andamento di quest’ultima linea difensiva, è anch’esso in senso est-ovest visibile per 88 metri, descrive un’ampia rientranza verso sud-ovest e verso sud-est in modo da raccordarsi alle fortificazioni che chiudono l’acropoli e il resto della città. Questa terza linea che circonda l’acropoli per 2/3 ove sono le capanne nuragiche ed una torre megalitica, è articolata da un terrapieno, un fossato e una cortina muraria sempre in grandi massi ciclopici. Il terrapieno costituisce parte dell’acropoli, ha 10 metri di spessore ed è dotato di un muro di controscarpa in ciclopici massi poliedrici di basalto e arenaria. Il fossato largo sei metri, alla base è collegato al terrapieno tramite due postierle, due porte di un metro di luce che consentivano l’accesso alle fortificazioni nei settori est e ovest della linea difensiva. Le postierle, realizzate con grandi blocchi isodomi di arenaria, si innestano alla muratura poliedrica in modo mirabile, esse si evidenziano sul muro ciclopico con la bicromia ottenuta dal nero basalto con il giallo e l’isodomia dell’arenaria. La medesima rifinitura artistica la ritroviamo sul paramento esterno della cortina parallela al terrapieno. Essa ancora oggi svetta per oltre 5 metri d’altezza ed ha uno spessore di circa 3 metri, il suo muro è realizzato con conci poliedrici di basalto e filari con grandi blocchi squadrati di arenaria, producendo sul paramento ancora gli effetti della bicromia del bianco e del nero tanto cara al popolo sardana. Il muro ciclopico di evidente matrice megalitica e nuragica, è stato invece datato dallo scavatore al principio del V secolo a.C. in epoca punica, benché nessuna città fenicia o cartaginese abbia mai impiegato la tecnica poliedrica e la bicromia. La dimensione dei massi e la tessitura del muro con la bicromia degli edifici nuragici adagiati sul terrapieno, mostrano come tali opere siano da riferire solo al nuragico, una decina di secoli prima. Come sappiamo, datare con certezza un muro di pietre è praticamente impossibile se non si trovano al suo interno reperti fittili; solo l’architettura con la conoscenza degli stili artistici del tempo può sopperire a tale scopo. La dimensione dei massi, la morfologia poliedrica e la loro posa in opera, riportano ad un quadro cronologico molto più antico del periodo cartaginese, ovvero alla stessa epoca dei nuraghi.”
https://monteprama.blogspot.com/2014/01/tharros-tarsos-tirso-tiro.html
Così il caro amico Danilo Scintu nel 2014.
Allora la “postierla” di Murru Mannu era considerata un unicum, in quanto non si aveva menzione di un analogo ritrovamento in edificati nuragici. Forse fu proprio questa la ragione che portò gli archeologi a datare al Punico/Romano sia le mura che il portale.
A me che scrivo resta comunque il dubbio che quel portale non fosse “dietro”, come una postierla ma che, anzi, nell’epoca in cui fu realizzato, probabilmente il “Bronzo Medio”, potesse essere considerato una vera e propria porta d’accesso a una sorta di acropoli posta a controllo degli approdi alle foci del Tirso o all’ingesso della laguna.
Negli anni scorsi, tuttavia, nelle vicinanze di Tharros, è stato trovato un portale che io definirei, da appassionato senza pretese di fare una affermazione scientifica ma solo divulgativa, pressoché identico a quello di Murru Mannu. Totalmente interrato sotto non meno di due metri di fango, costituiva verosimilmente l’ingresso all’interno dell’antemurale, marcato da dieci torri di notevoli dimensioni, di uno dei nuraghi più importanti della Sardegna, S’Uraki di San Vero Milis.
Verrebbe da dire che le popolazioni che hanno realizzato S’Uraki e Murru Mannu dovessero essere in stretto legame culturale, avendo utilizzato uno stile architettonico identico, a pochi chilometri di distanza, verosimilmente nello stesso periodo protostorico, il Bronzo Medio.
Quindi, domando, faccio umilmente istanza a chi più competente, ci sarebbero gli elementi per modificare la datazione di Murru Mannu, della sua “postierla”, che io definire “portale di accesso alla città (villaggio, pur grande, se preferite)” oppure dobbiamo continuare a far leggere ai nostri figli e ai visitatori queste pagine di storia falsate?
E ancora.
La linea di costa allora doveva essere ben più arretrata a causa dell’assenza di tremila anni di detriti e sedimenti portati dal Tirso. Se la forza lavoro e l’organizzazione delle genti abitanti il Sinis, e di tutta l’area circostante lo stagno/laguna, fu tale da poter costruire il grande villaggio di Murru Mannu, gli insediamenti fortemente diffusi in tutto il Sinis, i “castelli” come S’Uraki o simili, nell’immediato entroterra, possiamo ancora dire che non si trattasse di una urbanizzazione diversa, ma assimilabile alla formazione di un’urbe ante litteram?