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Nuraghe Giara

Questo nuraghe è situato, nel confine tra Sant’Anna Arresi e Teulada, sulla vetta della collina omonima a circa 315 metri sul livello del mare. Ci si arriva dopo una faticosa e ripida salita, dopo aver lasciato l’auto nella strada sterrata che da Is Domus (Sant’Anna Arresi) conduce a Perdaiola (Teulada). Costituito prevalentemente da massi simili a quelli del nuraghe Arresi, sono visibili quattro torri, più una quasi completamente distrutta. Si notano dei passaggi sotterranei occlusi dal crollo. Nella zona circostante sono state trovate tracce di ossidiana e alcuni frammenti di mazze e chissà quanto è stato trafugato dai tombaroli, di cui abbiamo trovato tracce durante un recente sopralluogo. Il nuraghe Giara offre una splendida visuale, si a vede, a est, capo Spartivento e a ovest, Portoscuso, oltre alle isole di Sant’Antioco, della Vacca e del Toro.

Alcuni anziani, ricordano, ancora intatta, la torre esposta a nord-ovest. Dicono che vi fosse un pozzo, così profondo che non si sentiva il rumore delle pietre che lasciavano cadere. La suggestione ha poi fatto il resto, si è pensato ad un tunnel sotterraneo che conducesse sino al mare, a causa del rumore dell’acqua che saliva dalla profondità della terra. Sarebbe interessante scoprire se effettivamente, sotto questo nuraghe, esiste una grotta attraversata da un corso d’acqua sotterraneo.

Nuraghe Giara

Questo nuraghe è situato, nel confine tra Sant’Anna Arresi e Teulada, sulla vetta della collina omonima a circa 315 metri sul livello del mare. Ci si arriva dopo una faticosa e ripida salita, dopo aver lasciato l’auto nella strada sterrata che da Is Domus (Sant’Anna Arresi) conduce a Perdaiola (Teulada). Costituito prevalentemente da massi simili a quelli del nuraghe Arresi, sono visibili quattro torri, più una quasi completamente distrutta. Si notano dei passaggi sotterranei occlusi dal crollo. Nella zona circostante sono state trovate tracce di ossidiana e alcuni frammenti di mazze e chissà quanto è stato trafugato dai tombaroli, di cui abbiamo trovato tracce durante un recente sopralluogo. Il nuraghe Giara offre una splendida visuale, si a vede, a est, capo Spartivento e a ovest, Portoscuso, oltre alle isole di Sant’Antioco, della Vacca e del Toro.

Alcuni anziani, ricordano, ancora intatta, la torre esposta a nord-ovest. Dicono che vi fosse un pozzo, così profondo che non si sentiva il rumore delle pietre che lasciavano cadere. La suggestione ha poi fatto il resto, si è pensato ad un tunnel sotterraneo che conducesse sino al mare, a causa del rumore dell’acqua che saliva dalla profondità della terra. Sarebbe interessante scoprire se effettivamente, sotto questo nuraghe, esiste una grotta attraversata da un corso d’acqua sotterraneo.

Nuraghe Giara

Questo nuraghe è situato, nel confine tra Sant’Anna Arresi e Teulada, sulla vetta della collina omonima a circa 315 metri sul livello del mare. Ci si arriva dopo una faticosa e ripida salita, dopo aver lasciato l’auto nella strada sterrata che da Is Domus (Sant’Anna Arresi) conduce a Perdaiola (Teulada). Costituito prevalentemente da massi simili a quelli del nuraghe Arresi, sono visibili quattro torri, più una quasi completamente distrutta. Si notano dei passaggi sotterranei occlusi dal crollo. Nella zona circostante sono state trovate tracce di ossidiana e alcuni frammenti di mazze e chissà quanto è stato trafugato dai tombaroli, di cui abbiamo trovato tracce durante un recente sopralluogo. Il nuraghe Giara offre una splendida visuale, si a vede, a est, capo Spartivento e a ovest, Portoscuso, oltre alle isole di Sant’Antioco, della Vacca e del Toro.

Alcuni anziani, ricordano, ancora intatta, la torre esposta a nord-ovest. Dicono che vi fosse un pozzo, così profondo che non si sentiva il rumore delle pietre che lasciavano cadere. La suggestione ha poi fatto il resto, si è pensato ad un tunnel sotterraneo che conducesse sino al mare, a causa del rumore dell’acqua che saliva dalla profondità della terra. Sarebbe interessante scoprire se effettivamente, sotto questo nuraghe, esiste una grotta attraversata da un corso d’acqua sotterraneo.

GUERRIERO ORANTE CON SPADA E SCUDO

46) GUERRIERO ORANTE CON SPADA E SCUDO
Nome: guerriero orante con spada e scudo
Professione: guerriero
Altezza: 39 cm
Vestiario e aspetto: molto simile al guerriero con spada e scudo di UTA, appartiene alla stessa mano artigianale, sicuramente alla stessa bottega.
Il guerriero indossa un elmo con due corti creste e corna; sul collo ha una goliera formata da due anelli sovrapposti e sotto questa una legatura triangolare con due strisce di cuoio riunite ad angolo con una borchia che scende sullo sterno. Gli indumenti sono costituiti da una tunica corta e attillata sino alle cosce e una seconda tunica sovrapposta alla prima e più corta, guarnita all’orlo da due frangette striate; una corta corazza con striature che giunge all’altezza del braccio, spallacci mobili e pieghevoli per facilitare la vestizione e i movimenti delle braccia. La protezione é completata con delle ginocchiere o gambali, i piedi sono nudi.
Con la mano sinistra regge lo scudo tondo con umbone centrale con punta aguzza che, dalla parte interna, mostra tre spadini con elsa a pomo bilobato con le punte sporgenti dall’orlo inferiore. In questo bronzetto non è visibile il guanto alla mano destra presente in altri esemplari, al polso destro però figura chiaramente un bracciale.
Sul dorso del bronzetto sono presenti due anelli orizzontali e paralleli: in questi anelli all’origine era infilata verticalmente un’arma, che possiamo supporre fosse una lunga asta con penna direzionale, presente in altri bronzetti ritrovati a Teti e a Sant’Anna Arresi.
Luogo di ritrovamento: Sulcis (CA), loc. sconosciuta
Residenza attuale: Museo Preistorico-Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma
Segni particolari: nella mano destra la spada é spezzata, ridotta soltanto all’elsa.
Curiositá: É tra i bronzetti di più antico rinvenimento in Sardegna in quanto giunse alle collezioni del Museo del Collegio di S. Ignazio ( oggi Kirkeriano) per dono del Cardinale Alessandro Albani poco prima del 1763, data in cui Winckelmann lo citò nella prima edizione del suo libro “Storia dell’Arte”
fotografia dal web
disegno di un guerriero di G. Exana (nel nostro bronzetto manca il pugnale ad elsa gammata indossato solitamente sul petto)
Informazioni tratte da G. Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

Comune:
Prov:
Autore:
GUERRIERO ORANTE CON SPADA E SCUDO

46) GUERRIERO ORANTE CON SPADA E SCUDO
Nome: guerriero orante con spada e scudo
Professione: guerriero
Altezza: 39 cm
Vestiario e aspetto: molto simile al guerriero con spada e scudo di UTA, appartiene alla stessa mano artigianale, sicuramente alla stessa bottega.
Il guerriero indossa un elmo con due corti creste e corna; sul collo ha una goliera formata da due anelli sovrapposti e sotto questa una legatura triangolare con due strisce di cuoio riunite ad angolo con una borchia che scende sullo sterno. Gli indumenti sono costituiti da una tunica corta e attillata sino alle cosce e una seconda tunica sovrapposta alla prima e più corta, guarnita all’orlo da due frangette striate; una corta corazza con striature che giunge all’altezza del braccio, spallacci mobili e pieghevoli per facilitare la vestizione e i movimenti delle braccia. La protezione é completata con delle ginocchiere o gambali, i piedi sono nudi.
Con la mano sinistra regge lo scudo tondo con umbone centrale con punta aguzza che, dalla parte interna, mostra tre spadini con elsa a pomo bilobato con le punte sporgenti dall’orlo inferiore. In questo bronzetto non è visibile il guanto alla mano destra presente in altri esemplari, al polso destro però figura chiaramente un bracciale.
Sul dorso del bronzetto sono presenti due anelli orizzontali e paralleli: in questi anelli all’origine era infilata verticalmente un’arma, che possiamo supporre fosse una lunga asta con penna direzionale, presente in altri bronzetti ritrovati a Teti e a Sant’Anna Arresi.
Luogo di ritrovamento: Sulcis (CA), loc. sconosciuta
Residenza attuale: Museo Preistorico-Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma
Segni particolari: nella mano destra la spada é spezzata, ridotta soltanto all’elsa.
Curiositá: É tra i bronzetti di più antico rinvenimento in Sardegna in quanto giunse alle collezioni del Museo del Collegio di S. Ignazio ( oggi Kirkeriano) per dono del Cardinale Alessandro Albani poco prima del 1763, data in cui Winckelmann lo citò nella prima edizione del suo libro “Storia dell’Arte”
fotografia dal web
disegno di un guerriero di G. Exana (nel nostro bronzetto manca il pugnale ad elsa gammata indossato solitamente sul petto)
Informazioni tratte da G. Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

Comune:
Prov:
Autore:
Arciere

140) ARCIERE CON ARCO A SPALLA (E SPADA)
Nome: arciere con arco a spalla e spada
Dimensioni: altezza residua 18,8 cm
Aspetto e vestiario: L’arciere è raffigurato in piedi, con la mano sinistra impugna l’arco pesante tenendolo appoggiato sulla spalla, con la mano destra impugnava molto probabilmente una spada.
L’arciere porta sul capo un elmetto a due corte creste e corna brevi rivolte in avanti, indossa una doppia tunica coperta nella parte superiore da un corsaletto. Dalle spalle – dice Lilliu – pendono due bande frangiate e sul dorso sono visibili gli anelli orizzontali nei quali probabilmente si infilava la lunga asta direzionale.
La corazza è decorata nella zona superiore con striature orizzontali parallele, nelle due zone sottostanti con incisioni verticali affiancate.
Gli altri elementi di protezione che completano il corredo da combattimento del guerriero sono:
– goliera
– gambiere (già viste in molti bronzetti) divise in due pezzi sul davanti
– un elemento insolito: sotto la goliera si nota un risalto a lingua non diverso da quella borchia cuoriforme del guerriero di Sant’Anna Arresi in cui lo Spano riconosceva una “culla” talismanica…. o forse – dice Lilliu- trattasi di un semplice fermaglio degli spallacci alla corazza
Nel volto notiamo il noto stilismo a T di sopracciglia e naso, gli occhi sono a globetto scontornato, la mascella ha un taglio squadrato e le orecchie a disco (orecchie “enormi, mostruose” dice Lilliu).
Luogo di ritrovamento: Suelli (CA), località sconosciuta
Residenza attuale: Museo Archeologico di Cagliari
Segni particolari: rotta la corda dell’arco, parte delle gambe e la spada sopra l’elsa; piedi mancanti.
Curiosità:
1) non si notano in questo bronzetto due elementi fondamentali che spesso troviamo negli arcieri: placca rettangolare di protezione portata sul petto e il pugnaletto ad elsa gammata
2) Lilliu definisce questa statuina di “rozzissima modellazione”, la si potrebbe ritenere un abbozzo o una prima prova di una figurina da perfezionare (per diventare poi come il guerriero di Sant’Anna Arresi).
3) In questo bronzetto sono visibili gli anelli dove probabilmente era inserita la la cosiddetta “asta direzionale” già vista nel bronzetto schedato sulla nostra pagina col numero 129).
Il significato di questo oggetto non è ancora chiaro, questa la possibile ipotesi riportata da Lilliu:
“Una grande penna triangolare, tutta striata, di lamina metallica o di sottile cuoio o anche di piume stesse che serviva a imprimere e mantenere la giusta direzione dell’arma nel tragitto, prima di colpire l’oggetto”.
Per Lilliu quindi l’asta era un’arma è la penna serviva per dirigere il lancio.
Altre ipotesi che appaiono comunque convincenti sono le seguenti: asta che serviva ad indicare la posizione esatta dell’arciere al resto dell’esercito oppure serviva per inviare segnalazioni agli altri schieramenti.
4) Quando Lilliu schedò e fotografò il bronzetto, esso appariva differente rispetto ad oggi ……. cosa notate di diverso? ?
Fotografie del bronzetto di F. Cannas dalla pagina Fb Archeologia della Sardegna
Descrizione e immagini tratte da G.Lilliu, “Sculture della Sardegna nuragica”, 1966, ed. ILISSO

Comune:
Prov:
Autore:
Villaggio nuragico Coi Casu

L’area archeologica di Coi Casu risale nel suo primo impianto all’Età del Bronzo quando in tutta la Sardegna nacque e si sviluppò la splendida Civiltà Nuragica (circa 1600-600 a.C.). L’insediamento era composto da un nuraghe complesso (A) con attorno il villaggio del quale affiorano evidenti ruderi preservati da una rigogliosa macchia di lentisco e olivastro. Il nucleo più importante dell’antico abitato si sviluppava attorno ad una depressione circolare del terreno (D) che nei mesi invernali e primaverili fungeva da piccolo bacino di raccolta dell’acqua piovana. Tra le diverse strutture messe in luce dallo scavo archeologico emerge per importanza un vano (B) destinato alla conservazione di derrate alimentari in grossi recipienti (doli). La ricerca, ancora nelle sue fasi preliminari, deve rispondere a due quesiti fondamentali: che tipo di attività economiche praticava la comunità nuragica di Coi Casu e quali motivazioni spinsero ad un repentino abbandono del sito alle soglie dell’età del Ferro (XI-X secolo a.C.). Dopo un apparente vuoto di alcuni secoli l’insediamento riprese a vivere a partire dall’età tardo-punica (III-II secolo a.C.) sino a quella bizantina (VIVII secolo d.C.) con parziali ristrutturazioni e modifi che di alcuni ambienti.

Villaggio nuragico Coi Casu

L’area archeologica di Coi Casu risale nel suo primo impianto all’Età del Bronzo quando in tutta la Sardegna nacque e si sviluppò la splendida Civiltà Nuragica (circa 1600-600 a.C.). L’insediamento era composto da un nuraghe complesso (A) con attorno il villaggio del quale affiorano evidenti ruderi preservati da una rigogliosa macchia di lentisco e olivastro. Il nucleo più importante dell’antico abitato si sviluppava attorno ad una depressione circolare del terreno (D) che nei mesi invernali e primaverili fungeva da piccolo bacino di raccolta dell’acqua piovana. Tra le diverse strutture messe in luce dallo scavo archeologico emerge per importanza un vano (B) destinato alla conservazione di derrate alimentari in grossi recipienti (doli). La ricerca, ancora nelle sue fasi preliminari, deve rispondere a due quesiti fondamentali: che tipo di attività economiche praticava la comunità nuragica di Coi Casu e quali motivazioni spinsero ad un repentino abbandono del sito alle soglie dell’età del Ferro (XI-X secolo a.C.). Dopo un apparente vuoto di alcuni secoli l’insediamento riprese a vivere a partire dall’età tardo-punica (III-II secolo a.C.) sino a quella bizantina (VIVII secolo d.C.) con parziali ristrutturazioni e modifi che di alcuni ambienti.

Villaggio nuragico Coi Casu

L’area archeologica di Coi Casu risale nel suo primo impianto all’Età del Bronzo quando in tutta la Sardegna nacque e si sviluppò la splendida Civiltà Nuragica (circa 1600-600 a.C.). L’insediamento era composto da un nuraghe complesso (A) con attorno il villaggio del quale affiorano evidenti ruderi preservati da una rigogliosa macchia di lentisco e olivastro. Il nucleo più importante dell’antico abitato si sviluppava attorno ad una depressione circolare del terreno (D) che nei mesi invernali e primaverili fungeva da piccolo bacino di raccolta dell’acqua piovana. Tra le diverse strutture messe in luce dallo scavo archeologico emerge per importanza un vano (B) destinato alla conservazione di derrate alimentari in grossi recipienti (doli). La ricerca, ancora nelle sue fasi preliminari, deve rispondere a due quesiti fondamentali: che tipo di attività economiche praticava la comunità nuragica di Coi Casu e quali motivazioni spinsero ad un repentino abbandono del sito alle soglie dell’età del Ferro (XI-X secolo a.C.). Dopo un apparente vuoto di alcuni secoli l’insediamento riprese a vivere a partire dall’età tardo-punica (III-II secolo a.C.) sino a quella bizantina (VIVII secolo d.C.) con parziali ristrutturazioni e modifi che di alcuni ambienti.

Villaggio nuragico Coi Casu

L’area archeologica di Coi Casu risale nel suo primo impianto all’Età del Bronzo quando in tutta la Sardegna nacque e si sviluppò la splendida Civiltà Nuragica (circa 1600-600 a.C.). L’insediamento era composto da un nuraghe complesso (A) con attorno il villaggio del quale affiorano evidenti ruderi preservati da una rigogliosa macchia di lentisco e olivastro. Il nucleo più importante dell’antico abitato si sviluppava attorno ad una depressione circolare del terreno (D) che nei mesi invernali e primaverili fungeva da piccolo bacino di raccolta dell’acqua piovana. Tra le diverse strutture messe in luce dallo scavo archeologico emerge per importanza un vano (B) destinato alla conservazione di derrate alimentari in grossi recipienti (doli). La ricerca, ancora nelle sue fasi preliminari, deve rispondere a due quesiti fondamentali: che tipo di attività economiche praticava la comunità nuragica di Coi Casu e quali motivazioni spinsero ad un repentino abbandono del sito alle soglie dell’età del Ferro (XI-X secolo a.C.). Dopo un apparente vuoto di alcuni secoli l’insediamento riprese a vivere a partire dall’età tardo-punica (III-II secolo a.C.) sino a quella bizantina (VIVII secolo d.C.) con parziali ristrutturazioni e modifi che di alcuni ambienti.

Villaggio nuragico Coi Casu

L’area archeologica di Coi Casu risale nel suo primo impianto all’Età del Bronzo quando in tutta la Sardegna nacque e si sviluppò la splendida Civiltà Nuragica (circa 1600-600 a.C.). L’insediamento era composto da un nuraghe complesso (A) con attorno il villaggio del quale affiorano evidenti ruderi preservati da una rigogliosa macchia di lentisco e olivastro. Il nucleo più importante dell’antico abitato si sviluppava attorno ad una depressione circolare del terreno (D) che nei mesi invernali e primaverili fungeva da piccolo bacino di raccolta dell’acqua piovana. Tra le diverse strutture messe in luce dallo scavo archeologico emerge per importanza un vano (B) destinato alla conservazione di derrate alimentari in grossi recipienti (doli). La ricerca, ancora nelle sue fasi preliminari, deve rispondere a due quesiti fondamentali: che tipo di attività economiche praticava la comunità nuragica di Coi Casu e quali motivazioni spinsero ad un repentino abbandono del sito alle soglie dell’età del Ferro (XI-X secolo a.C.). Dopo un apparente vuoto di alcuni secoli l’insediamento riprese a vivere a partire dall’età tardo-punica (III-II secolo a.C.) sino a quella bizantina (VIVII secolo d.C.) con parziali ristrutturazioni e modifi che di alcuni ambienti.

Villaggio nuragico Coi Casu

L’area archeologica di Coi Casu risale nel suo primo impianto all’Età del Bronzo quando in tutta la Sardegna nacque e si sviluppò la splendida Civiltà Nuragica (circa 1600-600 a.C.). L’insediamento era composto da un nuraghe complesso (A) con attorno il villaggio del quale affiorano evidenti ruderi preservati da una rigogliosa macchia di lentisco e olivastro. Il nucleo più importante dell’antico abitato si sviluppava attorno ad una depressione circolare del terreno (D) che nei mesi invernali e primaverili fungeva da piccolo bacino di raccolta dell’acqua piovana. Tra le diverse strutture messe in luce dallo scavo archeologico emerge per importanza un vano (B) destinato alla conservazione di derrate alimentari in grossi recipienti (doli). La ricerca, ancora nelle sue fasi preliminari, deve rispondere a due quesiti fondamentali: che tipo di attività economiche praticava la comunità nuragica di Coi Casu e quali motivazioni spinsero ad un repentino abbandono del sito alle soglie dell’età del Ferro (XI-X secolo a.C.). Dopo un apparente vuoto di alcuni secoli l’insediamento riprese a vivere a partire dall’età tardo-punica (III-II secolo a.C.) sino a quella bizantina (VIVII secolo d.C.) con parziali ristrutturazioni e modifi che di alcuni ambienti.